Obama 2009: bilancio critico ed un sogno interrotto?

In questi giorni i due principali giornali americani, New York Times e Washington Post, hanno composto un mesto bilancio dell’ultimo decennio USA: decennio delle cadute morali, incominciato con l’elezione di George W. Bush a presidente su sentenza della Corte suprema, sebbene avesse perso il voto popolare, e con la bancarotta fraudolenta della Enron, e terminato […]

In questi giorni i due principali giornali americani, New York Times e Washington Post, hanno composto un mesto bilancio dell’ultimo decennio USA: decennio delle cadute morali, incominciato con l’elezione di George W. Bush a presidente su sentenza della Corte suprema, sebbene avesse perso il voto popolare, e con la bancarotta fraudolenta della Enron, e terminato con gli scandali di Tiger Woods, il golfista fedifrago, e di Bernard Madoff, l’autore della massima truffa di Wall Street. Un’analisi severa, che contrasta con il trionfalismo dei primi anni di Bush e tradisce l’amarezza per i modesti cambiamenti sinora realizzati da Obama. E sia i liberal che i conservatori, ormai dubitano che il XXI secolo sarà “il secolo americano” come lo è stato il precedente ed anzi esprimono un nuovo modo di manifestazione dell’American dreamn, molto più cauto, grigio, preoccupato che nel passato. Questo sogno a metà e dubbioso è certamente alimentato dalla crisi finanziaria ed economica del 2008 e 2009, la più grave dagli anni Trenta e dal disagio provato per le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale commesse nella guerra al terrorismo.
A tale proposito, il New York Times ha denunciato l’apertura del campo di internamento a Guantanamo, le torture dei detenuti di Abu Ghraib, gli abusi della Cia, i bombardamenti dei civili in Afghanistan, e così via. Nel “decennio della disonestà e degli scandali”, ha scritto aspramente il giornale, il popolo americano ha chiuso spesso gli occhi all’abbandono dei propri principi e si è spesso lasciato ingannare da persone e società che ha mitizzato: prima Bush e la Enron, appunto, poi Madoff, una ex star della Borsa destinato a morire in carcere, e Woods, che non è il marito e padre modello per i giovani come si pensava.
Nel mezzo, una serie di fatali errori politici ed economici: la rinuncia a finire Al Qaeda e i talebani in Afghanistan; i crack delle dotcom, le imprese di punta del settore high tech; gli enormi sgravi fiscali a favore dei ricchi. E per ultimo, il diluvio dei mutui subprime, o ossia ad alto rischio, l’ingordigia dei banchieri e dei finanzieri, il loro salvataggio ma una certa negligenza verso i poveri e i disoccupati, temperata soltanto dalla riforma della sanità. L’inquietudine dell’America si è acuita con il mancato attentato al volo 253 della Delta da Amsterdam a Detroit, che ha rivelato serie falle nella sua sicurezza e nella sua intelligence.
Ma è certo che l’America terrà a mente le lezioni del decennio: nel corso dei secoli, ha dimostrato di avere la capacità di rinnovarsi. L’attende tuttavia un secondo decennio impegnativo: non le sarà facile risolvere i problemi ereditati dal primo. Molto dipenderà dalla leadership di Obama. Ma la popolarità del presidente è in calo nei sondaggi, al punto da danneggiare anche l’immagine della first lady Michelle. Anche se pochi giorni fa, prima delle vacanze natalizie alle Hawai, Obamo aveva dichiarato che il suo  è “un bilancio positivo”, l’economia è salva e, malgrado crisi e Congresso, l’agenda cammina, la più parte degli americani resta sciatica e freddina.
In una intervista del 22 dicembre al Washington Post, Obama aveva detto “la cosa più importante ottenuta finora, è un sistema sanitario per turtti gli americani, tralasciando i molti compromessi contenuti nel testo approvato dal Senato ed il fatto che i due testi (quello della camera e quello del Senato), sono da uniformare e presentano molti buchi e varie discrasie. “Incompletezza”: per Stephan Hess, storico della Brookings, é la parola che viene in mente pensando al programma di Obama: “Forse è riflesso della sua enorme agenda di partenza, forse il frutto di un’arroganza su quello che pensava di poter fare. In gennaio era convinto di avere veramente il vento in poppa”, ha detto l’esperto di Casa Bianca. Una morte eccellente, ha fatto da segnalibro all’anno che sta per concludersi. Ann Nixon Cooper, la ultra-centenaria di Atlanta a cui Obama aveva dedicato il discorso della vittoria al Grant Park di Chicago, lunedì 21 dicembre ha chiuso gli occhi per sempre mentre il miraggio della mutua per tutti veniva annacquato sull’altare della realpolitik. Un simbolo? In quella notte del 4 novembre 2008 pareva che il vento del cambiamento dovesse portare una rivoluzione nel modo di fare politica a vantaggio dell’uomo della strada: e invece nel 2009 Main Street ha continuato a stringere la cinghia mentre Wall Street ha macinato profitti e bonus record e K Street (la via delle lobby) ha fatto affari d’oro con quasi 3,3 miliardi di dollari investiti per influenzare Capitol Hill.
Certamente un bilancio critico ed un sogno incrinato, ma non del tutto scomparso. Il bicchiere per Obama non è necessariamente mezzo vuoto: oltre agli storici passi avanti sulla sanità, la guerra in Iraq si avvia a conclusione con un dimezzamento degli effettivi che aiuteranno a colmare il gap dei rinforzi in Afghanistan e, tra gli altri successi, il piano di stimolo da 787 miliardi approvato in febbraio e altre iniziative come norme per la parità di salario, regole più severi per l’industria del tabacco, la riforma delle commesse militari, la conferma di Sonia Sotomayor, il primo giudice ispanico alla Corte Suprema.

Carlo Di Stanislao

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