Dopo Rosarno

A Novembre, al 10° Summit dei Premi Nobel per la Pace, organizzato nel Municipio Rosso di Berlino, è stato presentato il progetto de “Il volo”, documentario in 3D di Win Winders, girato a settembre in Calabria  e che racconta le esperienze di accoglienza verso i rifugiati politici e i richiedenti asilo nella Locride,  a partire […]

A Novembre, al 10° Summit dei Premi Nobel per la Pace, organizzato nel Municipio Rosso di Berlino, è stato presentato il progetto de “Il volo”, documentario in 3D di Win Winders, girato a settembre in Calabria  e che racconta le esperienze di accoglienza verso i rifugiati politici e i richiedenti asilo nella Locride,  a partire da Badolato, risalenti a una decina di anni fa e proseguite dopo tra Riace, Caulonia e Stignano; encomiabile esempio di integrazione e di accoglienza, in tempi tanto difficili e bui. Parlando del documentario in occasione delle celebrazioni per il ventennale della caduta del muro, Winders ebbe modo di dichiarare: “La vera utopia non e’ la caduta del muro, ma quello che e’ stato  realizzato in alcuni paesi della Calabria,  Riace in testa, dove, per la prima volta, ho davvero visto un mondo migliore.” Chissà come ha commentato Winders i recenti fatti di Rosarno, dall’altra parte della stessa Calabria, sul versante non ionico di quella regione, dove in tre giorni si è manifestata tutta l’intolleranza brutale di in Paese completamente imbarbarito.  Un’indagine  Demoskopea, pubblicata oggi 11 gennaio, ci dice che, dopo la vera e propria guerra a Rosario e dintorni, dopo l’insurrezione degli extracomunitari prima e dei residenti poi, con auto bruciate, ferimenti, zuffe e tafferugli, il 61,5% dei cittadini calabresi percepisce un dilagare incontrollato degli immigrati nelle aree urbane,  e quasi il 23 si sente realmente minacciato principalmente da lavavetri e venditori ambulanti. I tre giorni di guerra in Calabria fanno tornare in mente le immagini di Castelvolturno, con centinaia di immigrati di colore a brandire spranghe, bottiglie, pali stradali trasformati in alabarde; con la rabbia dipinta in volto, la voglia di spaccare tutto, di vendicarsi per ottenere rispetto, A Rosarno tutto è esploso il 7 gennaio, con alcune centinaia di extracomunitari africani che, armati di spranghe e bastoni, hanno invaso le strade, mettendo a ferro e fuoco alcune delle vie principali della cittadina. Gli episodi di violenza non hanno risparmiato nulla: tutto ciò che si trovasse alla portata dei manifestanti, dalle auto, in qualche caso anche con delle persone a bordo, alle abitazioni, a vasi e cassonetti dell’immondizia che sono stati svuotati e incendiati sull’asfalto. E a nulla è valso l’intervento di polizia e carabinieri schierati in assetto antisommossa davanti ai più agguerriti. Dopo tre giorni, e con il trasferimento volontario di 2.000 extracomunitari di altre sedi (da Crotone a Napoli), tutto sembra tornato normale e, fra qualche giorno di Rosarno e degli extrtacomunitari sottopagati e costretti a vivere come topi, non si parlerà più. Moltissimi di questi giovani africani erano venuti in Italia attratti non soltanto dalla sua prosperità, ma anche dalla leggenda “italiani brava gente”. Si riteneva che noi fossimo più umani, più gentili, più generosi degli anglosassoni, dei francesi, dei tedeschi. Per decenni ha aleggiato la favola di una Nazione rispettosa dei diritti civili. Ebbene, sulla loro pelle martoriata, sulla loro stessa carne malata per denutrizione, mancanza di igiene, sfruttamento, hanno potuto vedere l’Italia attraverso il mafioso che tasta i loro muscoli per constatarne la robustezza e dell’imprenditore agricolo che li vessa a meno di 1 euro all’ora e che sta attento che non drizzino mai la schiena dalla terra dove raccolgono pomodori o olive. I politici, che parlano solo in funzione delle prossime elezioni regionali, intervengono per dichiarare il loro orrore di fronte alla inaccettabile vita dei rivoltosi; epperò il Presidente della Regione Calabria, che ha avuto parole di umanità e promosso il documentario di Winders,  avrebbe potuto fare moltissimo per assicurare minime condizioni civili, concordando con le associazioni imprenditoriali programmi di accoglienza ed anche di aiuto, assicurando assistenza sanitaria, destinando gruppi di assistenti sociali. Invece non è stato fatto niente. La Regione avrebbe potuto garantire la vigilanza per il rispetto delle sette ore giornaliere previste dai ccnl o organizzare una mensa e non meglio si è comportato lo Stato che avrebbe potuto intervenire fissando il rispetto del Salario Minimo Garantito, dal momento che esiste da noi una legge in base alla quale non dovrebbe essere possibile pagare una giornata di lavoro  meno di 50 euro. Sin dalle prime ore, il ministro dell’Interno Maroni ha accusato le autorità locali di “tolleranza sbagliata” verso l’immigrazione clandestina; mentre solo poche ore fa il ministro della Cultura e coordinatore Pdl Sandro Bondi al Giornale, ha dichiarato: “Dietro i fatti di Rosarno c’è tutto il fallimento del centrosinistra al Sud”. Molti, poi, sospettano che nei fatti di Rosarno sia intervenuta la “n’drangheta” e Corrado Stillo, coordinatore dell’Osservatorio per la Tutela e lo Sviluppo dei Diritti dell’Associazione “Giuseppe Rossetti, i Valori”, ha affermato: “I recenti fatti di Rosarno, comune sciolto per infiltrazioni mafiose, hanno manifestato evidenti violazioni delle norme legislative in materia di immigrazione, sanità, rispetto dei diritti civili”. La mattina di domenica 10, nell’omelia dell’Angelus, Benedetto XVI ha difeso gli immigrati, affermando che essi sono innanzi tutto esseri umani, differenti per provenienza, cultura, e tradizioni, ma, sempre e in primo luogo, persone da rispettare e con diritti e doveri, in particolare nell’ambito del lavoro, dove è più facile la tentazione dello sfruttamento e nell’ambito delle condizioni concrete di vita. Da qui l’invito a “guardare il volto dell’altro e a scoprire che egli ha un’anima, una storia e una vita e che Dio lo ama come ama me”. Ma a Rosarno, in questi giorni, non la carità, bensì il razzismo ha mostrato il suo volto, fatto di violenza, sfruttamento, illegalità, criminalità organizzata, discriminazioni, violazione dei diritti umani e a cui non si è sufficientemente risposto con una vera cultura per la salvaguardia dei diritti umani, una cultura con tolleranza zero verso chi usa i corpi degli immigrati per fare affari e profitti. Quella di Rosarno, con italiani che sparano contro lavoratori stranieri, è una tragedia non solo per chi l’ha vissuta direttamente, ma per l’intero Paese. Sul problema degli immigrati e dell’integrazione, dovremmo tutti avere umiltà di dubitare, di osservare per imparare, di farci aiutare dai dati e dai numeri. Secondo il rapporto 2009 sull’immigrazione della Caritas/Migrantes,  gli immigrati regolari in Italia sono 4 milioni e mezzo e nello studio si sottolinea come il nostro Paese per la prima volta nel 2008, abbia superato la media europea (6,2%) per presenza di immigrati in rapporto ai residenti. I regolari, in particolare sono 4.330.000, il 7,2% dei residenti e la metà è iscritta ad un sidacato. È straniero un abitante su 14 e nel 2050, l’Italia sarà chiamata a convivere ben oltre 12 milioni di immigrati, la cui presenza “sarà necessaria per il funzionamento del Paese”. Il rapporto “Transatlantic Trends: Immigration” curato dal German Marshall Fund of the United States e dalla Compagnia di San Paolo di Torino e da poco pubblicato, ci dice, al contempo, che l’Italia è un Paese razzista e xenofobo, giacchè otto italiani su dieci, la percentuale più alta in occidente, guarda all’immigrazione con paura e sospetto. E questo nonostante il Censis ci dica che il 71,6% delle colf e delle badanti, in tutto circa un milione e mezzo, sono di origine immigrata e sono “divenute ormai indispensabili al nostro sistema di welfare”. Il 9 gennaio, dopo i fatti di Calabria, è nato il movimento “Primomarzo2010”,  che attraverso il web, ha lanciato l’idea di un giorno di sciopero generale di tutti gli immigrati che vivono e lavorano in Italia. Il colore di riferimento sarà il giallo, già impiegato nelle manifestazioni contro il razzismo e l’obbiettivo sensibilizzare l’intero Paese sull’importanza del ruolo e sull’apporto degli extracomunitari alla economia nazionale. Il giorno fissato il 1° Marzo e numerose le città che hanno già aderito con un proprio comitato: Genova, Milano, Verona, Bologna, Prato, Roma, Napoli, Palermo, Bergamo, Perugia. Così mentre  a Rosarno le autorità ordinano l’abbattimento degli alloggi dove erano ammassati i lavoratori stranieri, trasferiti con i pullman in centri di accoglienza tra Calabria e Puglia o messi sui treni per il centro-nord e la Sicilia e mentre Maroni ribadisce che gli irregolari saranno espulsi, assieme ai “sans papiepers” francesi, i nostri extracomunitari progettano un atto dimostrativo che rischia di paralizzare l’industria e non solo. Una decisione inevitabile,  dettata da una convivenza ormai impossibile e che speriamo veda la partecipazione di quegli italiani (e ve ne sono), stanchi del razzismo e che credono nell’integrazione e nella multietnicità come un valore. L’integrazione ed il rispetto, in questo modo, potrà essere la maniera con cui ricomporre una società migliore, con una vita migliore per i più fragili e i meno garantiti, cittadini e immigrati, primo passo per chiedere e volere, ad esempio, periferie cittadine migliori e non più, come ora, ghetti in cui esplodono rabbia ed esclusione, segno del fallimento di un modello sociale che diventa sempre più esclusivo e per pochi ed esclude sempre di più i tanti che si incaricano di essere asse portante e produttiva della società.  Gli atteggiamenti di razzismo e di esclusione che creano condizioni impossibili di vita e di lavoro, il pabulum per politiche reazionarie in cui il processo disgregante possa consolidarsi, generando i presupposti di povertà sempre nuove e maggiori e favorendo processi disgregativi (ad esempio con periferie sempre più destoricizzate e con tutti i nuovi poveri, cittadini e immigrati,  ammassati alla rinfusa), sono la causa prima che giustifica i costi economici della “repressione” (costo dei servizi di polizia e di sicurezza, costo del sistema penitenziario, costo dei beni pubblici e privati distrutti o resi comunque inutilizzabili anche a causa di azioni di microcriminalità), oltre al depotenziamento  della spesa per l’istruzione e per i servizi sociali (anche quelli inerenti ai fattori di multietnicità e gli aiuti ai paesi terzi), che, in tal modo, divengono problemi non risolvili altro che con l’intolleranza razzista e xenofoba che vede poveri e negletti, aizzati gli uni contro gli altri.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *