In Nigeria Dio contro Allah

Da tre giorni, in Nigeria, si combatte e si uccide, in una tragica faida fra cristiani e mussulmani, che ha già causato 200 morti e 600 feriti.  La causa principale delle violenze, tutte concentrate, per ora, nella città di Jos, al centro del Paese,  deriverebbe dalla costruzione di una moschea nel quartiere di Nassarawa Gwon, […]

Da tre giorni, in Nigeria, si combatte e si uccide, in una tragica faida fra cristiani e mussulmani, che ha già causato 200 morti e 600 feriti.  La causa principale delle violenze, tutte concentrate, per ora, nella città di Jos, al centro del Paese,  deriverebbe dalla costruzione di una moschea nel quartiere di Nassarawa Gwon, a maggioranza cristiana. Non è la prima volta che in Nigeria la violenza di natura religiosa esplode mietendo vittime. Nel novembre 2008, i morti accertati furono 358. Allora gli scontri scoppiarono in concomitanza con le prime elezioni locali degli ultimi dieci anni. Nel febbraio 2009 i morti furono cinque e i feriti quattro. Nel luglio dello scorso anno, il bilancio delle vittime fu piuttosto pesante: 600 morti in soli cinque giorni. L’ultimo scontro, in ordine di tempo, risale al dicembre scorso, con 70 morti accertati e centinaia di feriti. In Nigeria convivono ben 250 etnie ed il numero di cristiani e musulmani presenti sul territorio è pressoché equivalente, divisi per aree geografiche,  con i cristiani a sud e mussulmani nel nord del Paese. Ma, nonostante questo, la Nigeria continua ad essere focolaio di odio e violenze di natura sia religiosa, che politica. Nel tentativo di impedire il propagarsi di questi ultimi scontri,  le autorità locali hanno subito imposto la chiusura delle attività commerciali e il coprifuoco continuo, che tuttavia è molto difficile far rispettare. Gregory Yenlong, un rappresentante del governo dello Stato di Plateau (la Nigeria è infatti una Federazione di 36 Stati), ha ammesso che “la situazione è brutta e che fino a questo momento non sono arrivati i soldati promessi dal governo centrale”. Anche l’italiano Leonello Fani, capoprogetto di una Ong attiva a Jos, ha testimoniato via radio di una “situazione completamente fuori controllo”.
La frammentazione della Federazione Nigeriana (altrimenti detta “balcanizzazione”), altro non è che il tentativo di fornire maggior rappresentanza politica e potere economico ad ogni singola etnia. La balcanizzazione ha portato dalle 3 macroregioni post indipendenza (che rappresentavano i suddetti Big Three) ad un totale di 36 stati odierni. Attualmente, nel Delta del Niger, vi sono delle pressioni affinché siano creati 3 nuovi stati in rappresentanza di Ilaje, Urhobo e Ijaw, quali unica soluzione ai conflitti etnici che infiammano la regione. Ricca di petrolio la Nigeria ha una economia totalmente dipendente da esso, che fornisce il 30% del Pil, l’85% delle esportazioni (in valore) e approssimativamente il 65% delle entrate statali.
Del tutto abbandonato il settore agricolo che rimane caratterizzato prevalentemente da una agricoltura di sussistenza,  che non ha potuto far fronte alle necessità di una popolazione in rapida crescita, con la conseguenza che la Nigeria, che precedentemente era un grande esportatore netto di prodotti alimentari, ne è diventata ora un importatore. Nonostante la sanguinosa sommossa, non si è interrotta (sic) la partecipazione della nazionale nigeriana alla Coppa d’Africa, dove, il 16 scorso, ha battuto 1 a 0 il Benin. La squadra, dette delle Super Aquile, è composta da giocatori sia cristiani, che mussulmamni che di fede animista che, per ora, non hanno mostrato intolleranze o difficoltà di rapporti.

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