GEOLOGIA DELL’APPENNINO

 La geologia dell’Italia si inserisce nel quadro geodinamico della geologia del Mediterraneo. La catena appenninica è costituita dalla sovrapposizione di un certo numero di unita tettoniche ognuna delle quali ha caratteristiche stratigrafiche diverse. I principali problemi della geologia italiana sono proprio quelli che riguardano i rapporti stratigrafici originari di queste unità tettoniche. La definizione dell’attuale […]

 La geologia dell’Italia si inserisce nel quadro geodinamico della geologia del Mediterraneo. La catena appenninica è costituita dalla sovrapposizione di un certo numero di unita tettoniche ognuna delle quali ha caratteristiche stratigrafiche diverse. I principali problemi della geologia italiana sono proprio quelli che riguardano i rapporti stratigrafici originari di queste unità tettoniche. La definizione dell’attuale posizione geometrica e la ricostruzione dei meccanismi della tettonizzazione rappresentano i principali obbiettivi della Geologia dell’Appennino. La paleogeografia italiana si basava principalmente sulle poche successioni autoctone. I modelli strutturali che verranno proposti non permettono più di mantenere questo postulato. Le nuove teorie hanno già dato luogo, per ciò che concerne l’area mediterranea, a diverse interessanti applicazioni, anche se devono essere rivisti e modificati man mano che le discussioni si amplieranno con nuova documentazione. Si ritiene che l’area subalpina sia stratigraficamente e strutturalmente legata, da un lato al sistema appenninico e dall’altra al sistema dinarico. Il nostro punto di partenza, per decifrare la “storia” geologica dell’Italia, vista anche in un contesto di ricostruzione paleogeografica, è di ritenere come certo che “l’edificio” alpino appartiene alla geologia del continente europeo mentre quello appenninico al supercontinente africano. Una più ampia visione sarà data sulla evoluzione dei bacini sedimentari appenninici legata all’orogenesi appennina; verranno inoltre fornite informazioni riguardanti i bacini sedimentari post- o tardogenetici, il tutto documentato da approcci diretti condotti in anni di ricerche. Saranno trattate tematiche riguardanti i depositi clastici, torbiditici intercalati in formazioni a sedimentazione emipelagica. Essendo la geologia dell’Appennino alquanto complessa e di difficile interpretazione si dà per scontata una minima preparazione di base da parte del lettore.

CENTRO STUDI SCIENZE NATURALI E SPELEOLOGICHE – Roma

Geologia dell’Appennino

Allo scopo di interpretare la “storia” geologica dell’Appennino cerchiamo di proiettare i vari settori in un diverso assetto da quello attuale, cercando di ricostruire la situazione precedente all’orogenesi della catena appenninica e di “costruire” una zonazione dei bacini sedimentari nella loro globalità. La geologia dell’Italia appare complicata dal suo stesso coinvolgimento con mondi diversi: Africa, Europa, Atlantico, Egeo, ecc., oltre che a tutte le dinamiche relative che si sono succedute net tempo. La penisola italiana è stata al centro o teatro di aperture, chiusura, collisioni, rotazione ed oceanizzazione; è una terra che mostra catene montuose a vergenza europea e altre a vergenza africana, con aree di avampaese sia europeo sia africano; il tutto deformato in una serie di incastri multipli, a incerti sovrascorrimenti che lasciano largo spazio ad una continua revisione delle molteplici interpretazioni fino ad ora formulate dagli studiosi. In queste condizioni le divergenze tra i vari ricercatori e le varie scuole di pensiero sono purtroppo inevitabili e trovano ovvie giustificazioni nelle particolari condizioni già accennate. Nonostante ciò, dopo più di mezzo secolo di accesi scontri e dibattiti le teorie sulla Geologia del dominio Mediterraneo e dell’Italia in particolare tendono a orientarsi verso una omogenea uniformazione. . Già D’Agand intuì una sospetta collisione tra il supercontinente africano e il continente eurasiatico a discapito del vasto oceano della Tetide che un tempo, circa 200 Ml di anni fa, separava le due masse continentali. In pratica, applicando la tettonica a placche al sistema Alpi-Appennino se ne deduce che l’Africa e l’Europa hanno conosciuto una fase di separazione protrattasi approssimativamente dal Trias Superiore, circa 200 Ml di anni fa, al Cretaceo Inferiore, circa 136 Ml di anni fa, come del resto testimonia la successione ofiolitica di mare profondo con frammenti di crosta oceanica che altro non è che la testimonianza dell’espansione dell’oceano della Tetide fra i due blocchi continentali sopra menzionati. . In seguito i due continenti si sono avvicinati abbastanza violentemente (si calcola una velocità di circa 10 cm l’anno) a iniziare dal Cretaceo Sup.(circa 45 Ml di anni fa) e da questa collisione si sono formate le Alpi, il sistema Appennino-Dinarico e quindi la penisola italiana nonostante le molteplici complicazioni che vedremo più avanti.

Problemi e metodi di studio

1- Anche se sembra un po’ conforme ai modelli preposti, la teoria della tettonica a placche appare inapplicabile e si ha l’impressione che tante delle problematiche inerenti all’interpretazione evolutiva dell’Appennino siano ancora lungi dall’essere risolti; fra questi:

2- La storia del mare Tirreno che è considerato un’area di recente sprofondamento con meccanismi di processo di oceanizzazione ancora non del tutto chiari.

3- Il significato dei frammenti di Alpi incastrati nel distretto appenninico dell’arco Calabro-Peloritano.

4- La deriva del massiccio Corso- Sardo (che sarebbe un frammento di crosta europea e va considerato come un’area stabile dal Neogene – circa 7 Ml di anni fa – in poi) in senso antiorario, estesa successivamente al resto delta penisola italica.

5- Il limite geologico Alpi-Appennino.

6- Il problema della situazione della Toscana.

7- Il significato genetico delle “Unità Liguri”.

8- La crisi di salinità del bacino Mediterraneo.

9- Il contatto Appennino-Dinaridi sommerso dal bacino Adriatico poco profondo.

Dati nuovi: I movimenti reciproci Africa-Europa sembrano principalmente condizionati da un processo di apertura dell’Atlantico e rendono dunque comprensibili movimenti in direzione E-O e non soltanto in direzione N-S. . I dati delle ricerche oceanografiche eseguite nel mare Tirreno su sedimenti Plio-Pleistocenici e sulle unità alpine della Calabria, impongono la questione della probabile presenza di un prolungamento delta catena alpina nel mare Tirreno ad est del massiccio Corso-Sardo sommersa sotto la catena appenninica e riemersa in Calabria. Altra ipotesi è quella della presenza di una doppia catena alpina tirreniana, dove i due “bracci” si salderebbero all’altezza dell’isola d’EIba e della Corsica.  Il modello della Tettonica a Placche non fornisce una spiegazione plausibile inerente ai processi di subduzione e la dispersione di enormi quantità di crosta che è stata sottoposta al processo cinematico, nel corso dell’eliminazione di aree oceaniche interposte entro gli antichi margini continentali. Più plausibili sono i “giochi” geodinamici di subduzione di crosta continentale per spiegare gli avvenimenti tettonici posteriori alla chiusura dell’oceano della Tetide. . Ancor più complicato il meccanismo delle microplacche con “comportamento” semidipendente in una logica dove i movimenti sono fortemente canalizzati e di direzione variabile.

Altri problemi riguardanti: il subalpino che comprende le Dolomiti, le Prealpi lombardo-venete poste a S. della linea insubrica (cicatrice chiara ed evidente ma di interpretazione cosi oscura) a vergenza meridionale; l’Appennino che mostra una vergenza generalizzata E. o N.E. verso un avampaese africano; le unità liguri interne mostrano una vergenza europea contraria a quella appenninica.

In sintesi: Per poter decifrare la geologia italiana è necessario realizzare della carte palinspastiche che permettano di collocare correttamente le unità strutturali comprese tra Africa ed Europa stabile.

Considerazioni cinematiche dell’area mediterranea

L’evoluzione del Mediterraneo sarebbe il risultato di dinamiche prevalentemente tangenziali nel settore occidentale, convergenti nel settore orientale e complessi nel settore centrale. Si ipotizza, dall’analisi di movimenti assoluti e i loro componenti vettoriali:

1 — L’apertura dell’Oceano della Tetide occidentale non sarebbe causata dall’apertura dell’Atlantico ma da movimenti rotazionali con differente polo di rotazione della placca africana ed europea;

2 — La formazione di crosta oceanica nel settore occidentale dell’area tetidea e nell’area ionica sarebbe legata non tanto all’instaurarsi di una “cella” convettiva S.S., ma ad assottigliamento, ”rifting e stretching” con risalita della astenosfera che avrebbe provocato “passivamente” la formazione di crosta oceanica;

3 — La convergenza tra placca europea ed africana, tra 80 a 35 Ml di anni fa, sarebbe legata alla differenza di velocità: la placca africana avrebbe avuto una velocità assoluta maggiore rispetto alla velocità della placca europea;

4 — Vi è analogia tra le polarità delle deformazioni neogeniche ed il verso dei movimenti assoluti: infatti le deformazioni migrano dal Bacino provenzale al Tirreno, al fronte appenninico con età via via più recente;

5 — Nell’Appennino settentrionale la migrazione sarebbe avvenuta nel Miocene Sup.(dai 26 ai 7 Ml di anni fa) al Pliocene Sup. (circa 7 Ml di anni fa) nel settore occidentale e dal Miocene Sup.(circa 7 Ml di anni fa) al Pliocene-Quatemario (dai 3 ai 1,8 Ml di anni fa) in quello orientale. Inoltre la polarità delle deformazioni è da N. a S. nel settore alpino e da S. verso N. nel settore appenninico. Nella zona di contatto tra strutture subalpine e appenniniche (area della Val Padana centrale) il fronte di deformazione nel Miocene medio sup. migra da N. verso S. modificando la simmetria del bacino.

Unità stratigrafico-strutturale dell’Appennino

1- Appennino settentrionale . . . Nel senso strettamente geografico l’A.S. è la catena montuosa che divide il versante padano da quello toscano; in senso geologico è certamente molto più vasto, comprendendo la Toscana, l’Umbria, le Marche ed il Lazio settentrionale. . Si devono considerare parte dell’A.S. anche le pieghe pedeappenniniche sepolte sotto i depositi alluvionali della Pianura Padana meridionale e una fascia di mare Adriatico presumibilmente larga circa 20 – 30 Km al largo della costa marchigiana, nonché una porzione non ben determinata del Tirreno settentrionale oltre a quello che comprende l’isola d’Elba. . Si deve considerare come facente parte dell’apparato settentrionale anche il dominio subalpino di vergenza N. S. e di età Neogenica.

2 – Appennino centrale

In senso geologico comprende solo una parte dell’area laziale e dell’Abruzzo. Il limite con l’ A.S. molto netto ad occidente è invece puramente convenzionale a S. E. (Valle del Garigliano). Ad occidente coincide con un passaggio di facies e ad una linea corrispondente al sovrascorrimento del Gran Sasso e a E. lungo il margine dei rilievi della Maiella e della Marsica.

Le formazioni affioranti dell’A.C. possono essere riferite nella maggior parte delle regioni ad una sola successione: quella laziale – abruzzese.

3 – Appennino meridionale:

Inteso come il tratto della catena appenninica che attraversa la Campania, la Lucania e la Calabria, dalla valle del Garigliano allo stretto di Messina, potrebbe essere suddiviso in più province geologiche. Può essere considerato come una grande unità stratigrafico strutturale di enorme complessità. Nelle strutture affiorano diverse successioni stratigrafiche: quella calcareo silicea che affiora in Lucania è molto simile a quella siciliana; quella carbonatica che costituisce “l’ossatura” morfologica del crinale appenninico dalla Campania alla Calabria settentrionale, è in sostanza identica alla successione laziale-abruzzese e piuttosto analoga alla successione del monti di Palermo; le successioni del Cilento e delle “Argille varicolori” caratterizzate dal flysch di età Mesozoica-Paleogenica (da circa 190-95 a 65 Ml di anni fa ) e dai loro complessi basali, sono simili alle successioni liguri – emiliane dell’A.S. e alla successione delle “Argille variegate” della Sicilia. Le successioni calabresi, caratterizzate da terreni cristallini con limitati residui di copertura sedimentaria Mesozoico-Paleogenica, identiche alle successioni del Monti Peloritani. . . La situazione della successione post-orogenica Neogenica è sostanzialmente simile a quella sviluppata net resto d’ltalia; l’A.M. è dunque la regione d’Italia dove è più completamente rappresentata la complessità stratigrafico-strutturale dell’Appennino. . Esternamente “all’edificio montuoso” si estende l’avampaese apulo-garganico quasi indisturbato dalla tettogenesi.

La Puglia: La regione pugliese costituita dagli affioramenti mesozoici del Gargano, delle Murge, del Salento e dalla adiacente fascia di affioramenti dei depositi Plio-Pleistocenici che segna il margine esterno della avanfossa pedeappenninica, rappresenta una unità geografico geologica ben definita. L’Appennino dal punto di vista geografico è un sistema catene, massicci, altipiani, esteso per circa 1500 Km tra il passo di Cadibona, confine convenzionale con le Alpi e l’estremità occidentale della Sicilia, questa dorsale costituisce la “spina dorsale” della penisola italiana. Larga circa 35—50 Km in corrispondenza dell’arco ligure si allarga di 70 – 80 Km nella sezione settentrionale fino a raggiungere una ampiezza di 100— 140 Km in quella centrale e meridionale, per poi restringersi di nuovo nell’arco calabro. Le quote maggiori non raggiungono mai i 3000 m s.l.m. e si incontrano soltanto net settore centrale.

Dal punto di vista geologico: La formazione dell’Appennino può essere fatta risalire all’età Terziaria (circa 37 —40 Ml di anni fa) quando in corrispondenza di spinte tangenziali dovute all’avvicinamento delle zolle africana, spagnola, dinarica e nordica il dinamismo endogeno, già manifestatosi durante il Mesozoico, riprese attivamente la sua azione orogenetica (corrugamenti, estese fratturazioni e sollevamenti de crosta terrestre), sicché Ia regione peninsulare, come pure Ia Sicilia, andò gradatamente allargandosi ed evolvendosi, tendendo versa Ia forma attuate. NeI Pliocene, il litorate adriatico penetrava da 10 a 30 Km nell’entroterra, emergeva allora insularmente qualche regione oggi subappenninica, del bolognese e del pescarese, il rilievo anconetano, il massiccio calcareo del Gargano e Ia Puglia in generale, che si presentava come una serie di numerose isolette irregolarmente frastagliate. Infine con i grandiosi sommovimenti orogenetici dell’era Quaternaria la regione italica assume definitivamente la forma e il rilievo attuale.

Infatti mentre il grande golfo padano andò rapidamente restringendosi, arretrando verso oriente, le grandi conche lacustri colmatesi lentamente causa materiali alluvionali o svuotatesi gradualmente dalle invadenze idriche causa le incisioni dei propri emissari, diedero origine alle regioni pianeggianti che si aprono tra le montuositá appenniniche (Cratere di Benevento – Campania, Piana del Fucino – Abruzzo, Bacino Tiberino e Bacino di Gubbio – Umbria, Bacino dell’Amo -Toscana e tanti altri minori).

Spessore de crosta continentale

Nella fascia tirrenica Ia crosta continentale raggiunge spessori di circa 20 Km. Tale potenza raggiunge valori quasi raddoppiati sulla cresta delta catena appenninica per poi tornare a valori intorno ai 30 Km di spessore nell’area adriatica; nell’Appennino l’attività sismica è legata a delle compressioni ancora in atto nella zone padana sepolta, ed è verificato che la sua intensità e direttamente proporzionale allo spessore della crosta.

Università di Urbino a.a. 1987/88/89

Dalle lezioni del prof. Nicola Capuano

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