Il linguaggio e i valori di Avatar

Prossimi all’osservazione diretta ed alla scoperta ufficiale di super-Terre ed “esomondi” nei vicini sistemi solari grazie ai potenti telescopi spaziali, il kolossal Avatar di James Cameron che su Alpha Centauri vedranno solo tra 4.4 anni, spinge la nostra riflessione oltre. Il linguaggio e i valori di Avatar, di James Cameron, della Nasa, della Casa Bianca […]

Prossimi all’osservazione diretta ed alla scoperta ufficiale di super-Terre ed “esomondi” nei vicini sistemi solari grazie ai potenti telescopi spaziali, il kolossal Avatar di James Cameron che su Alpha Centauri vedranno solo tra 4.4 anni, spinge la nostra riflessione oltre. Il linguaggio e i valori di Avatar, di James Cameron, della Nasa, della Casa Bianca e della nostra Space Vision, trovano conferma sul prestigioso New York Times. Nel capolavoro del regista canadese c’è del bene, c’è la fede, ci sono i valori della vita, della fratellanza e della sopravvivenza, ci sono i progetti spaziali realizzabili subito dai privati, c’è l’ottimismo di un futuro migliore per la nostra Terra sovrappopolata ed al limite del collasso strutturale. Ma quando colonizzeremo nuovi mondi, nolenti o volenti, come dovremo comportarci con le altre civiltà? Interessante è la lezione offerta dal Servo di Dio, Bartolomeo de Las Casas, vescovo e frate domenicano spagnolo, contro le atrocità dei colonizzatori nelle Americhe. La sete dell’oro degli spagnoli (ma anche delle altre nazioni europee) e l’asservimento degli Indios determinò rivolte, massacri e crudeltà indescrivibili pure nel Cinema, che il frate domenicano Bartolomeo de Las Casas (http://www.santiebeati.it/dettaglio/92344) denunciò apertamente e coraggiosamente nel suo Paese, attirandosi l’odio, il rancore e le repliche ideologiche di molti suoi compatrioti. La figura del religioso spagnolo ha suscitato nei secoli vaste polemiche ma il campionario di quella prima oppressione coloniale, la guerra, la offrono a tutti noi l’opportunità di una profonda riflessione al utile anche ai futuri esploratori-colonizzatori dello spazio (si legga: Bartolomeo de Las Casas, Istoria o Brevissima Relazione della Distruttione dell’Indie Occidentali di Mons. Reverendissimo Don Bartolomeo dalle Case, sivigliano dell’Ordine dei Predicatori, Venezia, 1643). Insomma, prima di partire dalla Terra, bisognerà creare una Direttiva Suprema di “non ingerenza e di non contatto diretto” con pianeti abitati da Nativi non tecnologicamente avanzati come la Terra, per non “condizionare” la loro civiltà, a salvaguardia delle altre “eso-razze”, come sapientemente intuito da Gene Roddenberry nel suo “Star Trek”. Il Talmùd insegna che ci si deve occupare dei “danni”, cioè di non fare del male al prossimo. Sembra un programma molto limitato, in genere quando si parla del rapporto con il prossimo si usa molto il termine “rispetto”, “amicizia” e “amore”. Cioè si declina questo rapporto in positivo senza soffermarsi troppo sul non procurare danni. Gli Ebrei insegnano che la strada maestra nel rapporto con il prossimo è “allontanati dal male e fai del bene”, che nel Cristianesimo trova la sua massima Legge nella norma: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, come insegna Gesù di Nazareth. Noi viviamo in un’epoca in cui si parla continuamente di rispetto verso gli altri ma in cui questo rispetto è una “merce” sempre più rara. Rispetto innanzitutto è non fare del male fisicamente, psicologicamente, moralmente. Prima di lasciare la Terra verso nuovi mondi, dovremo superare molte vecchie ideologie. Ad esempio, si parla, si riparla e si straparla delle radici giudaico-cristiane dell’Europa. Finché l’abbiamo fatto con insistenza noi cattolici italiani, aggiungendo il “giudaico-” come un prefisso telefonico (la battuta opportuna è di Gad Lerner), era quasi un nostro “affare” che più di tanto non ci riguardava né entusiasmava. Ma ora sempre più sono gli intellettuali o esponenti Ebrei che si battono per sbandierare questa definizione. Non mi piace questa definizione. Le radici dell’Europa sono tante, pagane, greche, romane, celtiche, slave, arabo islamiche ecc. E sono anche quelle della filosofia e dell’illuminismo, della rivoluzione francese e di quella inglese. In futuro, aggiungeremo l’incontro culturale con qualche civiltà extraterrestre, se prima non la distruggeremo come abbiamo fatto con i Nativi Americani! E poi la storia dei rapporti tra ebrei e cristiani, che da poco si tinge di rosa, non è stata, nei millenni precedenti in Europa, una storia d’amore e quindi non bisognerebbe mescolare tanto le radici. Attenzione a non dimenticare la storia e le identità, nel nome di nuove sante alleanze precarie, improbabili e rischiose. Che corrono il rischio di annientare la nostra unica razza sulla Terra, cancellando ogni possibile contatto con altre civiltà.

Ma Avatar rende inconsapevolmente omaggio anche all’Abruzzo ed al Tg satirico Striscia La Notizia di Antonio Ricci. E’ stata creata una lingua nuova di zecca, quella parlata dai Na’vi sul pianeta Pandora, con alcune assonanze che nella pronuncia richiamano chiaramente il vernacolo abruzzese. Una lingua artistica ma vera, creata dal professor Paul Frommer della Marshall School of Business, certamente utile non solo gli attori ma a chiunque voglia sperimentare il metodo di apprendimento, magari lasciandosi guidare dall’indigena di alto lignaggio, la bella Neytiri, interpretata dall’affascinate attrice trentaduenne di origini dominicane, Zoe Saldana (Star Trek), in versione naturale. Non solo. Perché, ascoltando bene la splendida colonna sonora di Avatar, composta da James Horner, non si può fare a meno di notare al brano n° 6: “Climbing up Iknimaya – The Path To Heaven”, una chiara corrispondenza fonetica e sonora con il “grido di battaglia” del Tg satirico Striscia La Notizia:“Huh!Ah!”. Un chiaro omaggio, tra l’altro, al nativo Anulu, figlio della regina Mama, il più innocente tra i buon selvaggi della famosa isola immortalata nel celebre film:“Chi trova un amico, trova un tesoro” (Italia/Usa, 1981) di Sergio Corbucci, con Bud Spencer e Terence Hill. L’idea originaria era che la Na’vi non assomigliasse a nessuna lingua parlata al mondo! Ma i dialetti sulla Terra sono tantissimi e le relative assonanze immancabili: provare per credere (www.learnnavi.org). Se in Cina se ne sono accorti subito che le montagne volanti del kolossal “Avatar” (la 20th Century Fox stavolta ha fatto centro per un’intera generazione!) somigliano incredibilmente ai picchi vertiginosi delle “Colonne del cielo” di Zhangjiajie; e se da popolo imprenditoriale qual sono, i cinesi hanno subito deciso di rinominare la località come “Avatar Halleluja Mountains” con tanto di solenne cerimonia di inaugurazione, allora è ineludibile che il vero fenomeno sociologico, antropologico e paranormale sia Avatar. In Italia, nonostante il prezzo maggiorato dei biglietti richiesto per la visione 3D con gli occhiali “attivi”, Avatar ha superato abbondantemente la quota di 47 milioni di euro complessivi e comincia ad avvicinarsi ai 62 milioni certificati Siae per “Titanic” che, ad oggi, rappresentano il maggior incasso in assoluto. Ma il vero dato è che il film di Cameron diventa primo (per il 2010) quanto a numero di biglietti staccati: più di 5 milioni in Italia. A Teramo la coda al botteghino continua. In Italia altri 5.687.902 euro sono stati raccolti solamente nello scorso weekend della prima settimana di febbraio per il mostruoso incasso complessivo di 47.802.075 euro. “Avatar sembra davvero non fermarsi più”, si legge in una nota dell’Adnkronos-Cinematografo.it. Dopo quattro settimane, Avatar è ancora in cima alla classifica italiana, e si avvicina ormai a superare i cinquanta milioni di euro complessivi: resterà sicuramente il miglior incasso dell’anno. Dopo le nove Nominations e la probabile conquista dei nove e più Premi Oscar il 7 marzo a Los Angeles, nulla esclude che vi possano essere ulteriori proiezioni in 3D nel corso dell’anno. R. Murdoch sembra non solo d’accordo e felice, ma sicuramente entusiasta visti gli attuali 2,2 miliardi di dollari di incassi planetari della pellicola che punta decisamente ai 2,5 ed oltre visto che la tecnologia 3D (come fu per il Cinemascope) è disponibile per ora solo al cinema. Grossi affari e lavoro per tutti. Anche per la prestigiosa Weta Digital, la compagnia di effetti visivi della Nuova Zelanda, vincitrice di numerosi premi Oscar negli ultimi anni e candidata per Avatar, che ha pubblicato alcuni incredibili “making of” degli effetti del film sia sul libro ufficiale sia sul proprio sito Internet. Nel 2002 la Weta Digital vinse il Premio Oscar per gli effetti visivi de “Il Signore degli Anelli – La Compagnia dell’Anello” di Peter Jackson. Da allora è stata nominata praticamente ogni anno (Il Signore degli Anelli, King Kong e Io, Robot) e il 7 marzo 2010 a Los Angeles vincerà sicuramente qualche Oscar in più per Avatar. Per mostrare agli Academy, ma anche ai fan e agli interessati, come sono state realizzate alcune delle sequenze più spettacolari del film (che non è un cartone animato: sequenze per le quali gli effetti sono stati curati in stereoscopia 3-D a un livello senza precedenti riproducendo fedelmente la recitazione degli attori che tuttavia non hanno avuto Nominations: quindi “e-motion capture” non è stata ben capita a Los Angeles!), la compagnia ha caricato sul sito ufficiale alcuni brevi filmati. Nei video vediamo, passaggio dopo passaggio, com’erano le inquadrature prima e dopo l’intervento degli artisti neozelandesi e di altre 34 nazioni, che hanno lavorato al film (Weta). Sembra, invece, che l’abbiano capito i nativi di tutto il mondo. Il messaggio di Avatar, s’intende. Un’antica tribù dell’Orissa ha lanciato l’accorato appello al regista Cameron: “Un’azienda mineraria si appresta a distruggere la nostra terra sacra. Ci aiuti!”. La notizia è rimbalzata da Nuova Delhi riproducendo il fragore dell’Albero Casa abbattuto su Pandora. Una tribù indiana ha lanciato l’appello al regista sostiene di essere in pericolo esattamente come i Na’vi, i nativi di Alpha Centauri. I Domgria Kondh, una tribù dello Stato indiano dell’Orissa, hanno comprato un’intera pagina sulla rivista “Variety”, per difendere la propria terra da un’azienda mineraria che “si appresta – denunciano – a distruggere la nostra montagna sacra”. “Abbiamo visto il suo film, adesso lei guardi il nostro”. Così recita l’appello con l’invito a visionare un documentario di 10 minuti:“Miniera: storia di una montagna sacra”, prodotto da Survival con la voce narrante dell’attrice Joanna Lumley. I Dongria vivono sulle colline di Niyamgirl dove un’azienda britannica, la Vedanta Resources – il cui azionista di maggioranza è il miliardario indiano Anil Agarwal – intende scavare una miniera perché la zona è ricca di bauxite. “Proprio come i Na’vi descrivono la rigogliosa foresta di Pandora, per i Dongria Kondh, sopravvivenza e terre sono sempre state intimamente connesse” – ha dichiarato il direttore di Survival International, Stephen Corry. “La storia di Avatar – se uno non si distrae da protolemuri multicolore, cavalli dalle lunghe criniere e guerrieri alati – si svolge al giorno d’oggi proprie sulle colline di Niyamgirl, nell’Orissa. Il progetto della Vedanta è oggetto di una forte polemica che ha spinto nei giorni scorsi anche la Chiesta Anglicana a vendere la propria partecipazione azionaria per ragioni etiche”. Pensavamo, onestamente, che fosse impossibile ed assurdo. Ma sembra tutto vero. La realtà è più fantasiosa della fantasia cinematografica. A questo punto osiamo immaginare che la vera sfida per la Chiesa Cattolica Apostolica Romana, dopo la nuova evangelizzazione sulla Terra con testimoni credibili del Vangelo, possa essere diretta anche allo spazio cosmico. Nulla lo vieta espressamente. Anzi, la Fede e la Sacra Scrittura lo incoraggiano. Insomma, i futuri missionari del Vangelo, magari sull’esempio dei Santi, un giorno, quando sarà possibile, potranno viaggiare nello spazio per l’annuncio della Verità su nuovi mondi e civiltà. E questo alla luce delle parole pronunciate da Papa Benedetto XVI all’udienza generale 3 febbraio 2010 nella sua catechesi tenuta nell’Aula Paolo VI in Vaticano. Il Papa ha parlato di San Domenico di Guzman. “Questo grande santo – ha detto il Santo Padre – ci rammenta che nel cuore della Chiesa deve sempre bruciare un fuoco missionario, il quale spinge incessantemente a portare il primo annuncio del Vangelo e, dove necessario, ad una nuova evangelizzazione: è Cristo, infatti, il bene più prezioso che gli uomini e le donne di ogni tempo e di ogni luogo hanno il diritto di conoscere e di amare! Ed è consolante vedere come anche nella Chiesa di oggi sono tanti – pastori e fedeli laici, Membri di antichi ordini religiosi e di nuovi movimenti ecclesiali – che con gioia spendono la loro vita per questo ideale supremo: annunciare e testimoniare il Vangelo!”. Nella catechesi del 13 gennaio scorso, il Santo Padre aveva illustrato “il ruolo provvidenziale che l’Ordine dei Frati Minori e l’Ordine dei Frati Predicatori, fondati rispettivamente da san Francesco d’Assisi e da san Domenico da Guzman, ebbero nel rinnovamento della Chiesa del loro tempo”. Il 3 febbraio è stata presentata la figura di san Francesco d’Assisi, “un autentico “gigante” della santità, che continua ad affascinare moltissime persone di ogni età e di ogni religione”. Gli esempi dei Santi missionari che nel loro tempo, in nome di Cristo, osarono l’impossibile, incoraggerà i nostri futuri missionari nella futura evangelizzazione tra le galassie. Magari proprio per evitare gli errori commessi nel nostro passato sulla Terra. La fantasia certamente pone dei limiti all’azione: ma chi avrebbe potuto immaginare Internet, i cellulari, gli ipod e le macchine fotografiche digitali 25 anni fa? Avatar è un sicuramente un omaggio ai Marines ed alla politica spaziale del Presidente Barack Obama. La conferma diretta viene dallo stesso James Cameron, già consulente della Nasa, nel suo articolo scritto e pubblicato il 5 febbraio 2010 sul prestigioso quotidiano “The Washington Post”. Il regista canadese benedice la scelta di Obama per la Nasa che dà il via libera alla corsa dei privati nel Sistema Solare ed oltre (“The right way forward on space exploration”). La cancellazione del Programma Constellation paradossalmente sarà la vera spinta propulsiva che trasformerà i sogni, ossia i soldi dei contribuenti e degli azionisti, in posti di lavoro e in realtà. I nuovi ed ecologici shuttle stratosferici che molto presto solcheranno i cieli, non saranno certamente armati come i Valkyrie Space Shuttle TAV (trans-atmospheric vehicle, creato dal disegnatore Ryan Church) di Avatar, il cui nome ufficiale è tutto un programma: SSTO-TAV-37 B-class shuttlecraft. L’idea originale di affiancarli all’astronave-madre “Interstellar Vehicle Venture Star” prima dell’entrata nell’esosfera di Pandora, non è solo una configurazione davvero interessante e intelligente. Ma lascia prefigurare lo sviluppo di una nuova industria, di un nuovo mercato finora considerato semplicemente assurdo. La Politica ha dato il via libera ed Avatar ha finalmente tracciato la via: scienza e tecnologia possono realmente condurci sulle stelle, se lo vogliano veramente. Il 2010, quindi, sempre che non ci autodistruggeremo in un devastante conflitto termonucleare e sempre che non saremo invasi preventivamente da qualche civiltà ostile che magari là fuori (a qualche settimana-luce!) ha già visto Avatar interpretandolo non come un’opera di fantasia ma come un “documentario”, sarà certamente l’anno dell’inizio degli investimenti massicci delle imprese private nello spazio. E sappiamo cosa sanno fare i privati in tempi record. Una data storica per l’Umanità, per le future generazioni, per i nostri Nascituri che dobbiamo difendere ad ogni costo, assicurando loro un pianeta vivente, magari dedicando loro un Giorno speciale come la Giornata della Vita. Tra i milioni di feti abortiti sulla Terra ogni anno, chissà quanti “mancati” scienziati, ingegneri e tecnici che avrebbero già potuto inventare il volo interstellare! Per rendersene conto basta leggere lo “script” originale al quale James Cameron stava lavorando, che poi è arrivato nei cinema riscuotendo il successo interplanetario che noi conosciamo come Avatar. Il regista ha modificato lo script iniziale. Tra le molte differenze, almeno dall’analisi preliminare della sceneggiatura della quale vi parleremo prossimamente, pare vi siano molte affinità con le gravissime emergenze planetarie reali oggi sulla Terra. “Project 880”, questo è il titolo originale, offre una trama molto più complessa di quanto la storia dei personaggi di Avatar possa far immaginare. Tutto ha inizio sulla Terra del 22° Secolo, un pianeta morente, trasformato, nel quale gli uomini si cibano di alghe. La Terra è stata distrutta dalle industrie, dal terrorismo nucleare e l’ex marine che abbiamo conosciuto come Jake Sully si chiama Josh Sully. Ma questa, “avatarizzazioni” carnascialesche e politiche permettendo, è un’altra storia degna di un “prequel” e di un “sequel” firmati James Cameron. “Tutto quello che abbiamo progettato, tutte le idee che abbiamo avuto e che non siamo riusciti a inserire in Avatar, finivamo per dirci che sarebbero state inserite nel sequel. Quindi abbiamo un bel po’ di idee già pronte – assicura James Cameron – questo però non vuole dire che faremo un terzo film e non significa con certezza che ci fermeremo al terzo film. Vedremo cosa accadrà”. Una cosa è certa: non c’è due senza tre!

Nicola Facciolini

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