Doppio attacco “cinese” all’India

Due attacchi in qualche modo “cinesi” all’India: il primo tragico e sanguinoso, il secondo virtuale e informatico, ma da risvolti non meno gravi. Ieri si è appreso che ben 65 militari delle forze regolari indiane, sono stati uccisi in una imboscata dei guerriglieri maoisti nello stato del Chhattisgarth.Si è trattato di uno degli attacchi piu’ […]

Due attacchi in qualche modo “cinesi” all’India: il primo tragico e sanguinoso, il secondo virtuale e informatico, ma da risvolti non meno gravi. Ieri si è appreso che ben 65 militari delle forze regolari indiane, sono stati uccisi in una imboscata dei guerriglieri maoisti nello stato del Chhattisgarth.Si è trattato di uno degli attacchi piu’ gravi mai compiuti dai ribelli comunisti attivi nel centro e nord est dell’India. Centinaia di ribelli, pare 700,  avrebbero preso di sorpresa i veicoli di soccorso giunti in seguito all’esplosione di una mina. Conosciuti come “naxaliti”, dall’insurrezione del 1967 a Naxalbari, Bengala Occidentale, i ribelli comunisti sono presenti in un terzo dei 600 distretti indiani. L’ideologia moista cui si ispirano,  seduce le masse agricole e le comunità tribali rimaste escluse dal boom economico. Il premier indiano Manmohan Singh li ha definiti la minaccia più grande da quando l’India è indipendente. Già domenica scorsa Già domenica dieci poliziotti erano rimasti uccisi nell’esplosione di una mina in un altro stato dell’India orientale. Quanto all’altro attacco, sempre ieri si è appreso che una rete di spionaggio con base in Cina,  ha rubato per otto mesi, i segreti militari indiani, entrando nei PC dell’ufficio del Dalai Lama e in altri computer sparsi in tutto il mondo. La scoperta viene dai ricercatori dei Citizen Lab dell’Università di Toronto, i quali hanno scoperto e documentato quello che hanno definito: “un complesso ecosistema di spionaggio cibernetico che ha sistematicamente compromesso gli uffici governativi, le industrie, le istituzioni accademiche ed altri network indiani, come anche l’ufficio centrale del Dalai Lama, le Nazioni Unite e reti di altre nazioni”. La maggior parte delle violazioni ha interessato network indiani, carpendo informazioni sensibili riguardanti sistemi missilistici, progetti per mezzi d’artiglieria e relazioni politiche tra l’India e la Cina stessa. Ma secondo il report del Citizen Lab, dal titolo Shadows in the Cloud, gli attacchi hanno carpito le informazioni riguardanti molte persone in circa 31 nazioni, compreso il sistema canadese Visa. Sempre secondo la stessa fonte, questi attacchi suggeriscono che lo spionaggio cibernetico si stia spostando da intenti criminali e industriali a spionaggio politico. Le spie informatiche hanno usato popolari servizi online, compresi Twitter, Google Groups and Yahoo Mail, per penetrare nei computer, allo scopo di dirottarne i contenuti verso centrali e server in Cina. Il rapporto, intitolato “Ombre nelle Nuvole”, afferma che le reti di spionaggio sono probabilmente gestite da persone con collegamenti col sottobosco criminale cinese. Informazioni potrebbero esser state girate ad alcuni settori del governo cinese, dice ancora lo studio.”Non abbiamo trovato alcuna prova certa che colleghi queste intrusioni al governo cinese”, dice Nart Villeneuve, che come altri autori del rapporto è ricercatore della University of Toronto alla Munk School of Global Affairs. A Pechino, una portavoce del ministero degli Esteri cinese ha detto che la linea di condotta della Cina “è molto chiara. Siamo fermamente contrari al crimine informatico, comprese le intrusioni”. Un anno fa, gli stessi ricercatori avevano descritto una sistematica infiltrazione informatica ai danni del governo tibetano in esilio, cosa che avevano chiamato GhostNet.

Carlo Di Stanislao

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