Un alto grido d’accusa

E’ “un libro antagonista concepito nato e cresciuto nella rete”, come si legge nella copertina ed è stato presentato, con un par terre di alto profilo, il 22 scorso, nella Tenda di Piazza Duomo, luogo-simbolo di una città che non vuole spegnersi e vuol riflettere su quanto accaduto e ancora vive. Il J’accuse di Gasbarrini non […]

E’ “un libro antagonista concepito nato e cresciuto nella rete”, come si legge nella copertina ed è stato presentato, con un par terre di alto profilo, il 22 scorso, nella Tenda di Piazza Duomo, luogo-simbolo di una città che non vuole spegnersi e vuol riflettere su quanto accaduto e ancora vive. Il J’accuse di Gasbarrini non arretra davanti all’onnipotenza del corpo politico, ed usa la rete come collante fonda­mentale delle recise, sradicate relazioni d’una comunità dispersa tra tendopoli, roulottes, containers, camere d’albergo ed altri impensabili alloggi di fortuna e si serve della forza della carriole per mostrare l’ostinazione e l’orgoglio di chi non vuole essere annulato o gabbato. Interessante, oltre ai testi e alla varietà dei contenuti, il coreddo iconografico a cura dello stesso Autore, immagini rubate con i più impensabili stratagemmi alla città vietata o scaricate nel pc dalle chiavette dei suoi compagni dell’albergo. Un libro forte, perentorio, diretto, che inchioda ciascuno, dentro e fuori dal cratere, alle sue inquietanti responsabilità. “E l’atto che io compio non è che un mezzo rivoluzionario per accelerare l’esplosione della verità e della giustizia”, scriveva Emile Zola il 13 genniaio del 1898 e qui, Antonio Gasbarini, fa lo stesso, con un testo teso e denso, drammatico ed appassionato, rivolto a coloro che hanno vissuto ed ancora non comprendono o a quelli che non hai mai compreso, la portata della nostra tragedia.

Carlo Di Stanislao

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