Anche (e non solo) in medicina divario fra Nord e Sud

Al Sud una famiglia su cinque rinuncia al medico perché non può permetterselo. Un dato da brivido, ma che non sorprende considerando che il 14% delle famiglie meridionali vive con meno di 1.000 euro al mese. A fotografare un Sud d’Italia in affanno è il “Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2010”, presentato ieri a Roma. La […]

Al Sud una famiglia su cinque rinuncia al medico perché non può permetterselo. Un dato da brivido, ma che non sorprende considerando che il 14% delle famiglie meridionali vive con meno di 1.000 euro al mese. A fotografare un Sud d’Italia in affanno è il “Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2010”, presentato ieri a Roma. La povertà “morde” particolarmente nelle piccole scelte quotidiane: nel 2008 nel 30% delle famiglie al Sud sono mancati i soldi per vestiti necessari e nel 16,7% dei casi si sono pagate in ritardo bollette di luce, acqua e gas. Otto famiglie su cento hanno tirato la cinghia rinunciando ad alimentari necessari (il 12% in Basilicata), il 21% non ha avuto soldi per il riscaldamento (27,5% in Sicilia) e il 20% per andare dal medico (il 25,3% in Campania e il 24,8% in Sicilia). Nel 2008 è arrivata con difficoltà a fine mese oltre una famiglia su 4 (25,9%) contro il 13,2% del Centro-Nord. Il panorama complessivo tracciato è desolante: da otto anni il Sud cresce meno del Centro Nord. Circa 7 milioni a rischio povertà, tasso di disoccupazione effettivo al 24%, industria a rischio estinzione mentre rallentano gli investimenti e calano i consumi. E si torna ad emigrare. A fare le spese maggiori della crisi, l´industria, con un crollo del valore aggiunto industriale nel 2009 del 15,8%, mentre le produzioni manifatturiere hanno segnato un calo del 16,6%. In questa situazione, secondo la Svimez che rilancia il tema della fiscalità di vantaggio, l´industria del Sud è a “rischio estinzione”: dal 2008 al 2009 l´industria manifatturiera del Sud ha perso oltre 100mila posti di lavoro, di cui 61mila soltanto lo scorso anno. In questo modo il gap dell´industria meridionale con il Centro-Nord e il resto dell´Europa si è ulteriormente aggravato. Sempre per effetto della crisi, prosegue il rapporto, per la prima volta dalla fine della guerra il valore aggiunto del settore dei servizi è calato per due anni consecutivi, segnando nel 2009 – 2,7% (Centro-Nord -2,6%), con effetti molto più pesanti nel commercio (-11% contro -9%). Giù anche turismo e trasporti (-3%) e intermediazione creditizia e immobiliare (-1,7%). Circa 88mila i posti di lavoro persi nel settore al Sud (-1,9% rispetto al 2008), con punte del -3,9% nel commercio, il doppio che al Centro-Nord (-1,7%), concentrate soprattutto nel lavoro autonomo. Due le cause principali dell´andamento recessivo spiega il rapporto: investimenti che rallentano, famiglie che non consumano. Queste ultime infatti hanno ridotto al Sud la spesa del 2,6% contro l´1,6% del Centro-Nord. Mentre gli investimenti industriali sono crollati del 9,6% nel 2009, dopo la flessione (-3,7%) del 2008. Ancora, quasi un meridionale su due va in crisi per una spesa extra di 750 euro. In base agli ultimi dati disponibili (2007) il 14% delle famiglie meridionali vive con meno di mille euro al mese. Nel 47% delle famiglie meridionali vi è un unico stipendio, addirittura il 54% in Sicilia. Hanno inoltre a carico tre o più familiari il 12% delle famiglie meridionali, un dato quattro volte superiore al Centro-Nord (3,7%), che arriva al 16,5% in Campania. A rischio povertà a causa di un reddito troppo basso quasi un meridionale su 3, contro 1 su 10 al Centro-Nord. In valori assoluti, al Sud, si tratta di 6 milioni 838mila persone, fra cui 889mila lavoratori dipendenti e 760mila pensionati. Il rapporto Svimez segnala che non sempre, al Sud, uno stipendio in più, oltre a quello base, modifica la situazione: in quasi una famiglia su 4 (23,9%) con due redditi il rischio rimane. Di segno opposto la a ´green economy´, che fa invece da volano per lil Sud. Dal 2000 al 2008 la potenza degli impianti e l´elettricità prodotta con le rinnovabili al Sud è cresciuta in modo rilevante. Nel periodo in questione la potenza è cresciuta del 108% nel Mezzogiorno e l´elettricità prodotta del 151%, staccando di 3 e 4 volte il dato nazionale (rispettivamente 31% e 15%). Quote ancora più grandi a livello regionale: la Sardegna e la Puglia aumentano la produzione di 5 volte, la Sicilia addirittura di 10. A scoraggiare per l´attrazione di altre industrie al Sud, locali o multinazionali, la bassa qualità delle infrastrutture presenti, la rete elettrica arretrata e le interruzioni di servizio elettrico. E fa acqua anche il sistema produttivo pugliese, che noi del Sud tenevamo come riferimento e fiore all’occhiello. Le presenze turistiche straniere superano di poco il 10% e l’export è in calo del 22% e gli altri numeri confermano la quasi totale assenza di politiche economiche e di strategie di sviluppo da parte della Regione, di là dalle dichiarazioni e buone intenzioni della giunta Vendola.

Carlo Di Stanislao

Una risposta a “Anche (e non solo) in medicina divario fra Nord e Sud”

  1. GiovaneRibelle ha detto:

    nella foto c’è un errore!!!!!! L’Abruzzo è al sud no al NORD!

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