Chi ha paura delle tempeste solari?

Nuove minacce provenienti dallo spazio sembrano affacciarsi cupe sul nostro pianeta. E non dovrebbero abbattersi più nel 2012, come finora annunciato da una serie di più o meno fantasiose ipotesi di catastrofi (peraltro tutte prive di ogni fondamento), ma nel 2013. E il responsabile sarebbe il Sole, proprio la nostra stella che con la sua radiazione e […]

Nuove minacce provenienti dallo spazio sembrano affacciarsi cupe sul nostro pianeta. E non dovrebbero abbattersi più nel 2012, come finora annunciato da una serie di più o meno fantasiose ipotesi di catastrofi (peraltro tutte prive di ogni fondamento), ma nel 2013. E il responsabile sarebbe il Sole, proprio la nostra stella che con la sua radiazione e il suo calore ha permesso di originare e mantenere la vita sulla Terra. Intense tempeste solari potrebbero infatti portare danneggiamenti temporanei o addirittura permanenti dei satelliti in orbita intorno alla Terra, con danni incalcolabili sulle telecomunicazioni e ai sistemi di navigazione, oltre a black-out elettrici concentrati nelle zone del pianeta poste a latitudini medio-alte.Uno scenario davvero preoccupante, prospettato non da uno scrittore di fantascienza ma dall’autorevole NASA, l’Agenzia Spaziale statunitense. L’occasione per rilasciare queste dichiarazioni non certo tranquillizzanti è stata la tempesta geomagnetica in corso in queste ore sulla Terra, accompagnata dall’apparizione dell’aurora boreale. A causarla, l’impatto di una enorme bolla di gas emessa dal Sole con la magnetosfera terrestre, l’invisibile “scudo” che protegge il nostro pianeta dalla maggioranza delle particelle che vagano nello spazio.

Dobbiamo dunque tornare a preoccuparci, accontentandoci di vivere tranquilli solo per qualche mese in più dopo il 2012? “Allo stato attuale delle nostre conoscenze è praticamente impossibile fare previsioni così circostanziate sulle future tempeste solari e i loro effetti sulla Terra e sulle infrastrutture tecnologiche umane” commenta  Mauro Messerotti, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Trieste, esperto di fisica solare e relazioni Sole-Terra. “Certo, il continuo affinarsi della tecnologia e il proliferare di sistemi satellitari sempre più sofisticati ci espone maggiormente agli effetti delle perturbazioni prodotte dal Sole. Tuttavia lo scenario indicato dalla NASA può essere associato ad eventi sulla nostra stella di eccezionale intensità, che fortunatamente accadono molto raramente e che comunque non possono ancora essere previsti con certezza. Il timore si riferisce infatti alla possibilità che si verifichi una super-tempesta solare simile a quella che ha interessato la Terra nel 1859, causata da un brillamento intensissimo osservato dall’astronomo inglese Richard Carrington: tempeste geomagnetiche, aurore polari e correnti elettriche indotte nei telegrafi per giorni indicarono l’eccezionalità dell’evento. Dovesse succedere oggi, avrebbe un impatto notevole sulle attività umane con, ad esempio, distruzione di satelliti, prolungati black-out della fornitura di corrente elettrica, delle comunicazioni radio e dei sistemi GPS, solo per citare alcuni effetti”.

Nessun allarmismo quindi, ma l’attenzione degli scienziati in tutto il mondo è sempre alta. In questi ultimi anni la meteorologia spaziale – disciplina che studia il Sole e gli effetti che la sua attività produce negli ambienti planetari e sulla Terra in particolare – ha fatto importanti passi avanti per riuscire a individuare la possibile insorgenza di tempeste solari e attuare in tempo le contromisure per attenuare i loro effetti negativi sui satelliti e le infrastrutture a Terra. “Sonde e satelliti controllano il Sole 24 ore al giorno con strumenti sofisticatissimi e si sta sviluppando a livello mondiale una rete di raccolta ed analisi dell’enorme mole di dati prodotta, per massimizzare la conoscenza della nostra stella e dei suoi cicli di attività” prosegue Messerotti.

Possiamo dunque affrontare con più serenità il futuro, e gustarci l’innegabile fascino offerto in queste ore dallo spettacolo delle aurore, guardando, per chi non può farlo “dal vivo”, questa galleria fotografica.

INAF

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