Verso la Casa del Volontariato e delle Associazioni

L’Aquila sempre al centro della discussione mediatica per ritardi ed incompetenze. Il progetto della Casa del Volontariato con un investimento complessivo di 1,8 milioni di euro è un rilancio per la Città, un “da fare” fra le righe, lasciato al lettore e ancora di più al cittadino. Uno spunto di riflessione per quanti operano nella […]

L’Aquila sempre al centro della discussione mediatica per ritardi ed incompetenze.
Il progetto della Casa del Volontariato con un investimento complessivo di 1,8 milioni di euro è un rilancio per la Città, un “da fare” fra le righe, lasciato al lettore e ancora di più al cittadino. Uno spunto di riflessione per quanti operano nella nostra Città.
Una sfida indubbiamente ambiziosa per Roberto Museo, direttore di CSVnet. 
Come nasce il progetto, quali i vostri obiettivi?
Dopo il sisma dell’aprile 2009 il CSV dell’Aquila e molte organizzazioni di volontariato presenti sul territorio sono costrette a fare i conti con la carenza di una sede idonea che consenta loro di svolgere appieno la propria attività Una rete locale di organizzazioni di volontariato che si ritrovino insieme sotto un “unico tetto” in una struttura polifunzionale che permette la razionalizzazione dei costi e offre la possibilità sia alle associazioni che allo stesso CSVAQ di riprendere le attività ordinarie e quelle straordinarie necessarie ad affrontare le problematiche di “ricostruzione sociale” del post terremoto. Ritengo che la Casa del Volontariato non è solo un progetto di costruzione, ma rappresenta una speranza anzi “la” speranza: di passare dalla “terra promessa” delle future riforme (spesso proclamate ma mai attuate) alla “terra permessa” del nostro quotidiano impegno in una comunità operosa che guarda con ottimismo al futuro scuotendo la polvere di quella comunità del rancore che aihmè oggi dialoga perfettamente con la politica che ha ormai come codice e come linguaggio proprio quello del rancore.
Quali sono i valori che hanno guidato l’evoluzione di questa iniziativa?
Giacinto Dragonetti, marchese aquilano della prima metà del XVIII secolo, è l’autore di un piccolo libro Delle virtù e dè’ premi, che riscosse un significativo successo nell’ Europa del settecento. Nell’introduzione del libro si legge “Gli uomini hanno fatto milioni di leggi per punire i delitti, e non ne hanno stabilita pur una per premiare le virtù”. Dragonetti crede che puntare solo sulla punizione dei delitti non sia sufficiente per far avviare una Città su una via di sviluppo civile ed economico. La virtù invece è associata alla ricerca diretta e intenzionale del Bene Comune al di sopra del bene proprio. Occorre investire in tal senso sulle nuove generazioni per formare una nuova classe dirigente dell’Aquila capace di immaginare un futuro migliore e che abbia come DNA quello della grande virtù della speranza che richiede forza morale di non soccombere di fronte alle prove e andare avanti.
Dopo un durissimo lavoro, state realizzando questo “sogno”. Quali saranno le iniziative più importanti e quali i risultati sostanziali che vi aspettate di avere?
La realizzazione della Casa del Volontariato dell’Aquila ha tre obiettivi principali che si aggiungono a quello più immediato di restituire una sede alle associazioni colpite dal sisma:

  1. 1. valorizzare il ruolo del volontariato, nella definizione del nuovo welfare locale che risponda in modo fattivo ai bisogni espressi e latenti della popolazione colpita dal terremoto;
  2. 2. consentire al volontariato di esercitare appieno la sua funzione di moltiplicatore dell’azione pubblica per ricostruire la coesione sociale di un territorio oramai fortemente instabile e caratterizzato da variazioni veloci e repentine.
  3. 3. divenire luogo per la costruzione di reti e collegamenti stabili tra le diverse organizzazioni di volontariato e con gli altri attori sociali, per essere un “laboratorio” di progetti sociali partecipati e concreti per rispondere alle nuove necessità che la città dell’Aquila dovrà affrontare nella ricostruzione materiale ed immateriale.

La Casa del Volontariato sarà la base stabile dove potersi “rincontrare” e “ri-progettare il proprio futuro” certi della centralità del volontariato come motore di sviluppo umano, coesione sociale, cultura della solidarietà, che intende esprimere la propria identità e le proprie radici, a beneficio di tutta la comunità locale.
Secondo lei, in che modo questo progetto riuscirà a dare risposte alle aspettative dei giovani rispetto all’impegno civile e a stimolare una maggiore partecipazione al sociale?
Occorre da parte di tutti noi adulti investire energie nel coltivare tra i giovani la virtù della gratuità che è compito irrinunciabile non solamente dal punto di vista della cittadinanza – cosa da tempo risaputa – ma anche da quello dell’economia. Poiché le istituzioni economiche influenzano – e tantissimo – i risultati economici, occorre fare in modo che l’assetto istituzionale della società incoraggi – e non penalizzi, come oggi stoltamente avviene – la diffusione più larga possibile tra i cittadini, e soprattutto tra i giovani, delle pratiche di volontariato.
I risultati poi seguiranno, nonostante quel che pensano gli scettici di varia estrazione. Il segreto del volontariato autentico sta tutto qui: esso ci aiuta a rovesciare la tradizionale (e diciamolo pure, spesso consolatoria) etica della filantropia, portandoci a riflettere intorno alla essenzialità della dimensione del gratuito in qualunque momento dell’esperienza umana, e dunque anche in quella economica.
La quale se non è certamente l’unica, neppure è una dimensione di secondaria importanza. Se è vero – come a me pare – che la gratuità può essere pensata come la cifra della condizione umana, allora essa deve caratterizzare il modo di essere anche dell’economicità.
Far comprendere come sia possibile fare economia, ottenere risultati di rilievo stando nel mercato, senza recidere il rapporto con l’Altro, è il grande contributo ritengo si possa offrire anche ai giovani aquilani e al loro futuro nella nostra città.
La Casa del Volotariato innesca un lavoro innovativo di rete sul territorio che coinvolge molti soggetti: Istituzioni, Associazioni, Enti. Quali difficoltà sono state affrontate per permettere l’incontro tra soggetti così diversi?
Mi piace ricordare a tal proposito quanto Dante si chiede nel Canto XV del “Il Purgatorio”: “Com’esser puote che un ben distribuito in più posseditor faccia più ricchi di sé che se da pochi è posseduto?” Il volontariato è la risposta più convincente all’interrogativo che assillò Dante. È la logica del dono gratuito che una volta posta all’inizio di ogni rapporto interpersonale, anche quello di natura economica, riesce a far marciare assieme efficienza, equità e felicità pubblica.
Questa stessa logica è stato l’humus che ha visto costruire una squadra coesa per il raggiungimento degli obiettivi e per superare le difficoltà che abbiamo incontrato e che incontriamo giorno dopo giorno: dal presidente del CSV dell’Aquila Gianvito Pappalepore al presidente di CSVnet (coordinamento nazionale dei CSV) Marco Granelli che per primi hanno raccolto la sfida insieme alle loro strutture tecniche;
dai progettisti, gli architetti Marino Bruno e Maria Chiara Specchio, che hanno messo tutta la loro professionalità e il loro cuore per concretizzare l’idea;
dall’Amministrazione Comunale dell’Aquila alla Protezione Civile che hanno individuato il terreno sul quale poter realizzare la Casa; dagli oltre 700 donatori donatori (grandi e piccoli) che hanno consentito di raccogliere fino ad oggi circa un milione di euro.
Non va dimenticato che ha fianco della casa nascerà un altro complesso dove, grazie alla collaborazione del CSV dell’Aquila, verranno realizzate le sedi delle seguenti associazioni che hanno voluto credere in questa scommessa finalizzando le lodo donazioni in tal senso: ARCI regionale e provinciale, AUSER provinciale, Nuova Acropoli,Centro Studi Gioacchino Volpe, Percorsi, Vas Provinciale,180 amici e AVULSS, L’Impronta.
In questa iniziativa qual è il “valore aggiunto” offerto dal Centro di Servizio per il Volontariato?
E quali prospettive si delineano per la futura collaborazione tra il territorio e il Centro di Servizio?
Occorre riconoscere al CSV dell’Aquila di avere avuto il coraggio di investire in un magis ( un di più) che i tragici eventi potevano consentire. Mi sembra di poter dire che quello del CSV dell’Aquila è stato un atteggiamento virtuoso e responsabile perché si è fatto carico delle esigenze abitative delle organizzazioni di volontariato per promuovere un percorso molto difficoltoso e per niente scontato, mettendo al primo posto il bisogno delle organizzazioni del volontariato volontariato e non solamente quello specifico di ridare una sede al Centro. Mi sembra che questo rispecchi bene quell’ agire virtuoso indicato dal marchese Dragonetti e sono sicuro, che al di la della costruzione fisica in se, la Casa del Volontariato rappresenta un progetto simbolo che dimostra come una ricostruzione sociale è possibile, con il quale intendiamo stimolare le amministrazioni locali a giocarsi su questo terreno così come stanno facendo sulla ricostruzione materiale Il CSV dell’Aquila, come gli altri 77 CSV in Italia con i loro 9.000 soci, ha rappresentato in questi dieci anni di attività una opportunità di incontro, di discussione e decisione per la definizione di strategie utili per lo sviluppo complessivo del volontariato della provincia dell’Aquila, favorendo la costruzione di reti che sperimentano quotidianamente le responsabilità gestionali e di indirizzo. Oggi occorre raccogliere le sfide che il nuovo momento storico e le istanze del territorio richiedono per definire nuovi modelli di governance da parte dei CSV, coinvolgendo tutto il volontariato del territorio, per un suo sviluppo complessivo e non solo di alcune eccellenze.
Contemporaneamente occorre che da parte delle stesse organizzazioni di volontariato, che sono “la proprietà” dei CSV, aumenti la consapevolezza che è importante non solo ricevere servizi gratuiti, ma operare responsabilmente per far sì che essi siano sempre più efficaci, efficienti e orientati ad una visione strategica dell’agire delle associazioni, in una gestione trasparente e giustamente orientata delle risorse.
In che modo lo scambio dei saperi e di esperienze può contribuire alla creazione di una Cultura Europea del Volontariato e cosa resta da fare in questa direzione?
Il documento della commissione con la quale è stato designato il 2011 anno europeo del volontariato ci invita a superare le letture del volontariato in chiave neoliberista e neostatalista, in cui all’azione gratuita viene assegnato il ruolo di intervento verso gli esclusi dal mercato, nel primo caso, e un ruolo istituzionalizzato, nel secondo.
Viene riconosciuto al volontariato il primato della produzione dei beni relazionali e gli effetti benefici che da ciò possono prodursi nella sfera sociale, ma soprattutto nella sfera economica, duramente colpita dalla crisi.. La forza dell’azione volontaria è nella sua capacità di costruire relazioni sociali tra le persone attivando rapporti di reciprocità, che sanciscono il primato della relazione sul dono. Il volontariato non si insegna ma si vive.
È possibile individuare dei tratti comuni tra i volontariati dei diversi Paesi Europei?
La risposta ci viene data dal documento della Commissione Europea che riconosce al volontariato la capacità di produrre una risorsa scarsa ma essenziale nelle società post-moderne: i beni relazionali. Il terremoto e la solidarietà che ne è scaturita dai migliaia di volontari provenienti da tutta Italia ha consentito la nascita di relazioni interpersonali e a voler rendere le persone in grado di migliorare il proprio stato di benessere.
Le relazioni e la partecipazione sono infatti elementi essenziali per determinare la felicità e il benessere delle persone, specie nelle odierne società dove l’accresciuta disponibilità dei beni materiali sembra non avere un’influenza determinante nelle variazioni di benessere delle persone. Occorre lavorare tutti per un’ Aquila, un Italia ed un Europa che poggino sui pilastri della responsabilità e della sussidiarietà. Mi piace credere che l’Aquila possa essere simbolo di una città responsabile dove i cittadini tornino a rioccupare il centro della scena politico, economico, sociale e religiosa pronti a sporcarsi le mani piuttosto che ad alzarle dicendo l’incivile frase “non sono io il responsabile”.
Una città della sussidiarietà declinata nella frase ascoltata da monsignor Brigantini “Solo tu puoi farcela, ma non puoi farcela da solo”.

Luisa Stifani www.portfoliomagazine.it

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