Al via il passaporto del volontariato, in Francia lo posseggono già 800mila

Anche l’Italia avrà il “Passaporto del volontariato”, un documento strettamente personale che certifica e garantisce il lavoro del volontario, già utilizzato in diversi paesi europei come Francia, Estonia, Austria, Germania, Svizzera. Una novità, per il nostro paese, che a breve sarà oggetto di sperimentazioni. Nel “passaporto”, un libricino di una decina di pagine in cui si […]

Anche l’Italia avrà il “Passaporto del volontariato”, un documento strettamente personale che certifica e garantisce il lavoro del volontario, già utilizzato in diversi paesi europei come Francia, Estonia, Austria, Germania, Svizzera. Una novità, per il nostro paese, che a breve sarà oggetto di sperimentazioni. Nel “passaporto”, un libricino di una decina di pagine in cui si riportano oltre ai dati personali anche i percorsi e le capacità del volontario, sono registrate via via informazioni dettagliate sui lavori svolti, sulle collaborazioni con le organizzazioni, sui periodi impiegati. In Francia, dove è presente dal 2007, sono 800 mila i volontari che lo posseggono. A rilanciare il progetto del “passaporto” è Susana Szabo, vice presidente di France Benevolat (la rete nazionale delle organizzazioni di volontariato in Francia) che partecipa a Venezia alla Conferenza sul volontariato organizzata dal ministero del lavoro e delle politiche sociali che comincia oggi (con i gruppi di lavoro) e si concluderà domani. Szabo, che è anche vice presidente del Centro Europeo del volontariato, ha spiegato che il “passaporto” – utilizzato d’intesa con le istituzioni – è una sorta di “accreditamento, una garanzia” della professionalità del volontario. “Siamo convinti dell’ assoluta bontà di questo strumento – ha osservato Szabo – che mira anche a fornire indicazioni sulla formazione del volontario”.

Il documento piace anche agli addetti al lavoro italiani che stanno già lavorando sul progetto e annunciano l’intenzione di operare con maggior solerzia affinché venga adottato anche nel nostro paese. Marco Granelli, presidente del CsvNet, la rete dei centri di servizio del volontariato (vi aderiscono 72 centri su 78), sottolineando che il “passaporto può valorizzare le competenze apprese”, ha precisato che in Italia si stanno avviando sperimentazioni, ad esempio nelle Marche. A suo avviso, sarebbe interessante che il “passaporto” coinvolgesse maggiormente il mondo del profit e ottenesse il riconoscimento da parte del ministero. Di questo progetto, gli esperti intendono parlare a Venezia domani con il ministro Maurizio Sacconi quando interverrà a conclusione della conferenza. Sulle politiche per il volontariato – ha aggiunto Granelli – la Conferenza di Venezia, che vede a confronto gli addetti al lavoro europei, dovrebbe fissare le strategie e l’agenda dei prossimi anni. In particolare, a suo avviso, “é necessario una strutturazione” del settore perché, ed è questo un limite del settore, “non si può più lasciare al caso”. Interventi mirati e privilegiati, per Granelli, dovrebbero riguardare la semplificazione normativa, lo stanziamento di maggiori risorse (“le organizzazioni non possono pensare ogni giorno a come sopravvivere”) e soprattutto i giovani in modo che “almeno un giorno nella vita possano vivere l’esperienza del volontariato”. In questo quadro, il richiamo è alle agenzie educative, a cominciare dalla scuola.

Agnese Malatesta-ansa

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