Un altro Mann per Venezia

Non Thomas ma Michel sarà il Man di Venezia, con la responsabilità di reggere un Festival che è il primo dopo Muller. Dunque sarà l’americano Michael Mann, a presiedere la giuria internazionale che assegnerà il Leone d’oro e gli altri premi ufficiali della 69esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, in programma dal 29 agosto […]

Non Thomas ma Michel sarà il Man di Venezia, con la responsabilità di reggere un Festival che è il primo dopo Muller.

Dunque sarà l’americano Michael Mann, a presiedere la giuria internazionale che assegnerà il Leone d’oro e gli altri premi ufficiali della 69esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, in programma dal 29 agosto all’8 settembre.

Cineasta totale e figura tra le più rappresentative del cinema americano contemporaneo, Mann presiede per la prima volta la giuria di un festival internazionale.

Un Autore che, per il cinema, non è meno importante di quanto Thomas lo è stato per la letteratura.  Americano di nascita ma trasferitosi giovanissimo, in Inghilterra per frequentare la London’s International Film School di Londra, terminati gli studi, fece ritorno a casa, per distinguersi subito con documentari e cortometraggi a  sfondo sociale e  curando la sceneggiatura di alcuni episodi di serie televisive di genere poliziesco, tra le quali Starsky & Hutch, ma soprattutto il celebre Miami Vice, di cui fu anche produttore esecutivo.

Già nei suoi primi due film, La corsa di Jericho (1979), un dramma sociale ambientato in una prigione, inizialmente girato per la TV, vincitore di un Emmy Award e del  premio della Director’s Guild of America per la miglior regia e Strade violente (1981), con James Caan nel ruolo del ladro stanco e dal destino segnato, Mann mostra la sua affezione per il  cinema di John Huston e Jean-Pierre Melville, con una attenzione solida alla grande tradizione del cinema d’autore europeo, ma senza perdere di vista il coté hollywoodiano più innovativo e solido.

Il grande successo arriva nel 1993, con “L’ultimo dei Mohicani”, seguito dal capolavoro “Heat la sfida” (1995),confronto tra due professionisti, impegnati in una caccia a perdifiato, con McCauley (De Niro), criminale,  che è la preda ed  Hanna (Pacino), poliziotto, il cacciatore.

L’amore di Mann  per la possibilità di sviluppo delle storie trova espressione anche nel film  successivo, Insider – Dietro la verità, del 1999, un film degno del miglior Pakula, con uno stuolo di superstar, una eccellente sceneggiatura di Eric Roth (quello di Munich e Forrest Gump) in cui egli estrapola mirabilmente vicende clou di una realtà non inventata per lo  schermo.

Nel 2001 riprende un’altra storia vera, quella di Muhammad Alì e ne trae un film decisamente personale,  Alì, che  copre dieci anni della vita del campione, dalla vittoria del titolo dei massimi contro Sonny Liston al celebre incontro disputato nello Zaire contro George Foreman.

Ovviamente Mann si concentra molto di più sul Muhammad Alì uomo piuttosto che sul pugile: si occupa della politica e del razzismo di quegli anni, degli omicidi di Malcolm X e di Martin Luther King, della decisione di Alì di abbandonare il suo nome da schiavo, Cassius Clay, e di convertirsi all’Islam.

E ovviamente mette la sua tecnica al servizio di una pellicola in cui la fisicità del personaggio (un Will Smith che, fedele al cliché degli attori di Mann, deve essersi sottoposto a molte ore di palestra per raggiungere quelle quantità di masse muscolari) è sempre in primo piano: fa largo uso della steadycam e resta con la macchina da presa sempre attaccato al viso dei personaggi.

Nel 2004 esce Collateral, storia di un killer, Tom Cruise, che si serve di un taxista, Jamie Foxx, per uccidere tutta una serie di persone nel corso di una sola notte. Collateral è stato interamente girato nelle ore notturne e in location reali, con l’ausilio di appositi filtri per donare alla pellicola una tonalità e un’atmosfera cupa e misteriosa. Più della metà delle riprese sono state girate in digitale, donando all’aspetto finale del film quello di una vecchia pellicola di celluloide granulosa. Dopo lo scivolone di Miami Vice(2006), torna magistrale con “Nemico pubblico”, con uno strepitoso Johnny Deep, nei panni di John Dillinger, che nel pieno della Grande Depressione ruba alle banche ma non tocca gli spiccioli dei clienti… motivo per cui diventa quasi un personaggio da ammirare più che da temere,  tra evasioni e rapine che ci trasmettono la vita passata nei locali e nei bordelli della città con la sua banda (composta da Baby Face Nelson e Charles A. Floyde) e la sua travagliata storia d’amore con Billie Frechette;  tutto mentre è costretto a duellare sulle strade di Chicago con l’agente Melvin Purvis incaricato dal direttore dell’FBI Edgar Hoover in persona di catturarlo.

Siamo certi che con lui Venezia ha un valore aggiunto e felice che si nuovamente tornado al Lido, dopo lo scorso anno, quando accompagnò, in veste di produttore, La figlia Ali Canaam, autrice del bel noir  La paludi della morte, che pare sia in arrivo nelle nostre sale.

Carlo Di Stanislao

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