L’Aquila, Ricostruzione: gioco delle tre carte con i Master Plan, ma il Comune cosa fa?

Il quartiere Banca d’Italia è una delle tre aree individuate dal Comune come “a breve da riqualificare” e cioè: area da ricostruire in tempi rapidi nonché secondo gli standard oggi vigenti circa fruibilità e qualità della vita. Il fatto singolare è che accade esattamente il contrario: a distanza di tre anni dal sisma il quartiere non […]

Il quartiere Banca d’Italia è una delle tre aree individuate dal Comune come “a breve da riqualificare” e cioè: area da ricostruire in tempi rapidi nonché secondo gli standard oggi vigenti circa fruibilità e qualità della vita.

Il fatto singolare è che accade esattamente il contrario: a distanza di tre anni dal sisma il quartiere non ha neanche iniziato le pratiche destinate alla ricostruzione dei 4 edifici coinvolti nel piano unitario e, fatto ancora più singolare, nelle previsioni compaiono tonnellate di metri cubi di cemento al posto della poca e pure alberata area verde intorno alla quale insistevano (e insistono ancora) i 4 palazzi.

Stando a quanto emerge dal Master Plan (piano unitario di riqualificazione) depositato in Comune dai 4 condomìni interessati (Ater, Anas, Via Castiglione e via Fonte Preturo che, è certo, non ha mai visto i conti del piano finanziario né li ha mai deliberati), sembrano chiaramente visibili:

–         una piazza in cemento, o simili, dotata di qualche panchina al posto della preesistente zona verde che, stando alle previsioni, costa più o meno 900 mila euro

–         un  nucleo di locali commerciali, sempre in luogo del preesistente spazio verde, corredato di parcheggi che il Comune nell’ultima osservazione annota come “in scarsa dotazione”

–         una torre di 12 piani di proprietà Anas laddove crollò il noto palazzo di 5 (dietro al palazzo Anas di via XX settembre)

–         una torre di 7 piani di proprietà Ater in luogo del preesistente spazio verde anch’esso  corredato di piante

Dopo ben 2 anni (fatti di 2 depositi di MP, 2 vagli e 2 osservazioni comunali) il Comune ha notato – in data 17 luglio scorso – una volumetria del 30% in più in capo all’Anas e ora chiede “approfondimenti” dilatando ancora tempi già improbabili.

Ma v’è di più.

Sempre stando agli atti conosciuti, ad oggi non sembra esserci traccia di delibera alcuna da parte dell’Anas, sia circa la costruzione della torre, sia circa l’adesione al MP che, ciononostante, è stato comunque depositato in Comune per ben due volte. Probabilmente, infatti, l’Anas non può compiere speculazione edilizia quale sarebbe quella in corso.

Da ultimo. Emerge che nel condominio di via Fonte Preturo 3, ben 7 proprietari abbiano espresso il voto contrario al MP: anche a fronte di ciò il MP è stato ugualmente depositato nonostante la legge preveda il voto favorevole dell’unanimità.

 

Il Mp è un atto di iniziativa privata e è attuato con soldi privati. Ma con quale vantaggio? Perdita dell’area verde, anche recintata e chiusa con cancello, che garantiva buona qualità della vita in favore di tonnellate di cemento, traffico, caos, torri in  zona altamente sismica… un salto di 50 anni indietro nella storia dell’urbanistica. E una ricostruzione ritardata di tre anni, almeno per ora.

 

 

Dal condominio di via Fonte Preturo sono già partite tre lettere legali, la prossima sarà alla Corte dei Conti per denunciare il grave sperpero di denaro pubblico che vede ancora l’erogazione del Cas ad una quota di popolazione che già tre anni fa poteva aver depositato il progetto di ricostruzione singola del palazzo anziché perdersi nel percorso insidioso di una variante urbanistica chiamata Master Plan, affetta da irregolarità varie e di dubbia origine… Variante che normalmente impiega anni per passare attraverso Comune, Regione, Provincia, come da prassi italiana, e solo alla approvazione della quale gli “ancora sfollati” potranno depositare il progetto di ricostruzione del proprio palazzo e finalmente soltanto allora intraprendere anch’essi la lunga via percorsa da tutti gli altri aquilani.

“Quel quartiere è l’unico dell’Aquila ad aver seguito l’indicazione di riqualificazione suggerita dal Comune. Purtroppo, sembra che le cose in quell’area proprio non siano a posto, perché già in precedenza c’è stata un’azione legale che sancì la fuoriuscita di uno dei palazzi: all’inizio, infatti, erano in 5, ora sono rimasti in 4 e a breve saranno in 3. L’aspetto ancora più preoccupante è che ciascun condomino si troverà a pagare di tasca sua circa 200mila euro per rivedere la sua casa” – dice l’Avv. Fausto Corti che ha scritto ai soggetti coinvolti fino ai Ministeri dell’Economia e delle Infrastrutture.

Speculazione edilizia o incapacità della burocrazia? Per il momento potrebbe non interessare qualora ci fosse un avvio immediato della ricostruzione dei due edifici privati onde consentire alla gente di rientrare nella propria casa. Cosa faranno Anas e Ater è affare loro, da gestire sulla loro proprietà e con risorse proprie.

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