Incendi raddoppiati nel 2012

La Sicilia che brucia è solo l’ultimo campanello d’allarme, perché è dall’inizio dell’anno che gli incendi non danno tregua, colpendo indistintamente dal nord al sud: nei primi sette mesi del 2012 sono quasi raddoppiati rispetto all’anno scorso, con un +93% che ha fatto schizzare il numero dei roghi a 4.700. Il che significa 671 ogni […]

La Sicilia che brucia è solo l’ultimo campanello d’allarme, perché è dall’inizio dell’anno che gli incendi non danno tregua, colpendo indistintamente dal nord al sud: nei primi sette mesi del 2012 sono quasi raddoppiati rispetto all’anno scorso, con un +93% che ha fatto schizzare il numero dei roghi a 4.700. Il che significa 671 ogni mese.

I dati del Corpo Forestale dello Stato non fanno altro che confermare una tendenza che si ripete quasi ogni estate, anche e soprattutto per colpa dell’uomo. Perché, come ripetono tutti gli esperti da anni, le fiamme sono spesso – se non sempre – di origine dolosa. Lo dicono i numeri: da gennaio ad oggi la Forestale ha denunciato 276 persone, più di una al giorno, e ne ha arrestate sette in flagranza di reato. E così migliaia di ettari di superficie boscata e non – quest’anno sono già 24mila

– se ne vanno in fumo ogni anno per colpa di interessi privati,
mancanza di prevenzione, scarsa manutenzione, politica dello scaricabarile.

A peggiorare la situazione in questo 2012 ha contribuito anche il clima. “Nel primo trimestre dell’anno – dice la Forestale – a causa delle particolari condizioni climatiche che hanno interessato molte regioni a seguito delle forti nevicate, si sono verificati un numero di incendi superiore alla media del periodo, soprattutto nelle regioni del centro-nord, mentre nel corso dell’estate le maggiori criticità si stanno riscontrando in Sardegna, Campania, Calabria, Puglia, Toscana e Lazio”. Ed infatti non è aumentato solo in numero complessivo degli incendi ma anche la superficie totale percorsa dal fuoco, circa il 63% in più rispetto all’anno scorso. Aumento che per la superficie boscata arriva al 110%.

Numeri che fotografano una situazione che sta mettendo seriamente a rischio, come sottolinea la Coldiretti, i 10 milioni e 400mila ettari di patrimonio boschivo italiano e che però rischiano addirittura di essere ancor più impressionanti. L’allarme l’ha lanciato il capo della Protezione Civile Franco Gabrielli ad inizio luglio in un’audizione alla Camera e l’ha ribadito nei giorni scorsi in un’intervista a ‘La Stampa’. Se quest’anno, in qualche modo, si è riusciti a far partire la campagna antincendi, ha detto in sostanza il numero uno della Protezione Civile, l’hanno prossimo si rischia di rimanere fermi a causa della mancanza di risorse. I conti sono presto fatti: quest’anno il Dipartimento ha avuto finanziamenti per 80 milioni di euro, che hanno consentito di avere a disposizione una flotta di 32 mezzi tra Canadair elitanker e Fireboss. Ma le previsioni per gli stanziamenti per il prossimo anno parlano di un taglio netto del 50%: il che consentirà di avere a disposizione soltanto 14 aerei per tutta Italia. Un incubo che alla Protezione Civile sperano di scongiurare, anche per evitare le ripetute polemiche e gli scaricabarile tra enti locali che anche oggi non sono mancati.

“Ci sono stati problemi con la regione Sardegna sulla dislocazione dei Canadair ad Olbia e Cagliari – disse al Parlamento Gabrielli – ma il prossimo anno il problema sarà quello di averli a disposizione: la campagna antincendi boschivi si compone di 32 mezzi della flotta di Stato, metà dei quali Canadair. Per quest’anno ci sono le risorse, ma l’anno prossimo non sono previste e dunque la campagna è a rischio”. “Dall’anno scorso – ha ribadito una settimana fa a La Stampa -, per colpa dei tagli, non s’è visto un euro. Dunque occorre fare delle scelte, stabilire delle priorità. E la lotta agli incendi lo e'”. Gabrielli ha già scritto al ministero dell’Economia in modo che nella discussione sulla legge di stabilità che si aprirà a settembre, si tenga conto della situazione. “Occorrono investimenti sia per la flotta area sia per le squadre di terra. Spero che qualcuno mi ascolti e che le mie parole non cadano nel vuoto: corriamo rischi troppo alti”.

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