Bradisismo flegreo: dopo 30 anni. Attenti agli impatti sui manufatti

Circa 30 anni fa iniziò l’ultima crisi bradisismica; eseguimmo osservazioni, rilievi sul terreno e fotografie nelle diverse fasi evolutive del fenomeno al fine di comprendere quali fossero gli impatti del sollevamento e dell’attività sismica sulla superficie del suolo urbanizzata di Pozzuoli. Attività che per la prima volta con un serio approccio scientifico sono state eseguite […]

Circa 30 anni fa iniziò l’ultima crisi bradisismica; eseguimmo osservazioni, rilievi sul terreno e fotografie nelle diverse fasi evolutive del fenomeno al fine di comprendere quali fossero gli impatti del sollevamento e dell’attività sismica sulla superficie del suolo urbanizzata di Pozzuoli. Attività che per la prima volta con un serio approccio scientifico sono state eseguite e che hanno consentito di capire quello che accade sulla superficie del suolo.
Mentre gli scienziati dell’INGV controlleranno il sollevamento e spiegheranno quello che accade nel sottosuolo riteniamo utile, senza nessuna intenzione di fare allarmismo, fare comprendere ai cittadini e agli amministratori quello che potrebbe succedere se il fenomeno bradisismico evolverà verso una nuova crisi come quella del 1983-84 riproponendo quanto già spiegato e pubblicato anche alla conclusione degli studi effettuati nell’ambito di una convenzione stipulata tra la Regione Campania e l’Università Federico II.
I dati da noi rilevati con un serio approccio scientifico sono di enorme importanza oggi dal momento che nell’area che può essere maggiormente interessata dal fenomeno bradisismico è stata realizzata una rete di metanizzazione urbana.
Negli strumenti urbanistici di Pozzuoli non è contemplato il rischio bradisismico.
Nel 1983-84 a Pozzuoli, come pure oggi, per la realizzazione dei manufatti si applicavano le norme della media sismicità.
I rilievi diretti eseguiti hanno evidenziato che quando il sollevamento massimo del suolo raggiunse circa 35 cm, in alcune aree urbane iniziarono a manifestarsi evidenti effetti di dilatazione del suolo rilevabili nei manufatti rigidi. come le murature degli edifici, le pavimentazioni stradali. rilieviL’attività sismica divenne più continua con eventi di magnitudo superiore a quelli della fase iniziale del sollevamento.
Misure ripetute più volte in una settimana evidenziarono che i manufatti erano interessati dalla loro base da una dilatazione con conseguenti lesionamenti delle parti n elevazone.
Le tubazioni dell’acquedotto e delle fognature venivano interessate da uno stiramento orizzontale e ripetutamente spezzate.
Negli edifici in muratura a schiera si formavano lesioni in seguito al loro stiramento orizzontale mentre negli edifici in calcestruzzo armato con giunto tecnico si verificava un allargamento del giunto stesso.
Altri edifici in calcestruzzo armato subivano rotazioni attorno ad un asse verticale.
Le giunture dei binari ferroviari si ampliavano.
Le murature degli edifici consolidati durante il bradisismo 1969-70 mediante catene realizzate per vincolare le strutture portanti ai piani superiori subivano divaricazione alla base.
Come evidenziato dal Prof. Luciano Nunziante della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Napoli Federico II i danni e le distorsioni causate ai manufatti dai fenomeni di dilatazione del suolo hanno amplificato gli effetti degli eventi sismici causando danni sproporzionati in relazione alla contenuta magnitudo.
In pratica sono stati rilevati fenomeni di dilatazione del suolo accentuata in relazione alle caratteristiche geologico-tecniche del substrato. Sono state rilevate su carta topografica in scala 1:2000 tutte le lesioni causate dal bradisismo ed è stata elaborata una mappa delle aree interessate da evidente dilatazione del suolo.
L’indagine evidenziò che le norme antisismiche non sono sufficienti a garantire la sicurezza dei manufatti in quanto il fenomeno bradisismico determina fenomeni di anomala dilatazione del suolo che non sono previsti nelle norme antisismiche.
Ci impegnammo per alcun anni nel tentativo di fare emanare norme antibradisismo ma fummo inascoltati a livello di Ministero dei Lavori Pubblici e di Istituzioni locali.
Quando iniziarono i lavori per la realizzazione della metanizzazione urbana avvisammo il Prefetto di Napoli del problema costituito dalla dilatazione del suolo qualora si fosse verificato un nuovo fenomeno bradisismico. Consigliammo di adottare adeguate soluzioni in grado di consentire la dilatazione delle tubazioni in sicurezza: non conosciamo le modalità con le quali è stata costruita la rete del metano nell’area maggiormente interessata dalla dilatazione del suolo.
I dati acquisiti con le ricerche effettuate tra il 1983 e 1984 che evidenziano i fenomeni di anomala dilatazione del suolo e i conseguenti impatti sui manufatti sono a disposizione dei rappresentanti delle istituzioni preposte alla sicurezza de cittadini.
Si sottolinea che, purtroppo, siamo gli unici in possesso di tali dati in quanto fummo gli unici, in base all’esperienza maturata nell’area epicentrale del sisma del 1980, a capire che il sollevamento determinava anomali fenomeni di dilatazione in grado di danneggiare i manufatti.
Se il lento sollevamento registrato finora si accentuerà evolvendo verso una crisi simile a quella del 1983-84, potrebbero ripetersi gli effetti sui manufatti già rilevati in precedenza.
Si potrebbe verificare che con un sollevamento massimo di circa 35-40 cm oltre all’intensificarsi della sismicità inizino anche a rendersi visibili i fenomeni di dilatazione del suolo nelle stesse aree rilevate durante il bradisismo precedente.
In tale evenienza, senza fare allarmismo, si avvisano i responsabili istituzionali che la rete della metanizzazione va attentamente e ripetutamente verificata.
Manufatti vari ed edifici potrebbero essere interessati da deformazioni e distorsioni i cui effetti potrebbero aggravare le condizioni degli edifici già sollecitati durante il precedente bradisismo.
Per ora la situazione è “sotto controllo” e non vi è alcun pericolo!
Amaramente si rileva che sono stati persi 30 anni per contribuire ad aumentare la sicurezza dei manufatti e dei cittadini, anche se il monitoraggio continua!

Franco Ortolani

Università di Napoli “Federico II”

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