Il Vulcanismo sedimentario letale degli eventi parossistici futuri

“L’integrità strutturale di un edificio non è più forte dell’integrità sociale del costruttore: un’industria delle costruzioni fuorilegge è il potenziale killer”(Nicholas Ambraseys e Roger Bilham). La corruzione uccide più delle catastrofi naturali. È la parola ufficiale della Scienza, a novant’anni dalla prima trasmissione radiofonica italiana del 6 Ottobre 1924 (ore 21). Macalube docet. L’apocalisse antropologica, […]

Vulcano-Macalube“L’integrità strutturale di un edificio non è più forte dell’integrità sociale del costruttore: un’industria delle costruzioni fuorilegge è il potenziale killer”(Nicholas Ambraseys e Roger Bilham). La corruzione uccide più delle catastrofi naturali. È la parola ufficiale della Scienza, a novant’anni dalla prima trasmissione radiofonica italiana del 6 Ottobre 1924 (ore 21). Macalube docet. L’apocalisse antropologica, politica, giuridica, sociale, economica, etica e culturale pare che sia ben peggiore dei disastri naturali in Italia e nel mondo. A 67 mesi dalla catastrofe sismica aquilana del 6 Aprile 2009 (Mw=6.3; 1600 feriti; 312 morti) la Giustizia è chiamata a svolgere pienamente il suo dovere per l’immediata ricostruzione della Capitale d’Abruzzo, L’Aquila, e il trionfo del Principio di Legalità che è sempre strettamente connesso al Principio di Responsabilità. Quindi alla vera natura del benessere economico, sociale e spirituale di una Nazione. Stop ai mille condoni ed alle mille proroghe, varate a getto continuo dal Parlamento, vere cause del col
que salmastre o saline associate a giacimenti di idrocarburi liquidi e gassosi. L’apporto di Sodio è da mettere in relazione alla trasformazione smectite-illite ed ai processi d’interazione tra fluidi e le argille. Il processo di trasformazione smectite-illite rilascia ioni Na+ e Mg2+ a discapito dello ione K+ che viene rimosso dalla fase liquida. Inoltre i processi di scambio cationico che avvengono tra acqua e minerali argillosi ad elevata capacità di scambio cationico quali la smectite e la montmorillonite, tende a rilasciare il Sodio in soluzione mentre gli ioni bivalenti (Ca e Mg) sono preferenzialmente rimossi dalla fase liquida. Gli scienziati hanno anche effettuato alcuni calcoli termodinamici sullo stato di saturazione delle acque. È emerso che queste hanno raggiunto le condizioni di saturazione rispetto alla calcite e la dolomite. Pertanto i processi di scambio cationico e la precipitazione di minerali carbonatici secondari sono processi che portano all’impoverimento dei principali elementi alcalino-terrosi quali il Calcio ed il Magnesio sino a valori di concentrazioni di pochi mg/l. Concrezioni carbonatiche e vene di calcite sono state infatti rinvenute inglobate nelle argille nelle immediate vicinanze dei centri di emissione. Nonostante la precipitazione di minerali carbonatici tenda a ridurre la concentrazione di ioni HCO3+, le acque delle Macalube di Aragona hanno concentrazioni di bicarbonato decisamente più elevate rispetto all’acqua di mare. Un incremento dell’alcalinità può essere legata all’ossidazione batterica dei composti ridotti del Carbonio quali il Metano. Reazioni che avvengono in presenza di batteri solfo-riducenti (SRB) utilizzando il solfato disponibile in soluzione per trasformare il Carbonio in alcalinità. Tuttavia, se si ipotizza che tutto il solfato inizialmente presente nell’acqua di mare viene convertito in alcalinità, nessuna delle reazioni ipotizzate è in grado di produrre i valori di alcalinità osservati. Pertanto un ulteriore apporto di Carbonio deve essere ricercato nella dissoluzione di una fase gassosa ricca in CO2, che può derivare dall’ossidazione batterica della sostanza organica oppure può avere una origine inorganica, dalla decomposizione termica di rocce carbonatiche o dal degassamento del mantello. Sono stati applicati i principali geotermometri Na-K-Ca-Mg per la stima delle temperature di equilibrio in profondità. Sulla base delle concentrazioni di questi elementi, sono stati ottenuti valori di temperatura compresi tra i 80° e 120°C. I gas emessi dalla polla e dal vulcanetto mostrano evidenti analogie nella composizione chimica ed isotopica indicando un’origine comune. Il gas più abbondante è il Metano (CH4) con concentrazioni che arrivano, secondo i geologi siciliani, fino al 97 percento in volume. Azoto (N2), Ossigeno (O2) ed Anidride Carbonica (CO2) sono presenti in concentrazioni variabili come componenti secondari. I rapporti N2/O2 sono prossimi a quelli dell’aria suggerendo quindi che questi due gas sono di origine atmosferica. Altri idrocarburi gassosi più pesanti sono presenti in concentrazioni nell’ordine delle centinaia o migliaia (Etano C2H6) e decine (Propano C3H8) di parti per milione. Il parametro di Bernard, inteso come rapporto tra la concentrazione di Metano (C1) e la somma delle concentrazioni di Etano (C2) e Propano (C3) oscilla tra circa 35 e 150 nei vulcanelli e tra 125 e 3070 nelle polle. Particolarmente elevati sono i contenuti di Elio (centinaia di parti per milione) con un rapporto isotopico 3He/4He costante nel tempo e intorno a 0.7 R/Ra. Questa connotazione isotopica indica che l’Elio è prevalentemente di origine radiogenica ma è presente anche un contributo, non trascurabile, di Elio derivante dal degassamento del mantello. La composizione isotopica del Metano ricade in un range piuttosto ristretto con valori di dDCH4 compresi tra –195 e –156 ‰ rispetto a SMOW e valori di d13CCH4 tra -46 e -54‰ rispetto a PDB. In Natura, gli idrocarburi gassosi sono generalmente originati da due processi: l’alterazione termica della sostanza organica (origine termogenica) o la riduzione batterica della sostanza organica (origine biogenica). Ciascuno dei due processi porta a differenti composizioni molecolari ed isotopiche dei gas. I gas termogenici sono caratterizzati da valori di d13CCH4 compresi tra -20 e -50‰ mentre i gas di origine batterica mostrano generalmente valori di d13CCH4 inferiori a -60‰. Inoltre i gas termogenici sono più arricchiti in idrocarburi gassosi pesanti (C2+) rispetto ai gas prodotti dall’azione batterica. Il primo processo produce un valore del parametro di Bernard compreso tra 5 e 50, mentre nel caso di gas di origine batterica, il parametro è superiore a 1000 e può arrivare anche a 10000. Per risalire all’origine degli idrocarburi ci si è avvalsi di due diagrammi classificativi che tengono conto della composizione molecolare ed isotopica dei gas. Nel primo diagramma che considera soltanto la composizione isotopica del metano (dDCH4 e d13CCH4), I campioni delle Macalube di Aragona mostrano caratteristiche isotopiche intermedie tra I gas termogenici e quelli di origine batterica, suggerendo che potrebbero essere il risultato di un mixing. Gli stessi campioni sono stati riportati anche nel diagramma di Bernard che coniuga la composizione isotopica del Metano e la composizione molecolare. In questo caso sono stati riportati i due campi relativi ai gas termogenici ed ai gas di origine batterica. I campioni prelevati ricadono tra i questi due end-members con qualche differenza. I vulcanetti hanno, in genere, valori maggiori nel parametro di Bernard, indicando una prevalenza dei gas di origine termogenica su quelli di origine biogenica, mentre quelli della polla tendono verso il campo dei gas di origine biogenica. Le differenze osservate potrebbero essere il risultato del mixing in differenti proporzioni tra gas di origine biogenica e termogenica, oppure potrebbero riflettere l’effetto di processi secondari post-genetici che avvengono su gas aventi la medesima origine. La migrazione gassosa attraverso le fratture o un assorbimento selettivo dei gas per l’interazione con la sostanza organica o con il reticolo delle argille, potrebbero causare significative variazioni composizionali. Gli idrocarburi gassosi migrando dalla zona di produzione o dalla zona di accumulo verso la superficie, sono sottoposti ad un effetto “cromatografico”, cioè ad una separazione in funzione della massa molecolare. Il Metano, essendo dotato di una massa relativamente piccola e molto minore rispetto agli altri idrocarburi, raggiunge la superficie più velocemente rispetto agli idrocarburi più pesanti, con il risultato di un incremento fittizio del parametro di Bernard. Uguale effetto si produce per assorbimento selettivo degli idrocarburi gassosi su minerali argillosi. L’entità di questo processo è direttamente proporzionale alla velocità di risalita ed alla quantità di materiale in sospensione. Le differenze osservate nei rapporti molecolari C1/(C2+C3) tra i gas emessi dai vulcanetti di fango e quelli gorgoglianti dalle polle, potrebbe essere quindi dovuto all’effetto combinato del processo di migrazione e di assorbimento. Infatti, in seguito ai cosiddetti “ribaltamenti”, quando è maggiore la fuoriuscita di gas ed anche la velocità di risalita, la composizione chimica dei gas emessi subisce delle sostanziali modifiche soprattutto nella concentrazione degli idrocarburi gassosi pesanti. In particolare è stato osservato ripetutamente un incremento di Etano, Propano e Butano fino a concentrazioni totali maggiori del 3 percento. Dopo i “ribaltamenti” la presenza in concentrazioni maggiori di Butano è riscontrabile anche con il semplice olfatto, in quanto a differenza del Metano, dell’Etano e del Propano che sono inodori, il Butano ha un odore acre e persistente che si avverte distintamente per diversi giorni dopo che è avvenuto il “ribaltamento”. Le conclusioni degli scienziati sono interessanti. I “vulcani” di fango delle Macalube di Aragona sembrerebbero originarsi in seguito al diapirismo presente nel prisma di accrezione Neogene-Quaternario che ha inglobato i sedimenti del margine della placca Africana durante la collisione con la placca Euro-Asiatica. In accordo con l’assetto idrogeologico locale, le acque delle Macalube di Aragona non sembrano avere relazioni con la circolazione idrica superficiale e profonda dell’area. Il chimismo delle acque indica che le acque interstazionali di origine marina sono state diagenizzate a seguito della compattazione dei sedimenti del prisma di accrezione. Sono stati individuati i principali processi geochimici che questi fluidi hanno subito dalla loro deposizione sino alla venuta a giorno. Il chimismo delle acque riflette la trasformazione smectite-illite, i processi di scambio argille-acqua, la precipitazione di minerali carbonatici, la riduzione del solfato e la ossidazione della sostanza organica. In particolare, la trasformazione smectite-illite, che avviene a temperature tra 60° e 150°C, sembra essere il processo che causa anche la variazione osservata nella salinità e nella composizione isotopica delle Macalube di Aragona. Questi sono compatibili con i valori di temperatura stimati con i geotermometri Na-KCa-Mg che indicano un range di temperature tra 80° e 120°C. Quindi, considerando che i gradienti geotermici locali sono stati calcolati in circa 20°-22°C/Km, il reservoir dei fluidi emessi dalle Macalube di Aragona può essere ragionevolmente localizzata a profondità comprese tra i 3000 e i 6000 metri. Gli idrocarburi hanno un prevalente origine termogenica anche se non si può escludere un apporto superficiale di Metano di origine biogenica. Durante la risalita, effetti legati alla migrazione ed all’assorbimento selettivo degli idrocarburi, determinano un frazionamento molecolare che ne altera l’originaria composizione chimica. La presenza di un contributo non trascurabile (circa il 10 percento) di Elio che deriva dal degassamento del mantello, come suggerito dai rapporti isotopici dell’Elio, non sembra indicare per questo gas un’origine comune con gli idrocarburi. Piuttosto, sembrerebbe evidenziare l’esistenza di un’importante zona di debolezza crostale a carattere regionale con una componente prevalentemente distensiva che si spinge sino ad elevata profondità. Tale struttura sarebbe in grado di veicolare verso la superficie sia i gas che si originano al di sotto della crosta, sia quelli di origine prettamente crostale come gli idrocarburi, accumulati all’interno del serbatoio di idrocarburi. L’area delle Macalube di Aragona è frequentemente interessata da eventi parossistici, caratterizzati da violente esplosioni di gas e fango. La collinetta dove sino a poche ore prima si trovano i vulcanetti di fango viene completamente stravolta e coperta da una coltre di sedimenti costituita da materiale fangoso spessa anche fino ad un metro. Il volume di fango espulso durante questi eventi è nell’ordine delle decine di migliaia metri cubi. Il flusso di gas dalle polle è notevolmente incrementato così come il livello dell’acqua. Una rete di fratture lunghe una decina di metri e larghe una decina di centimetri con andamento radiale e circolare rispetto all’area dei vulcanetti, si è impostata ai margini della coltre fangosa. Non sembra che ci siano stati evidenti segnali che precedono l’attività esplosiva violenta, che gli scienziati possano chiamare “precursori”. Anzi, qualche settimana prima degli eventi si osserva una sostanziale diminuzione dell’attività di degassamento sia dalle polle sia dai vulcanetti, senza peraltro comportare una variazione nel chimismo dei gas. Sulla base delle modificazioni osservate quello che accade è il rilascio improvviso di gas e fango in seguito ad un aumento della pressione interna dei fluidi in profondità. Le cause che determinano tale evento, secondo i ricercatori, non sono facili da individuare e vanno comunque ricercate nei fattori che possono generare incrementi nelle pressioni interstiziali. La causa principale è probabilmente legata ad un aumento del campo degli stress in profondità dovuto ad un incremento delle spinte tettoniche che in quell’area sono prevalentemente di tipo compressive e svolgono nei sedimenti una duplice azione: in superficie riducono l’ampiezza delle discontinuità strutturali lungo le quali i gas migrano dalle zone di accumulo, limitando così il degassamento, mentre in profondità tendono a generare delle sovrappressioni dei fluidi contenuti nei pori interstiziali. Il duplice effetto sarebbe stato responsabile della diminuzione dell’output gassoso prima e dell’esplosione fangosa successivamente, una volta che la pressione dei fluidi ha vinto la resistenza opposta dal carico litostatico. La disposizione radiale delle fratture è indicativa di una deformazione plastica del suolo in conseguenza della migrazione verso la superficie di un’onda di pressione. Le fratture ad andamento circolare concentrico sono probabilmente il risultato del collasso della coltre fangosa sulla superficie o un ulteriore superficiale delle deformazioni compressive che hanno generato le sovrappressioni. Un’altra possibile causa potrebbe essere legata ad un improvviso incremento nel rate di produzione di gas. Tuttavia, anche se questo è compatibile con l’aumento di pressione nel reservoir, non giustificherebbe la riduzione dell’attività di degassamento nei giorni che hanno preceduto l’esplosione. Dopo l’evento, il sistema naturale delle Macalube di Aragona generalmente ripristina quasi prontamente la modalità di degassamento. Alcuni giorni dopo l’evento, sulla coltre fangosa che progressivamente riduce la sua altezza per la perdita progressiva di acqua dovuta all’essiccazione, si osservano la incipiente formazione dei nuovi edifici vulcanici. Il degassamento dalle polle gradualmente diminuisce pur mantenendosi al di sopra dei valori comunemente osservati. Col passare del tempo, nuovi vulcanetti erano già formati con altezza media dell’ordine di qualche metro e l’attività di degassamento era già normalizzata. Eventi di tale natura sono tipici delle area di vulcani di fango. Il confronto tra la distribuzione temporale degli eventi parossistici e degli eventi sismici locali, evidenzia alcune interessanti relazioni. I parossismi si verificano generalmente in periodi di incremento della attività sismica locale. Con i dati in possesso non è facile stabile una chiara relazione causa-effetto tra attività parossistica e “ribaltamenti”, ma probabilmente questi due fenomeni sono il risultato di un unico processo che è definito da Bernard come “crustal transient”, cioè una modificazione temporanea degli stress crostali. Tale transiente è quindi responsabile della locale sismogenesi e dei fenomeni di “ribaltamento”. Relazioni simili sono state osservate anche in occasione del “ribaltamento” delle Macalube di Santa Barbara (Caltanissetta) nell’Agosto del 2008. Nell’area delle Macalube di Aragona, notizie storiche riportano esplosioni di questa entità e sono piuttosto comuni con tempi di ritorno inferiori ai 10 anni. Pertanto, secondo gli scienziati, è verosimile ipotizzare che altri eventi di questo genere possano ripetersi in futuro, mettendo in luce un reale stato di pericolosità della Riserva. Per mettere in sicurezza l’area dal rischio legato all’esplosione, sarebbe utile realizzare una Stazione di monitoraggio permanente per la registrazione dei parametri geochimici, geofisici e geodetici, che consenta di studiare nel dettaglio il fenomeno delle macalube e così individuare i segni precursori naturali di un possibile evento parossistico (“Il geologo Siciliano” Bollettino dell’Ordine dei Geologi Siciliani, con il contributo della Sezione Ingv di Palermo). Raffaele Azzaro e Viviana Castelli sono gli autori di “L’eruzione etnea del 1669 nelle relazioni giornalistiche contemporanee”, edito da Le Nove Muse in collaborazione con l’Ingv. Il volume di 232 pagine contiene le testimonianze contemporanee dell’eruzione del 1669 che è certamente l’evento di maggiore rilievo negli ultimi mille anni di storia del vulcano siciliano. Il fenomeno naturale viene raccontato attraverso un percorso di raccolta di informazioni originali che permettono di ricostruire l’evoluzione dell’eruzione attraverso documentazioni di tipo giornalistico che, rispetto ai trattati scientifici, sono state prodotte a pochissima distanza dal fenomeno eruttivo. Carteggi grazie ai quali si ricostruisce non solo la fase eruttiva e i suoi effetti, ma le relazioni sociali e il rapporto con la fede. Attraverso le pagine di Azzaro e Castelli si evince che, fatta eccezione per la città di Napoli, dall’eruzione catanese nacque la prima editoria giornalistica nel Sud della nostra Penisola, cosa che prima di allora avveniva solo nel Centro-Nord. Così, se quasi tutta l’informazione del tempo si focalizzò sul conflitto tra la Repubblica di Venezia e l’Impero Ottomano per il dominio su Creta, l’Etna si trovò tra gli indiscussi protagonisti della cornice geopolitica europea. La nuova iniziativa nasce grazie ad un’idea dell’Ufficio di Redazione del CEN che ha da poco realizzato i primi esempi di “flipbook”, iniziando con la rivista Quaderni di Geofisica. Il flipbook è un documento ideato per la visualizzazione on-line di documenti elettronici tramite vari dispositivi. Con i flipbook l’utente può sfogliare il documento direttamente sul proprio dispositivo senza necessariamente doverlo scaricare e/o stampare. L’operazione al momento è applicata a tutti i documenti editoriali di cui la Redazione si occupa: Quaderni di Geofisica, Rapporti Tecnici Ingv, Miscellanea Ingv e Monografie Istituzionali Ingv. Il flipbook non va a sostituirsi totalmente alle versioni sia cartacee sia “pdf”, ma le andrà semplicemente ad affiancare. L’utente così avrà più possibilità di scelta sul metodo di fruizione del documento da leggere. Rispetto ai vecchi formati, il flipbook potrà essere arricchito di link ipertestuali, link esterni, immagini sensibili, filmati e tracce audio. La creazione dei flipbook consente, infatti, una fruizione multimediale da parte degli utenti interessati. La realizzazione di flipbook può contribuire in modo non trascurabile al risparmio di risorse interne come carta, toner, tempo del personale impiegato per stampa e rilegatura, tempo del fruitore, tramite l’impiego esclusivo di risorse di personale Ingv. Questo nuovo e moderno modo di fare editoria potrebbe anche essere applicato a tutti gli altri prodotti editoriali dell’Ingv, garantendone così una maggiore visibilità e possibilità di fruizione. Etna e Stromboli sono i due Vulcani della Sicilia la cui attività eruttiva è costantemente monitorata dall’Ingv, mediante una fitta e diffusa rete di stazioni che misurano parametri geofisici e geochimici, elaborazioni di dati satellitari, analisi di laboratorio e sopralluoghi sul posto. Attività di sorveglianza che si intensifica al verificarsi di eruzioni, soprattutto quando coinvolgono le popolazioni residenti. In questi ultimi mesi, a seguito dell’attività eruttiva di Etna e Stromboli, a supportare l’Ingv nelle operazioni di sorveglianza, è intervenuta la Base Aeromobili della Guardia Costiera di Catania. In particolare, nell’ambito delle attività addestrative proprie degli equipaggi di volo, sono stati programmati una serie di voli con elicotteri assegnati al dipendente II Nucleo Aereo G.C., imbarcando personale della sezione Ingv di Catania. I ricercatori così hanno potuto effettuare non solo rilievi termici, mediante telecamera portatile all’infrarosso, ma anche rilievi fotografici dell’attività eruttiva in corso. “L’acquisizione di tale materiale – osserva Eugenio Privitera, Direttore della sezione Ingv di Catania – consente di monitorare lo sviluppo dei campi lavici che si formano nel corso di un’eruzione e l’evoluzione dei sistemi di fratture che potrebbero causare fenomeni di instabilità dei versanti interessati dall’attività eruttiva”. Inoltre i dati acquisiti durante i rilievi in elicottero, integrati con le misure effettuate su terreno e opportunamente elaborati, sono fondamentali per realizzare mappature e stime del volume del materiale emesso durante l’eruzione. Tale collaborazione, frutto di un protocollo d’intesa stipulato a livello nazionale tra il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto e l’Ingv, prevede, in maniera più estesa, la realizzazione di un idoneo sistema di sinergie e di condivisione degli ambiti di comuni interessi, come la tutela dell’ambiente marino e costiero attraverso il telerilevamento, nel rispetto dei principi di ottimizzazione delle risorse pubbliche, dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità. Il Reparto di Volo di Catania, su richiesta specifica dell’Ingv, fornisce anche immagini telerilevate dei siti di interesse geofisico e ambientale delle aree vulcaniche costiere e insulari, grazie a sofisticate apparecchiature di bordo degli aeromobili della Guardia Costiera. L’Ingv, nello svolgimento della sorveglianza sismica e vulcanica del territorio nazionale, opera in regime di Convenzione con il Dipartimento della Protezione Civile, fornendo supporto e consulenza a tutte le Amministrazioni componenti il Servizio Nazionale della Protezione Civile, a cui partecipa attivamente anche la Guardia Costiera italiana. I progetti scientifici Ingv futuri e in esecuzione dall’Anno Domini 2014 raggiungono la quota di novantasei, per il raggiungimento degli obiettivi prioritari nell’ambito delle Scienze della Terra.

© Nicola Facciolini

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