Genova: un déjià vu pieno di rabbia

La mente torna al novembre di tre anni fa, con una citta’ invasa da acqua e fango, auto trascinate dai gorghi e devastazione ovunque. La piena è arrivata questa notte, dopo una pioggia battente che ha fatto tracimare i fiumi, provocando voragini ed un morto, con la tragedia che si è consumata a Borgo Incrociati, […]

genovaLa mente torna al novembre di tre anni fa, con una citta’ invasa da acqua e fango, auto trascinate dai gorghi e devastazione ovunque. La piena è arrivata questa notte, dopo una pioggia battente che ha fatto tracimare i fiumi, provocando voragini ed un morto, con la tragedia che si è consumata a Borgo Incrociati, nell’area di Sant’Agata, ciclicamente soggetta alle piene alluvionali del Bisagno.
Genova è in ginocchio, ancora  una volta ed anche se gli esperti parlano di un’area orograficamente destinata a tali eventi sciagurati, quando ancora la citta’ e’ sommersa, infuriano le polemiche.
L’alluvione che ha travolto Genova “non solo si poteva prevedere, ma noi di Limet l’abbiamo prevista. Attorno a Genova era stata individuata una linea di convergenza, tra i venti di scirocco dal Tirreno e di grecale dalla Pianura Padana, con la formazione di temporali autorigeneranti”, dice irato Achille Pennellatore, previsore Limet, associazione ligure di meteorologia e previsore del centro meteo di Portosole – Sanremo, che lancia un allarme anche per i prossimi giorni.
Il Fereggiano e’ uscito dagli argini poco prima di mezzanotte, poco dopo il Bisagno ed hannom invaso la città, soprattutto Valbisagno, nella zona di via Geirato a Molassana, in piazzale Adriatico, e poi Marassi, Quezzi, San Fruttuoso e Foce devastati mentre a Strula è esondato l’omonimo fiume.

Molti i dispersi, con il dispositivo di soccorso dei vigili del fuoco che e’ stato potenziato con l’invio di sezioni operative dai Comandi di Savona, La Spezia, Firenze e Bologna, ulteriori sezioni sono in arrivo dai Comandi di Pisa e Milano.
Ieri si sono ricordati i 51 anni del disastro del Vajont, ma mezzo secolo non è bastato a guardare oltre.
Renzi ha mandato un messaggio in cui ha scritto “la memoria non basta” , ma noi diciamo che non bastano neanche promesse e parole.
Come ha scritto Luca Aterini la bomba d’acqua che nella notte ha colpito Genova ha di nuovo trovato impreparata la città, ma le difficoltà riscontrate dai modelli previsionali  sono forse l’ultimo dei problemi; poiché da anni, il riscaldamento globale, insieme alla cementificazione e alla minor cura dei terreni che circondano l’agglomerato urbano, hanno portato un aggravarsi delle condizioni del capoluogo e della Liguria tutta.
“La città di Genova per  dissesto idrogeologico credo sia la seconda città più pericolosa d’Europa – spiega Carlo Malgarotto, presidente dell’Ordine dei geologi della Liguria – e dunque il territorio va gestito in maniera diversa. Bisogna ridisegnare il territorio in maniera sostenibile: si potrebbe ad esempio trattenere le acque a monte cercando di diluirle durante il percorso. Non possiamo spostare mezza Liguria ma possiamo invece fare la prevenzione con interventi sostenibili. Da tempo diciamo che c’è la necessità di convocare tavoli istituzionali ma purtroppo questi tavoli non siamo noi che dobbiamo convocarli”.
Insomma, al solito, si parla, si propone ma non si fa nulla, in nessun ambito e in nessun luogo d’Italia.

Il nucleo dell’abitato primitivo è l’oppidum preromano e romano, che sorgeva nelle odierne regioni di Castello, delle Grazie e di Sarzano, sopra un poggio dirupato sul mare, ai piedi del quale un’insenatura offriva un buon ancoraggio (la Genova di Strabone), bastò fino alla unificazione del Regno, quando, con l’incremento della popolazione, Genova divenne il porto più importante dell’Italia e lo sviluppo stradale, il moltiplicarsi e il perfezionarsi  dei mezzi di comunicazione, il risveglio dei commerci, determinato dal progresso dei paesi del retroterra e dall’apertura delle gallerie alpine, che comportarono un ampio sovvertimento del particolarissimo e delicato territorio.
Fino a Domenica, dicono gli esperti, Genova e ditorni sono in pericolo. . Sono infatti ancora possibili fenomeni di intensita’ sostenuta, fino a 50 millimetri di pioggia in un’ora, tra la parte occidentale della provincia di Savona e le Cinque Terre, nello spezzino. E si stanno formando celle temporalesche sul golfo di Genova che poi si spostano velocemente verso la costa e l’entroterra, dove tutt’ora si verificano forti temporali e rovesci.
Famiglia Cristiana rimprovera in non allerta del comune, dopo cinque giorni di pioggia,  ma il sindaco Doria dice che non era il comune a dover allertare, secondo un copione noto con rimpallo di responsabilità.
Ci inquiesta vedere ancora una volta torrenti impazziti pieni di detriti che travolgono cassonetti, auto, vite umane, con bombe d’acqua che gonfiano gli stessi torrenti: il Bisagno e il Rio Fereggiano, gli stessi che esondarono tre anni fa, con ancora morti e dispersi e la gente ai piani alti e sui tetti, la corrente elettrica che viene a mancare, i bambini senza scuola, la procura che apre un fascicolo per omicidio colposo, i sommozzatori alla ricerca di altri corpi e, ancora, soprattutto, motivazioni surreali di chi era preposto ad allertare e non ha allertato.

Come ha scritto Francesco Anfossi: “Passano le giunte, rimangono le alluvioni, puntuali  all’arrivo dell’autunno ligure, da sempre particolarmente piovoso. La cementificazione e la speculazione selvaggia ha privato il corso dei fiumi della vegetazione che rallenta l’accumulo di fanghi e detriti”.
Ma nessuno sembra essere responsabile di questo.
Peppe Ciaridi commentando le parole del sindaco Doria,  dice che sempre in Italia in simili circostanze i sindaci si chiamano fuori, come è accaduto in Sardegna un anno fa, come a Roma ogni qual volta piove (che si chiamino Alemanno o Marino poco importa), come nella stessa Genova tre anni fa quando un altro sindaco, Marta Vincenzi.
Doppo l’alluvione del 4 novembre 2011 la Regione Liguria e il Comune di Genova hanno sviluppato un sistema di allerta all’avanguardia internazionale, con regole precise e una costante comunicazione con i cittadini.
Ma i fatti di ieri e di queste ore dicono che il sistema è  fallito ed i metereologi preposti non hanno capito la gravità della situazione e non c’è stato un avviso della protezione civile nazionale, non c’è stata neanche l’allerta 1, la più debole, di quella Regionale. Alle 23:00 di ieri sera, ad alluvione già in corso, il nastro registrato del numero verde della protezione civile del Comune di Genova recitava “questo numero verde è attivo solo in caso di emergenza di protezione civile”; ma l’emergenza si sta già consumando.
Un Dejia vu o dejia véc per  noi aquilani, una triste realtà per gli italiani.
Pensando a questo mi viene in mente un fenomeno opposto a quella del déjà-vu e cioè le esperienze del “mai visto” (jamais-vu) e del “mai vissuto” (jamais-vécu), nelle quali situazioni ben note, ripetutamente vissute e quindi familiari, vengono percepite come nuove ed estranee e nuove ed impreviste.
Tale abnorme condizione, mnestica ed emotiva  a un tempo, può verificarsi in stati di coscienza alterati (o, come si dice, di eccezione), onirofrenici, schizofrenici, confabulatori, tossici (specialmente da acido lisergico, da mescalina, da psilocibina), o di forte emozione (stress post-traumatico, panico protratto) o, non raramente, epilettici.
Oppure legato ad alcune professioni, evidentemente, per quanto speso si presenta in politici ed amministratori.

Carlo Di Stanislao

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