Lo psicoterapeuta come compagno di viaggio

Lo psicoterapeuta è come un compagno di viaggio: deve saper offrire al suo paziente il ‘diritto a non parlare’, per aiutarlo, nel suo percorso conoscitivo, a ritrovare in sé stesso il senso del proprio esistere. “Questo diritto, riportato nell’alveo della psicoanalisi da James Hillman, riguarda sia la relazione tra parola e silenzio, che il commento […]

Lo psicoterapeuta è come un compagno di viaggio: deve saper offrire al suo paziente il ‘diritto a non parlare’, per aiutarlo, nel suo percorso conoscitivo, a ritrovare in sé stesso il senso del proprio esistere. “Questo diritto, riportato nell’alveo della psicoanalisi da James Hillman, riguarda sia la relazione tra parola e silenzio, che il commento che il terapeuta fa della parola e del silenzio del suo paziente”. Eccolo il tema del prossimo ‘Venerdì culturale’ dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), tenuto da Riccardo Mondo, analista Junghiano, e Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’IdO, l’11 marzo a Roma (dalle 21 in Via Alessandria 128/b) sul tema ‘Riflessioni sul setting. Del diritto a non parlare’.

“Il terapeuta deve permettere alle immagini del paziente di sorgere, per far affluire in modo creativo ciò che sta dentro di lui”, afferma Mondo. Dal rispetto o meno di questo principio dipenderà anche il tipo di terapia che si sceglierà di intraprendere: “Se abbiamo una visione restrittiva e normativa della psicoterapia- prosegue Mondo- tenderemo ad usare l’interpretazione in una direzione prestabilita, che indirizza e ammaestra il paziente e pone il terapeuta in una posizione di autorità che prescrive”.

Sostenendo invece un’approccio terapeutico che guarda all’uomo quale “Anima ricca di doni”, il docente di Psicologia del sogno della Scuola di specializzazione dell’IdO aggiunge: “Il crescente sviluppo dell’area evolutiva nella psicologia junghiana ha permesso di inserire la dimensione del bambino nel setting analitico, e quindi di adottare una visione prospettica temporale dello stesso paziente (sia esso adulto o bambino)”. In questo senso, “la psicoanalisi contemporanea si è arricchita di un’altra componente: l’homo ludens- spiega Mondo- ovvero quell’atteggiamento di apertura creativa nel lavoro clinico che permette al terapeuta di stare in un gioco che si modifica continuamente tramite il paziente”. Tale dinamica trasformativa si richiama alla psicologia archetipica, “che in James Hillman dà predominanza ed evidenza all’importanza dell’immaginazione sancita dal ‘diritto a non parlare’”. Il filosofo statunitense diceva: “Il rischio della psicoterapia è diventare riduttiva e rendere il paziente una carta d i credito carica di informazioni inserite in un corpo consumistico che consuma a sua volta. L’Immaginazione- conclude Mondo- rompe questo schema normativo perché riprende l’aspetto dell’Anima”.

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