Crisi del grano, gli agricoltori: “Fermare import o non seminiamo”

Mercati al ribasso, prezzi dimezzati in soli 365 giorni, import in costante aumento. Va sempre peggio per i produttori italiani di grano che ora lanciano l’ultimatum: ristabilire le classiche quotazioni e riconoscere al frumento Made in Italy il giusto valore, o faremo lo sciopero della semina. L’aut aut arriva dalla conferenza organizzata oggi a Roma […]

Mercati al ribasso, prezzi dimezzati in soli 365 giorni, import in costante aumento. Va sempre peggio per i produttori italiani di grano che ora lanciano l’ultimatum: ristabilire le classiche quotazioni e riconoscere al frumento Made in Italy il giusto valore, o faremo lo sciopero della semina. L’aut aut arriva dalla conferenza organizzata oggi a Roma dalla Cia Agricoltori italiani. “Stop alle importazioni di grano per 15-20 giorni– sostiene Dino Scanavino, presidente Cia- così da ridare fiato agli agricoltori in crisi. In queste condizioni non seminano anche perché ora gli agricoltori producono grano di qualità ma in perdita, circa 17-18 euro al quintale per il frumento duro, molto sotto i costi di produzione. L’Italia ha una forte tradizione cerealicola, difendiamola”.

Secondo la Cia infatti, per il grano si è determinata unasituazione paradossale che ha visto l’immissione nel mercato di ingenti quantità di grano importatoproprio nel periodo della trebbiatura, provocando il tracollo dei prezzi e aumentando a dismisura il già ampio divario tra costo del frumento e prezzo di pane e pasta. “Oggi il raccolto di 6 ettari seminati a grano- prosegue il presidente Cia- basta appena per pagare i contributi di una famiglia media agricola. Le aziende sono oggetto di una speculazione senza precedenti, con sistema industriale e commerciale che impongono ai produttori condizioni inaccettabili. Gli agricoltori- termina- sono costretti a competere con importazioni ‘spregiudicate’ dall’estero (+10% solo nei primi 4 mesi del 2016), da parte di operatori commerciali che stanno svuotando le scorte in condizioni di dumping”.

Scanavino: “Caporalato al contrario contro di noi”

Esiste una forma di capolarato “al contrario, che sfrutta senza motivo il lavoro di migliaia di agricoltori”, attacca il presidente Cia Agricoltori italiani Scanavino. “Non c’è motivo che porti il prezzo del grano duro a 19 euro, di quello tenero a 14-15. Il valore di pasta e pane non è diminuito- sostiene Scanavino- nemmeno quello di semole e farine è diminuito in proporzione al costo del grano. C’è dunque un’evidente speculazione sul lavoro degli agricoltori“.

Il panettiere Bonci: “Gap intollerabile, usiamo farina italiana”

“Oggi 100 chili di frumento valgono quanto 5 chili di pane: un gap intollerabile e contro la logica delle cose. Dobbiamo mangiare sano ed essere bravi a lavorare la farina italiana“. Lo dice il celebre panettiere Gabriele Bonci, romano, nelle vesti di testimonial del pane Made in Italy, oggi alla Cia Agricoltori italiani per la conferenza organizzata per denunciare la crisi del nostro grano. “Ho iniziato che facevo poco più di 100 chilogrammi di pane al giorno- dice Bonci- oggi, dopo tre anni, ne faccio 1.200 nel mio negozio sulla Trionfale”. Come dire, volendo si può. “Tutti i mulini più importanti oggi parlano di pane italiano– prosegue Bonci- perché i contadini non lo fanno? Si può creare commercio e comunicazione attorno a tutto questo. Sto con contadini, ho cominciato così e morirò così”. Questo per gli agricoltori italiani “è un momento tragico perché non hanno più nulla, ma secondo me è anche un momento positivo perché si torna a dare loro voce. Vediamo se il Made in Italy ha successo anche nel campo del pane. Noi- termina- cerchiamo solo idee e collaborazione coi contadini” . (Dire)

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