Assistenza alle persone in fine vita: meno accanimento e più condivisione

Le decisioni terapeutiche e assistenziali nel fine vita sono assolutamente personali e, di conseguenza, devono essere prese individualmente con la massima libertà dalle persone. Anche se la Costituzione afferma che nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario contro la propria volontà, nei fatti l’Italia continua a rimanere molto indietro rispetto ad altri Paesi europei, […]

Le decisioni terapeutiche e assistenziali nel fine vita sono assolutamente personali e, di conseguenza, devono essere prese individualmente con la massima libertà dalle persone. Anche se la Costituzione afferma che nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario contro la propria volontà, nei fatti l’Italia continua a rimanere molto indietro rispetto ad altri Paesi europei, perché non esistono leggi che regolano l’affermazione della volontà della persona in fine vita.

Accanto al vuoto legislativo sul tema, professionisti e organizzazioni sanitarie non dispongono di linee guida recenti e credibili per la gestione clinico-assistenziale di un momento della vita dove, indipendentemente dal setting dove è assistito il paziente (ospedale, domicilio, hospice, ecc.) la cura (cure) deve lasciare il posto all’assistenza (care), nel pieno rispetto di scelte condivise con la persona.

Spesso, anche a causa di pressanti richieste di familiari e caregiver poco informati – affermaNino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – l’assistenza alle persone in fine vita è caratterizzata da interventi diagnostico-terapeutici inappropriati non condivisi con il paziente, sconfinando nell’accanimento terapeutico che non rispetta preferenze e aspettative della persona, peggiora la qualità di vita e consuma preziose risorse.

È indispensabile – continua Cartabellotta – identificare un professionista sanitario responsabile della comunicazione e del processo decisionale condiviso sul fine vita per dare alla persona e ai suoi familiari e caregiver informazioni accurate sulla prognosi, per chiarire ogni incertezza e fornire l’opportunità di discutere eventuali ansie e timori.

In Italia – precisa il Presidente di Fondazione ANT Raffaella Pannuti – ANT assiste a domicilio 4.000 malati di tumore ogni giorno. Questi pazienti necessitano di una presa in carico globale, multi-professionale e personalizzata, che sostenga le famiglie nel far fronte ai bisogni complessi di tipo medico e psico-sociale.

Le linea guida del National Institute for Health and Care Excellence (NICE), disponibili in italiano grazie alla traduzione realizzata congiuntamente da Fondazione GIMBE e Fondazione ANT Italia ONLUS, offrono un approccio sistematico e integrato alla gestione del fine vita nei soggetti adulti: dal riconoscimento della condizione alle strategie di comunicazione, dalle modalità per mantenere l’idratazione alla terapia farmacologica, dalla gestione della sintomatologia (dolore, respiro affannoso, nausea e vomito, ansia, delirium e agitazione, secrezioni respiratorie rumorose), alla prescrizione anticipatoria.

Medici, infermieri, psicologi e tutti i professionisti sanitari che gestiscono persone in fine vita – concludono Cartabellotta e Pannutidovrebbero utilizzare queste linee guida per implementare percorsi assistenziali basati sulle evidenze, personalizzati sui bisogni del paziente e che tengano conto della sostenibilità economica.

Le “Linee guida per l’assistenza agli adulti nel fine vita” sono disponibili al link:
www.evidence.it/finevita

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