Delitto Pasolini, è morto Pino Pelosi

E’ morto Giuseppe ‘Pino’ Pelosi, condannato in via definitiva per l’omicidio di Pier Paolo Pasolini, e’ deceduto nell’hospice Villa Speranza del Policlinico Gemelli di Roma. “L’ultima volta che ho parlato con Pino e’ stato cinque giorni fa, da un annetto stava combattendo contro questo male, si era aggravato negli ultimi due mesi e, benche’ fosse […]

E’ morto Giuseppe ‘Pino’ Pelosi, condannato in via definitiva per l’omicidio di Pier Paolo Pasolini, e’ deceduto nell’hospice Villa Speranza del Policlinico Gemelli di Roma.

“L’ultima volta che ho parlato con Pino e’ stato cinque giorni fa, da un annetto stava combattendo contro questo male, si era aggravato negli ultimi due mesi e, benche’ fosse consapevole del suo stato di salute, ha cercato veramente di combattere in tutto e per tutto. Era talmente convinto di farcela che scherzando ci eravamo anche detti che una volta uscito dall’ospedale saremmo andati ad Ibiza insieme”. A parlare con l’agenzia Dire e’ Alessandro Olivieri, storico difensore di Pino Pelosi.

“Lo seguivo da dieci anni sia per quello che riguardava la vicenda Pasolini, che come tutti sanno e’ stata piu’ volte riaperta, sia per una serie di procedimenti penali che stavamo comunque portando avanti”. Ma lei e’ convinto della sua innocenza? “Assolutamente si’, sono totalmente convinto della sua innocenza- risponde l’avvocato Olivieri- non solo per le informazioni che ho acquisito nella redazione del libro e non soltanto ascoltando Pino, ma anche cercando di suffragarle con altre persone che sono in vita e che comunque hanno potuto dare riscontro a quello che mi veniva raccontato”.

Pier Paolo Pasolini

Racconta l’avvocato: “Io con lui ho scritto un libro e sono fondamentalmente colui che l’ha redatto: la firma e’ di Pelosi ma l’ho scritto io, chiaramente attraverso i suoi racconti. Devo dire la verita’: una parte delle informazioni non sono state date e sono gelosamente custodite in una cassetta di sicurezza per ovvie ragioni, perche’ sono troppo forti. Lui non se l’e’ mai sentita di diffonderle per la paura che qualcuno potesse toccare lui o i suoi familiari. E non nascondo che la stessa paura potrei averla io, perche’ e’ vero che la firma sul libro e i fogli che ho sono a firma di Giuseppe Pelosi, ma e’ anche vero che avendoli io ho sempre il timore che qualcuno possa venire a bussarmi alla porta. Quindi esiste una verita’, la verita’ non e’ morta con Pino Pelosi. Pero’ e’ una verita talmente pesante e difficile da poter raccontare con semplicita’, che vedremo… Mi lascero’ consigliare, parlero’ con i familiari e parlero’ anche con qualche altro collega per vedere come e quando tirar fuori tutto quello che so”.

“Le sue verita’ rimangono da me custodite in una cassetta di sicurezza. Non mi ha dato mai autorizzazione a renderle note perche’ eravamo d’accordo nel pensarci insieme se divulgarle oppure no. Non era facile tirare fuori cose che avresti voluto cancellare. Decideremo io e i suoi familiari se e’ il caso di pubblicarle”.

Ci vuole coraggio a tirarle fuori… Lei e’ coraggioso? “Coraggioso fino a un certo punto, le assicuro che ci sono di mezzo situazioni e persone che non non e’ cosi’ semplice… Nessuno potrebbe darmi colpe che non ho- dice Olivieri- ma effettivamente sono situazioni pesanti che chiunque cercherebbe di non far emergere”.

L’avvocato di Pelosi dice che con il ‘personaggio’ se ne va soprattutto un amico. “Il rapporto tra me e lui nasce come rapporto lavorativo, peraltro anche molto casuale- racconta- io dieci anni fa ero in Tribunale e il suo avvocato non si presento’, cosi’ Pino, visto che ero in aula, mi chiese di difenderlo. Tra noi e’ poi nato un rapporto di amicizia, noi abbiamo aperto una cooperativa insieme, che ha lavorato fino a poco tempo fa, abbiamo scritto un libro insieme, l’ho seguito per una marea di procedimenti penali in tutta Italia, e abbiamo trascorso tanto tanto tempo insieme”. La visione che l’avvocato ha di Pelosi e’ “sicuramente diversa da quella che puo’ avere chi lo conosce solo dai giornali- dice- era una persona buona, altruista, che se vedeva qualcuno in difficolta’ era sempre il primo a offrire il proprio aiuto e io rimanevo stupito da come le persone lo considerassero un angelo. In certe occasioni veniva da ridere a tutti e due. All’epoca dei fatti era un ragazzino ed era rimasto un ragazzino, seppur di 58 anni. Una persona che si era fermata ai 17 anni, la vita lo aveva condannato piu’ del carcere che si era fatto, perche’ lui e’ sempre stato la persona sbagliata al posto sbagliato nel momento sbagliato. Ha pagato pure per quello che non ha fatto: la sua e’ stata una scelta”.

Chi trovera’ alla camera ardente allestita al Gemelli di Roma? “Ci saranno sicuramente tanti amici e tanti tanti giornalisti, con i quali aveva un legame molto forte, cosi’ come con personaggi dello spettacolo. Persone che lo hanno aiutato in tante piccole cose– conclude infine l’avvocato Olivieri- e anche economicamente in momenti difficili”.

 

 

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