Terremoto: Ingv-Cnr: “Quanto durerà? Ce lo dice la crosta terrestre”

Quanto durera’ il terremoto? È una delle domande a cui i ricercatori spesso si trovano a dover far fronte all’inizio di ogni sequenza sismica. Una nuova analisi di repliche (aftershock) dei terremoti ha permesso di dimostrare che gli ambienti estensionali hanno periodi piu’ lunghi e numero di repliche maggiori rispetto agli ambienti compressivi. Lo studio, […]

Quanto durera’ il terremoto? È una delle domande a cui i ricercatori spesso si trovano a dover far fronte all’inizio di ogni sequenza sismica. Una nuova analisi di repliche (aftershock) dei terremoti ha permesso di dimostrare che gli ambienti estensionali hanno periodi piu’ lunghi e numero di repliche maggiori rispetto agli ambienti compressivi. Lo studio, ‘Longer aftershocks duration in extensional tectonic settings’, condotto da un team di ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), dell’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irea), e Sapienza Universita’ di Roma, e’ stato pubblicato su Scientific Reports. “La ricerca”, spiega Carlo Doglioni, presidente dell’Ingv e professore della Sapienza Universita’ di Roma, “dimostra che nelle zone dove la terra si dilata le sequenze sismiche, nonostante abbiano magnitudo mediamente piu’ basse rispetto agli ambienti compressivi, durano piu’ a lungo, poiche’ il volume crostale si muove a favore della forza di gravita’. Le sequenze quindi terminano solamente quando il volume collassato trova un suo nuovo equilibrio gravitazionale”. Viceversa, negli ambienti compressivi, il volume si deve muovere contro la forza di gravita’ e quindi l’energia in grado di continuare a sollevare il tetto delle faglie si esaurisce piu’ rapidamente.

“Da un’analisi comparativa di dieci sequenze sismiche”, afferma Pietro Tizzani, ricercatore Irea- Cnr, “di cui cinque inserite in un contesto tettonico estensionale e cinque in uno compressivo, e’ stato possibile dimostrare che, a prescindere dalla magnitudo dell’evento sismico considerato, i terremoti estensionali durano di piu’ rispetto a quelli che si sviluppano in un ambiente compressivo”. Lo studio spiega perche’ i terremoti dell’Appennino, che sono in buona parte di tipo estensionale, sono seguiti da un corteo di repliche cosi’ imponente e persistente nel tempo. Ad esempio, sono passati 15 mesi dall’inizio della sequenza sismica di Amatrice-Norcia e vi sono state circa 80.000 repliche. Questa chiave di lettura della sismicita’ puo’ avere significative applicazioni nella gestione dell’emergenza post-evento, poiche’ in funzione del tipo di ambiente tettonico si puo’ avere gia’ una stima approssimativa della durata degli aftershock. Inoltre, conferma che l’energia accumulata nei secoli che precedono la rottura cosismica e’ diversa a seconda dell’ambiente tettonico, cioe’ principalmente gravitazionale per quelli estensionali ed elastica per quelli compressivi. “La comprensione dei diversi meccanismi e relative fenomenologie associate ai vari ambienti geodinamici”, conclude Carlo Doglioni, presidente dell’Ingv e professore della Sapienza Universita’ di Roma, “puo’ portare a una piu’ approfondita e utile classificazione dei terremoti, passo indispensabile per arrivare a comprenderne natura ed evoluzione temporale”.

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