Caso don Piccoli: lettera dell’Arcivescovo dell’Aquila

“Insieme ai miei collaboratori, seguo con attenzione gli sviluppi della situazione e attendo con serenita’ le decisioni che gli inquirenti riterranno opportuno prendere. Anche in questa triste situazione, ribadisco la mia salda e motivata fiducia nella Magistratura e nelle Forze dell’Ordine, auspicando che la verita’ emerga rapidamente e nella sua interezza”. Lo scrive, in una […]

“Insieme ai miei collaboratori, seguo con attenzione gli sviluppi della situazione e attendo con serenita’ le decisioni che gli inquirenti riterranno opportuno prendere. Anche in questa triste situazione, ribadisco la mia salda e motivata fiducia nella Magistratura e nelle Forze dell’Ordine, auspicando che la verita’ emerga rapidamente e nella sua interezza”. Lo scrive, in una lettera aperta, l’arcivescovo metropolita dell’Aquila, Giuseppe Petrocchi, commentando la notizia, che vede indagato un parroco che presto’ il suo ministero nell’Aquilano, relativa all’omicidio del sacerdote 92enne Giuseppe Rocco, originario di Barbana d’Istria, trovato cadavere due anni fa nella sua stanza al secondo piano della Casa del Clero di Trieste di via Besenghi.

Inizialmente si era ipotizzata la morte naturale ma poi i risultati del Ris di Parma hanno fatto cadere i sospetti su don Paolo Piccoli, per diversi anni parroco di Pizzoli (L’Aquila). Alcune tracce ematiche rinvenute nella stanza della vittima apparterrebbero, infatti, proprio a don Paolo, che fino a un paio di anni fa viveva nella stessa Casa del Clero, ora incriminato per omicidio volontario aggravato nell’ambito di un’inchiesta che inizialmente lo vedeva solo come testimone. L’udienza preliminare nei confronti del religioso, originario di Verona, e’ stata fissata al prossimo 13 dicembre.

Il presunto colpevole, in quanto alle piccole tracce di sangue trovate sul corpo dell’anziano sacerdote, si sarebbe difeso sostenendo di essere affetto da una malattia dermatologica che gli provocava a volte delle piccole emorragie, anche alle mani, e che il suo sangue si sarebbe potuto propagare sul corpo senza vita di don Rocco perche’ sarebbe stato proprio lui, l’ex parroco di Pizzoli, a impartirne la benedizione nel momento in cui venne trovato morto il religioso 92enne. Don Paolo Piccoli e’ incardinato nel Presbiterio dell’Arcidiocesi dell’Aquila ma da sei anni e’ dimorante fuori dal territorio aquilano. La notizia che lo vede indagato e’ stata colta dall’arcivescovo “Con profondo dolore”.

“Non ho mai avuto modo di incontrare personalmente don Paolo Piccoli, che – con il permesso del mio predecessore, mons. Molinari – dal novembre 2010 ha lasciato questa Comunita’ ecclesiale, per riavvicinarsi al suo ambiente di provenienza”.

“Da quanto mi e’ stato riferito – dice mons. Petrocchi – tale decisione fu presa perche’ le drammatiche difficolta’ post-sisma interferivano negativamente sulle sue gia’ precarie condizioni di salute. Si penso’, di conseguenza, che don Paolo avrebbe potuto curarsi meglio vivendo in un ambiente piu’ tranquillo e prossimo alla sua famiglia. Infatti gia’ da tempo, proprio a causa di seri problemi di salute, era stato posto in stato di ‘Previdenza integrativa’ (quiescenza), nel quadro dei Regolamenti della Cei”.

L’arcivescovo “spera con tutto il cuore che don Paolo Piccoli possa dimostrare la sua estraneita’ ai fatti delittuosi che gli vengono contestati. Da quanto mi risulta, al momento don Paolo Piccoli e’ solo indagato, percio’ – come per ogni altro cittadino – se non viene emanata nei suoi confronti una sentenza di colpevolezza, e’ d’obbligo che gli venga mantenuta la ‘presunzione di innocenza’. Non si tratta di una concessione – osserva l’arcivescovo – ma di un obbligo etico, giuridicamente fondato. Anche il Codice di Diritto Canonico prevede la custodia della ‘buona fama’ (cfr. can. 220). Pertanto, e’ sulla base delle decisioni che verranno prese dalla Magistratura che si decideranno eventuali misure da adottare in ambito ecclesiastico, nella salvaguardia della dignita’ della persona e nella rigorosa applicazione delle normative canoniche.

Per quanto mi riguarda, dichiaro, con l’intera Chiesa Aquilana – prosegue la lettera – la ferma volonta’ di dare ogni apporto perche’ venga fatta giustizia e sia tutelata fino in fondo la legalita’. Tuttavia, proprio perche’ non manchi il rispetto dei fondamentali diritti di ogni uomo e di tutto l’uomo, mi prodighero’ perche’ la Comunita’, ecclesiale e civile, partecipi al severo accertamento dei fatti con coraggio e imparzialita’, ma anche con obiettivita’ e prudenza. Agli inquirenti e ai giudici, dunque, vanno accordate la leale collaborazione e la convinta stima per il prezioso servizio che rendono alla societa’. Occorre poi attendere con onesta’ e pazienza il risultato del loro lavoro, senza precederlo o sostituirlo con indebiti pronunciamenti e umilianti ostracismi, messi in atto da altre Soggettivita’.

Anche in queste complesse circostanze – osserva l’arcivescovo – desidero che prevalga il principio dell’ ‘unicuique suum’, cioe’, l’autentica valutazione e la scelta proporzionata, per cui a ciascuno va dato cio’ che gli spetta: a chi ha sbagliato l’equa punizione; a chi ha agito in modo virtuoso la ricompensa che ha meritato.

Ringrazio di cuore coloro che, attraverso la loro attivita’ giornalistica – dice infine monsignor Petrocchi – contribuiscono a offrire una informazione puntuale e corretta, perche’ la Comunita’ Aquilana possa conoscere le cose come stanno e, sapendo la verita’, sia capace di promuovere efficacemente il bene comune, che e’ bene di tutti e di ciascuno. A ogni fedele, specie in occasione della celebrazione della ‘Perdonanza’, che si svolge durante il Giubileo della Misericordia, assicuro e chiedo una costante preghiera!”.

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