L’Italia delle frodi alimentari

Ogni anno entrano nel nostro Paese prodotti alimentari “clandestini” e “pericolosi” per oltre 2 miliardi di euro: poco meno del 5% della produzione agricola nazionale. Lo ha sottolineato la Cia (Confederazione italiana agricoltori) durante la V Assemblea elettiva nazionale svoltasi a Roma. I sequestri da parte delle autorità competenti italiane nel 2008 sono più che […]

Ogni anno entrano nel nostro Paese prodotti alimentari “clandestini” e “pericolosi” per oltre 2 miliardi di euro: poco meno del 5% della produzione agricola nazionale. Lo ha sottolineato la Cia (Confederazione italiana agricoltori) durante la V Assemblea elettiva nazionale svoltasi a Roma. I sequestri da parte delle autorità competenti italiane nel 2008 sono più che triplicati rispetto all’anno precedente – segnala la Confederazione – e il rischio di portare a tavola cibi “a rischio” e a prezzi “stracciati” è sempre più incombente, avverte. I più colpiti dalle sofisticazioni sono i sughi pronti per la pasta, i pomodori in scatola, il caffé, la pasta, l’olio di oliva, la mozzarella, i formaggi, le conserve alimentari. Ad allarmare di più sono i prodotti che arrivano dalla Cina che, nonostante il calo delle esportazioni ufficiali in Italia nel 2009 (-12%), riesce a far entrare nella Penisola grandi quantità di prodotti che possono mettere a repentaglio la salute, oltre a provocare gravi danni all’economia agricola nazionale, prosegue la Cia. Ma la cosa più grave, precisa, è che in Italia arrivano prodotti alimentari di scadente qualità e soprattutto non sicuri sotto l’aspetto della salubrità. Il 75% degli articoli contraffatti sequestrati nel 2008 in Ue veniva dalla Cina. Oltre che dal gigante asiatico, gli agroalimentari sequestrati provengono per il 14% da Hong Kong e per il 4% da Taiwan. A seguire Svizzera, Repubblica Araba, Turchia, Ucraina, Russia. Le esportazioni cinesi, tuttavia, rappresentano l’elemento più preoccupante. In Italia, in particolare, si registra una vera e propria invasione di derivati del pomodoro (cresciuti di oltre il 130%), di aglio (più del 120%), mele e funghi, verdure in scatola. Tutti prodotti che possono essere facilmente spacciati come made in Italy, proprio per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza.

Carlo Di Stanislao