Berlusconi “ghe pensi lu” e Tremonti bacchettatore

Rientrato dal suo giro americano, riunite le “ammiraglie” di Rai e Mediaset, in un comunicato a “pieno sorriso”, Berlusconi in primo luogo ci rassicura circa l’esito del suo pellegrinaggio (che ci avrebbe fatto guadagnare “un punto di Pil”, mentre oggi i dati ci dicono che in aumento è di fatto la disoccupazione, con il 30% […]

Rientrato dal suo giro americano, riunite le “ammiraglie” di Rai e Mediaset, in un comunicato a “pieno sorriso”, Berlusconi in primo luogo ci rassicura circa l’esito del suo pellegrinaggio (che ci avrebbe fatto guadagnare “un punto di Pil”, mentre oggi i dati ci dicono che in aumento è di fatto la disoccupazione, con il 30% dei giovani a spasso), ma soprattutto dice basta con le polemiche e l’anarchia da 24 luglio (come l’ha definita Ferrara su Il Foglio) dentro alla coalizione di governo e al suo partito: da lunedì si rimette in moto e ci penserà lui (ha usato il più forte e popolare meneghino, con la brambillania affermazione “ghe pensi mi”), a rimettere le cose a posto. “Sono tornato – ha affermato il premier – e adesso mi trovo qui con una situazione italiana che mi pare non precisamente tranquilla, ma da lunedì prenderò decisamente in mano tutti i titoli che sono sul tavolo: dalla manovra finanziaria, alla legge sulle intercettazioni, alle leggi sulla giustizia”. E’ l’immagine del padre in controllo della situazione quella che, anche secondo il Giornale, il premier ha diffuso ieri, ma è un’immagine che non convince nessuno. Lo stesso Feltri, che sappiamo da che parte stia, scrive oggi che date le difficoltà, continue e costanti, “è un miracolo che Berlusconi sia stato in grado di campare fin qui”. Secondo tutti, in realtà, dietro al sorriso del padre accorto e capace, Berlusconi mastica amaro e, sospinto dai falchi del suo partito, ha già programmato una serie di epurazioni e vendette, da perpetrarsi, in primo luogo, verso il presidente della Camera e cofondantore del Pdl, Gianfranco Fini, che ormai ha colmato la misura ed è visto dai berluscones, come un vero e proprio traditore: una quinta colonna che indebolisce partito e governo. Secondo un retroscena pubblicato oggi da Repubblica, il premier avrebbe messo a punto una strategia per arrivare “scientificamente” alla separazione da Fini, proprio sugli emendamenti alla legge bavaglio, che verrebbero sì riformulati, ma in modo da risultare ugualmente indigesti ai deputati finiani. Bocchino, intanto, mostra l’aria che tira in casa finiana dicendo: “Ci pensa lui? Bene”, lasciando intendere che il gruppo è compatto e non intimorito e medita di continuare nella sua direzione. Non può il Berlusconi-papà, quello dei panni vestiti anche qui a L’aquila, subito dopo il sisma, con le lacrime agli occhi e l’annuncio del G8, non prendere atto della realtà: la maggioranza è in grave difficoltà anche per la vinceda Brancher, che divide la Lega e anche Bossi da Berlusconi. Non è escluso che il “neoministro al nulla” (come è stato giustamente chiamato per l’indeterminatezza delle sue deleghe) si dimetta, ma questo davvero non basterà. “Vedo un centro-destra sbandato in un momento delicatissimo per il paese. Un nervosismo che si sta scaricando in affermazioni poco eleganti. Ho letto con imbarazzo da italiano l’intervista di Ghedini. Nessuno può rivolgersi così al presidente della Repubblica nemmeno uno che è avvocato e dice di capire qualcosa di politica”. E’ il segretario del Pd Pier Luigi Bersani a descrivere così il clima dentro la maggioranza e ad attaccare le affermazioni dell’avvocato del premier nei confronti di Napolitano che, siccome non le manda a dire, ha certamente in servbo un qualche richiamo al vetriolo. “I commenti del Quirinale sono assai pregevoli, ma c’è un Parlamento: spetta a quest’ultimo decidere”. Intervistato dal Corriere della Sera, Niccolò Ghedini, deputato Pdl e legale del premier, stamattina ha commentato così le affermazioni del presidente della Repubblica che ieri ha parlato di “punti critici della legge sulle intercettazioni nel testo approvato dal Senato”. “La valutazione del capo dello Stato – ha precisato Ghedini – non è su problemi di natura tecnica. Altrimenti dovrebbe farsi eleggere. La valutazione è sulla costituzionalità. Le ‘criticità tecniche’ esulano dalla sua competenza”. Parole gravi, gravissime e di cui non si potrà non tenere conto nelle sedi opportune e presso la pubblica opinione. Un altro falco doc, l’ex socialista Cicchitto, afferma recisamente che: “è anche possibile, nel Pdl, un divorzio civile e consensuale”, ipotesi pero scartata dai finiani che, per bocca sempre di Bocchino, dicono che cosa certa è “che mai e poi mai lasceremo il partito politico che abbiamo immaginato prima di altri e costruito con passione”. A questo punto il “ghe pensi mi” di Berlusconi, secondo Repubblica, si base su due mosse: prima chiuderei conti con Napolitano, poi l’uppercut a Fini. Quella col capo dello Stato più che una trattativa sulle intercettazioni, sarà solo una “comunicazione”., affidata a Gianni Letta, da giocare in fretta, con un mandato da chiudere lunedì. Ordini chiari: “cambiamenti minimi” li chiama il premier “non accetteremo né tutte le richieste del Quirinale, né tantomeno quelle di Fini”. Sa che sul Colle gli umori contro di lui e sono pessimi per via della legge, ma non solo. C’è il caso Brancher, giudicato ai piani alti della presidenza della Repubblica del tutto incomprensibile, per il pasticcio delle deleghe di cui perfino Bossi s’è lamentato con Napolitano, e per le conseguenze di un ministro divenuto tale solo per fruire del legittimo impedimento e ora, di fronte a una prossima sentenza, già candidato alle dimissioni. E c’è la manovra, dove il capo dello Stato vede margini ridotti per fare delle modifiche visto che Tremonti resiste e rifiuta i tagli. Ma è il grande marasma delle intercettazioni a essere giudicato inaccettabile. Né la più alta carica si rasserena per la promessa di un rinvio del voto a settembre. Vede le continue forzature. Ambiguo il continuo tira e molla tra la minaccia della fiducia e poi la garanzia dei cambiamenti e dello slittamento in aula. Berlusconi è sicuro di se (o meglio ostenta sicurezza) e dice al fido Cicchitto, “di’ ha tutti che ora ho finito di giocare”, lasciando intendere che è disposta a tutto, comprese fratture e elezioni anticipate, pur di ribadire la sua leadership e difendere i ddl che gli interessano, così come le ha pensati. Il fondo resta saldamente nel cuore del 43% degli italiani ed è ancora, fino a sondaggio contrario, “l’unto del signore”, per il Nostro Paese. Non meno polemico ed indispettito il sempre “politicamente scorretto” Giulio Tremonti, che nel pieno della bagarre scatenata dalle Regioni del Sud, dichiara: “Basta con la cialtroneria di chi prende soldi, non li spende, non dà servizi ai cittadini e poi protesta pure”. Strattonato da ogni parte, sottoposto al pressing degli enti locali che non ne vogliono sapere di stringere la cinghia e di avviare una sana gestione del bilancio, il ministro sbotta. Intervenendo all’assemblea della Coldiretti spiega di aver incontrato il commissario per i fondi europei che gli ha tracciato un quadro drammatico dei finanziamenti europei rimasti inutilizzati. Sul banco degli imputati sono soprattutto le Regioni del Sud, quelle che protestano anche con governatori per lo più di area Pel. Per il Mezzogiorno sono state stanziate risorse comunitarie, nel 2007-2013, pari a 44 miliardi. Di questi sono stati spesi solo 3,6 miliardi. Il paradosso è che “mentre cresceva la protesta contro i tagli subiti, aumentavano i capitali non usati. Più il Sud declinava, più i fondi salivano. Questa cosa è di una gravità inaccettabile”. Ma, se il Sud è cialtrone e non sa né spendere né amministrare, che dire allora, come fanno notare da Il Mattino, dei Ministeri che non impiegano che una piccolissima parte (850 milioni) dei 10,4 miliardi che provengono dalla’Europa? Oggi il presidente della Conferenza Stato-Regioni, Vasco Errani, risponde così al ministro Tremonti: “Le regioni che non stanno spendendo bene i fondi europei hanno delle responsabilità loro, così come hanno responsabilità serie gli enti dello Stato pagatori dei progetti delle regioni meridionali”. Prima di tutto secondo Errani “bisogna capire perché queste Regioni non spendono bene”. Poi Errani lancia la proposta di una commissione a costo zero sugli sprechi della Pubblica amministrazione, che “guardi voce per voce, tazebao per tazebao”. “Vogliamo costruire un accordo con il governo ma chiediamo un discorso di equità” reclama Errani e noi aquilani potremmo accodarci chiedendo conto di quanto non speso e a causa di chi nel nostro martoriato territorio.

Carlo Di Stanislao