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Cucina italiana “halal” e quote latte macchiate di verde

Globalizzazione e immigrazione hanno reso sempre più importante la ricerca di prodotti alimentari adatti a un mercato sempre più multietnico, in cui cultura e religioni orientano le scelte nella dieta. La parola araba “halal” significa “lecito” e identifica tutti gli alimenti cucinati e confezionati secondo le norme approvate dal Corano e adatti a un mercato […]

16 Luglio 2010
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Globalizzazione e immigrazione hanno reso sempre più importante la ricerca di prodotti alimentari adatti a un mercato sempre più multietnico, in cui cultura e religioni orientano le scelte nella dieta. La parola araba “halal” significa “lecito” e identifica tutti gli alimenti cucinati e confezionati secondo le norme approvate dal Corano e adatti a un mercato che globalizzazione e immigrazione hanno reso sempre più importante. Le stime infatti, parlano di un giro d’affari di circa 500 miliardi di euro in tutto il mondo, una cinquantina soltanto in Europa e circa cinque nel nostro paese. Ecco allora il motivo del progetto interministeriale “Halal Italia” per un marchio italiano che certifichi alimenti, cosmetici e farmaci prodotti in Italia: sostenuta dai dicasteri dell’Agricoltura, della Salute e degli Esteri, l’iniziativa vuole aiutare il “made in Italy” e i prodotti della nostra tradizione gastronomica a conquistarsi una fetta importante dell’export verso i paesi islamici. «Il progetto nasce da obiettivi di natura economica – è il commento del ministro per le politiche Agricole, Giancarlo Galan – ma la preoccupazione principale è storica e culturale: ricordiamo che il nostro Paese, soprattutto sul fronte culinario, ha intrecci spettacolari con il mondo islamico». In Italia si contano 1,5 milione di persone di fede islamica, in Francia sono 5 milioni e nei paesi del Nord Africa e Medio Oriente salgono a 350. “Più cultura, più dialogo, più confronto – ha concluso Galan – apportano ricchezza e questo progetto va visto anche come un omaggio a tutti gli uomini e le donne di fede musulmana che hanno lavorato in Italia e hanno fatto tantissimo per il nostro Paese”. Peccato che Galan appartenga ad uno schieramento politico tutt’altro che sensibile, nella più parte dei casi, alle diversità etniche e culturali e che ben altro esito ha portato il suo “sconcerto” circa il pagamento (una vera emmorraggia per l’Italia, con 8 milioni di disoccupati ed una manovra da 26 miliardi), delle quote latte alla’Europa. Infatti , la sospensione delle sanzioni fino al 31 dicembre è entrata nel maxiemendamento alla manovra economica, blindato con la fiducia, approvato ieri dal Senato e che sarà, blidato da nuova fiducia, approvato dalla camera il 30 luglio prossimo. I leghisti hanno anche ottenuto che il nuovo testo del provvedimento contenga un esplicito rimando agli «accertamenti in corso», cioè alle indagini condotte dall’Arma dei carabinieri e dall’apposita commissione di indagine sulle quote latte, che darebbero ragione ai dubbi sollevati dagli allevatori sulla legittimità delle multe inflitte per lo sforamento delle quote. Per questo, i senatori della Lega porgono sentiti ringraziamenti al governo e, in particolare, al ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il deus ex macchina della manovra, che ha sempre sostenuto le ragioni dell’emendamento ispirato dal Carroccio. Ha bel dire che il provvedimento è “arrogante ed irresponsabile” il ministro Gala, il leghisti se la ridono e ring raziono quel governo delle contraddizioni confuse di cui Galan fa parte. La vicenda delle quote latte “è l’esempio di un malcostume e di una cattiva politica che contrasta con i valori civili dell’Italia europea, ha scritto  Gianfranco Fini nell’intervento inviato alla presentazione del rapporto di Mario Monti “Una nuova strategia per il mercato unico”. “Non c’è libertà senza legalità”, ammonisce nella sua nota il presidente della Camera, ma la Lega ed il caro (a loro) Tremonti, se la ridono allegramente. D’altra parte Tremonti non può rischiare di infastidire alleati potenti (quelli del Carroccio), da sempre a lui vicini, in un momento in cui rischia, nel caso di un governo di transizione istituzionale, di guidare lo stesso con l’appoggio anche del Pd e sostituire così Berlusconi. L’impresa val bene un po’ di latte e di soldi italiani.

Carlo Di Stanislao

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