Monti: prospettive, regole e sorprese

Se per Roberto Casaleggio, suo braccio destro e regista della comunicazione sul web del Movimento cinque Stelle, Grillo “è come Gesù”, Monti si presenta da Lilli Gruber (Otto e Mezzo, su La 7, ieri sera), come Coriolano: eroe rispettato e temuto sui campi di battaglia, ma del tutto incapace di lisciarsi il popolo e accattivarsi […]

Se per Roberto Casaleggio, suo braccio destro e regista della comunicazione sul web del Movimento cinque Stelle, Grillo “è come Gesù”, Monti si presenta da Lilli Gruber (Otto e Mezzo, su La 7, ieri sera), come Coriolano: eroe rispettato e temuto sui campi di battaglia, ma del tutto incapace di lisciarsi il popolo e accattivarsi la benevolenza dei suoi Tribuni.
Insomma uno che in politica è “salito” (o disceso) controvoglia e solo perché sente che può salvare il Paese. Nel canone shakespeariano, Coriolano è un uomo di poche parole, privo della retorica dei politici e più avvezzo alle armi che ai protocolli della democrazia, un eroe “solo” che non trova posto né nella politica né nella comunità. Non a caso questo “conflitto” interessava tanto Bertolt Brecht che ci ha lasciato un pregnante saggio preparatorio alla messa in scena; mentre per T. S. Eliot, Coriolano è la migliore tragedia di Shakespeare e, per Harold Bloom, il più strano fra i trentanove drammi del grande autore.
E come Coriolano, è uno poco avvezzo alle paludose dialettiche della politica Monti, un combattente di battaglie tecniche ed economiche che, strabigliando la stessa Gruber, dice che se avesse potuto scegliere non l’avrebbe fatto il grande passo, ma aggiunge anche ch, e comunque ora, combatterà fino in fondo in un agone in cui non è in cerca di nemici, ma di persone di destra e di sinistra che abbiano davvero a cuore le sorti della Nazione.
Dice di pensare al futuro dell’Italia e per questo si candida come premier. Immediatamente fa terreno bruciato attorno a tutti i suoi rivali, con un’analisi sulla situazione fiscale del paese: “Guai se per far piacere a qualcuno, chi salirà al governo decida di tagliare le tasse. In questo modo si porta l’Italia al fallimento. Certamente io progetto una riduzione delle tasse su un piano quinquennale ma questa riduzione non va fatta adesso”.
E quando la Gruber gli chiede: “Lei si vede come possibile Ministro dell’Economia? Accetterebbe di ricoprire questo ruolo?”; risponde di no ed aggiunge: “Uno a cui è stato richiesto di fare il Presidente del Consiglio non deve avere paura a dare il suo contributo da un piano più basso, tuttavia mi vi vedo come senatore a vita, ma se mi candido, mi candido come Premier per il bene del Paese”.
Crede che il nostro Paese possa farcela e mentre per il Fondo Monetario Internazionale (FMI) l’Italia si riprenderà solo nel 2017 e la ripresa sarà graduale e lenta, stima che la ripresa ci sarà dal 2013, se il regime fiscale resterà tale, ma slitta al 2014 se qualcuno cambierà tale regime.
Aggiunge insieme fermo e pacato, di non cercare “il voto dei moderati, bensì dai riformisti abbastanza radicali che non hanno contribuito ad un processo paralizzante per l’Italia” ed interrogato sull’IMU, chiarisce che, secondo lui, l’imposta non sarà sempre formulata come adesso, ma la sua funzionalità e la sua entità sicuramente cambierà negli anni a seconda delle necessità del paese. La sua destinazione dovrà essere cambiata ed dovrà rivolgersi ai comuni. Ed annuncia che sarà sicuramente ridotta quando le economie generali lo consentiranno, tuttavia adesso “deve esserci” ed è necessaria per mantenere il paese “in vita”.
Rassicura tutti sul fatto che adesso il baratro è scongiurato e la ripresa nell’eurozona è possibile, ma se avessimo continuato con la politica adottata prima di certo non saremmo adesso vicini alla ripresa. Se, viceversa, questi tagli e questi sacrifici, li avessimo fatti prima “avremmo potuto percorrere il cammino della ripresa molto prima”.
E quando gli vengono mostrati dei dati in base ai quali l’80% degli italiani pensa che abbia aumentato troppo le tasse e il 63% che la sua politica abbia aiutato l’economia e l’occupazione, spiazza tutti affermando che li trova coerenti e chiarendo che : “è la reazione che avrei avuto anche io per un certo punto di vista ma quel che è difficile comprendere per il cittadino è l’effetto nel lungo periodo di queste scelte che sono enormemente vantaggiose rispetto a quelle fatte in precedenza”.
E’ eterodosso, calmo e convincente Monti, che dice di non sapere a quale risultato puntare in queste elezioni, ma di sperare nel maggiore che si attesta, secondo i sondaggi, sul 25%.
Non gli vengono poste domande sulla auspicabile vendita delle frequenze televisive, sulla non dismissione ma su una corretta amministrazione del patrimonio pubblico in modo che renda di più (dagli edifici alle aziende), sulla adozione di una solida politica ambientale, basata su energie rinnovabili, riciclo dei rifiuti e gestione dell’acqua nonché sulla prevenzione del rischio sismico con delle misure ad hoc per gli edifici.
Ma sono argomenti che magari tenuti di riserva dalla Gruber, che si è già candidata per un confronto a tre con Berlusconi e Bersani.
Non ride molto Mario Monti che, anche su twitter, esortato da Paolo Iabichino che gli scrive: “Riesce a farcelo un sorriso almeno qui…?”, usa alcune faccine, per poi tornare subito serio nel dire: “In soli 13 mesi abbiamo dimostrato quanto si potrà fare nei prossimi 5 anni’, invitando tutti a leggere e le proposte della sua agenda su ’”agenda-monti.it’’ e definendole proposte serie e concrete su: lavoro, lotta alla criminalità, ruolo delle donne’’.
Un’altra cosa che Monti ha detto ieri in modo chiaro alla Gruber, è che si è accorto che si può governare solo con un parlamento di persone che davvero vogliono le riforme e che si è trovato sbarramenti, a destra e sinistra, sulla riforma elettorale, l’abolizione delle province, la riduzione del numero dei parlamentari, i tagli significativi ai costi della casta, la riforma degli ordini professionali, le liberalizzazioni.
Monti ha avuto il via libera solo quando si è trattato di intervenire sulle pensioni, sull’aumento della pressione fiscale, sui tagli delle risorse allo stato sociale.
Ogni volta che i provvedimenti hanno riguardato corporazioni, come i farmacisti, tagli ai costi  della macchina politico-istituzionale, interventi sostanziali contro la casta e riforme, come quella elettorale, il ceto politico ha fatto resistenza.
Insomma, nonostante i suoi sforzi, la casta ha resistito.
Inoltre, la vittoria di Bersani alle primarie del PD ha consentito a Berlusconi di ritornare in campo. Se avesse vinto Renzi gli scenari politici sarebbero radicalmente cambiati anche nel centro-destra. Il ceto politico che resiste da vent’anni e che ha determinato il sostanziale fallimento della II repubblica non aveva scampo. Ce lo ritroveremo invece in buona parte in parlamento.
Renzi, che veniva osservato con simpatia anche da una parte non irrilevante dell’elettorato di centro-destra, ha perso soprattutto al sud per due motivi: sul piano locale non ha trovato interpreti autorevoli della sua proposta politica ed il ceto politico catto-comunista, che ha in mano il potere costruito con una inestricabile ragnatela politica-clientelare-affaristica, ha fatto quadrato, terrorizzato dall’idea del rinnovamento.
La Bindi e la Finocchiaro sono state catapultate l’una in Calabria e l’altra in Puglia, evidentemente al nord o nei loro collegi le avrebbero preso a pernacchie. Il Sud si conferma che l’area del Paese più arretrata, più colonizzata, più controllata socialmente, più incapace di svincolarsi dalla tutela del sistema di potere imperante.
Se non ci fosse la novità dell’agenda Monti assisteremmo nuovamente all’ennesima campagna elettorale tra Berlusconi ed un esponente del centro-sinistra in odore di vittoria, come Occhetto o Prodi.
Monti propone l’archiviazione della dicotomia destra-sinistra superata dalla storia e dalle sfide dei tempi, con uno scontro che è tra i conservatori del vecchio sistema, dei vecchi privilegi, dei vecchi equilibri corporativi e coloro che vogliono traghettare l’Italia nella terza repubblica con spirito europeistico, liberale e riformatore.
Il suo obiettivo dichiarato è quello di attrarre gli innovatori delle due parti contrapposte isolando la sinistra libertaria e post-comunista ed i populisti-demagoghi del centro-destra.
Una impresa difficile nel breve periodo, anche perché all’ombra del montismo si sta riciclando ancora una volta una parte della classe politica fallita e fallimentare.
Come molti, seguirò con molto attenzione la formazione delle liste di “Con Monti per l’Italia” e vedrò, attraverso i nomi scelti, se è vero ciò che ha detto dalla Gruber ieri sera: “La mia ambizione è favorire un parto, con la maieutica, che faccia nascere una creatura che assomigli poco alla vecchia politica e spero sia qualcosa di attraente per i cittadini e coinvolga il loro impegno”; con l’obbiettivo, molto chiaro, . di ottenere un Monti bis con il quale proseguire il “progetto che in un anno non può far vedere i suoi effetti positivi”.
Sempre ieri, il Professore aveva fatto crescere la suspense prima di presentare il proprio simbolo elettorale arrivando all’Hotel Plaza con oltre mezz’ora di ritardo.
Poi il logo è stato scoperto: sfondo bianco e un contorno blu; scritta grigia “Scelta Civica”; un tricolore stilizzato e lo slogan “Con Monti per l’Italia”. Telegraficamente il premier ha spiegato cosa c’è “dietro” al simbolo: “Ci sarà una lista della società civile senza parlamentari, una dell’Udc (immagino col nome di Casini), una di Fli (immagino col nome Fini)”; precisando che il simbolo per il Senato sarà identico ma senza la dicitura: “Scelta civica”.
Ma ha anche aggiunto che “dietro”, soprattutto, c’è una scelta di rigore, con criteri di candidabilità ai quali saranno tenuti tutti e senza distinzione di lista. Criteri che “saranno più esigenti rispetto a quelli attuali sulla candidabilità”, ha assicurato il Professore, e riguarderanno – senza la possibilità di alcuna deroga – condanne e processi in corso, conflitto di interesse e il codice deontologico antimafia. Per quanto riguarda invece i limiti legati all’attività parlamentare pregressa, ha concesso un massimo di due deroghe per ciascuna lista.
Appaiono sospesi nel mezzo del guado i parlamentari di Pd e Pdl che per dare il proprio appoggio a Monti hanno abbandonato la “casa madre”. Per loro inizia la corsa per prendere parte al listone unico del Senato: i posti sono pochi ed il numero di pretendenti si allarga sempre di più. Tra l’altro, Monti, Casini, Fini ed i rappresentanti delle associazioni devono ancora stabilire le proprie quote nel listone di Palazzo Madama.
“Entrerà chi dimostrerà di saper portare voti e contribuire al progetto. Non basta dire di aver abbandonato il proprio partito anche perché spesso si tratta di qualcuno che era stato già tagliato dai suoi», spiega chi sta lavorando proprio al vaglio delle candidature.
Intanto, Pier Luigi Bersani proprio per non essere sorpreso dall’offensiva di Monti, ha richiamato Matteo Renzi: una “riserva nobile” che può fungere da argine a destra alle “tentazioni” del professore e magari andare anche al contrattacco. Berlusconi, invece, proseguendo la sua offensiva mediatica, accusa il governo tecnico di avere portato ad una “maggiore criminalità per colpa della politica di austerità”. Accusa a cui Monti non risponde anche se assicura che gradualmente la pressione fiscale (che ammette “eccessiva”) calerà. Ciò su cui, invece, resta male è la richiesta avanzata dal Cavaliere delle sue dimissioni da senatore a vita: “ma davvero lo ha chiesto?”, si sorprende dalla Gruber.

Carlo Di Stanislao

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