Napoli, fondi distratti a Camera di Commercio: arrestato presidente Unimpresa

Associazione per delinquere e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, dirottandole a vantaggio proprio o di società a loro riconducibili. Sono questi i reati contestati dal nucleo di polizia tributaria di Napoli a tre dirigenti della Camera di Commercio di Napoli posti agli arresti domiciliari: Paolo Longobardi, presidente di Unimpresa, Raffaele Ottaviano, presidente di Unimpresa Napoli e Vincenzo […]

Associazione per delinquere e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, dirottandole a vantaggio proprio o di società a loro riconducibili. Sono questi i reati contestati dal nucleo di polizia tributaria di Napoli a tre dirigenti della Camera di Commercio di Napoli posti agli arresti domiciliari: Paolo Longobardi, presidente di Unimpresa, Raffaele Ottaviano, presidente di Unimpresa Napoli e Vincenzo Longobardi, figlio di Paolo e componente della Giunta della Camera di Commercio di Napoli. Il Nucleo di Polizia tributaria di Napoli ha eseguito un’ordinanza impositiva degli arresti domiciliari e un decreto di sequestro preventivo per equivalente di 1,2 milioni di euro, eseguito nei confronti anche di altri 4 indagati. L’indagine coordinata dall’aggiunto Alfonso d’Avino, a avviata dalla Corte dei Conti della Campania, ha preso in esame le spese apparentemente legate a 60 progetti di pubblico interesse per la tutela dei mercati e dei consumatori o la promozione di artigianato.

Tra queste “La egalità’ come investimento della promozione dello sviluppo territoriale”, “La tutela alimentare”, “zeppola di San Giuseppe – riconoscimento di prodotto tipico napoletano”, “Il codice per la legalità delle piccole e medie imprese”, “I costi dell’illegalità e la lotta alla criminalità organizzata”. Progetti mai iniziati e portati a termine. Tuttavia per questi progetti è stata presentata una documentazione che giustificasse i contributi percepiti, per i pm falsa, mentre gli stanziamenti dell’ente camerale erano dirottati direttamente a vantaggio degli indagati o a società loro riconducibili. A dimostrazione “della natura assolutamente fittizia dei progetti, costruiti solo cartolarmente – scrive il procuratore aggiunto Alfonso D’Avino – sono state falsificate le firme sulle ricevute di pagamento per prestazioni o collaborazioni rese da terzi, sono state emesse fatture per operazioni inesistenti, sono stati redatti rendiconti non veritieri, è stato dichiarato fittiziamente di aver aperto sportelli informativi presso alcuni Comuni, sono stati presentati piani finanziari identici per più progetti, sono stati chiesti contributi per pubblicazioni in realtà già realizzate o per nuove edizioni mai pubblicate, sono stati allegati ai rendiconti assegni utilizzati per l’acquisto di beni o servizi che nulla avevano a che fare con il progetto finanziario”. E’ stata riscontrata inoltre “l’assoluta assenza dei controlli svolti dalle competenti strutture o, addirittura, la consapevole complicità di alcuni infedeli dipendenti camerali”.