Il conflitto in Medio Oriente è arrivato al giorno 624. Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha annunciato che Saeed Izadi, capo della divisione palestinese della Forza Quds del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica, è stato ucciso in un attacco israeliano a un appartamento nella città iraniana di Qom. Secondo Katz, Izadi «ha finanziato e armato Hamas prima del massacro del 7 ottobre».
Intanto, dai colloqui di Ginevra emergono segnali di apertura da parte di Teheran sul dossier nucleare. Venerdì il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha detto dopo l’incontro con i rappresentanti di Francia, Germania, Gran Bretagna (il cosiddetto gruppo E3) e l’alto rappresentante Ue Josep Borrell che «Teheran è disponibile a proseguire il dialogo con l’Ue». Gli ayatollah sembrerebbero disposti a negoziare «limiti» al programma di arricchimento dell’uranio, mentre la proposta europea include anche la sospensione del sostegno militare iraniano alla Russia e ai gruppi considerati terroristi, come Hamas.
Sul fronte americano, il presidente Donald Trump ha espresso scetticismo: «È improbabile che gli europei possano essere d’aiuto nel porre fine alla guerra, difficile chiedere a Israele di fermare i raid sull’Iran mentre vince». Trump ha aggiunto che serviranno al massimo due settimane per decidere un eventuale intervento diretto.
La direttrice della National Intelligence degli Stati Uniti ha corretto il tiro dopo le critiche di Trump: «L’America ha informazioni di intelligence che l’Iran è al punto di poter produrre un’arma nucleare entro poche settimane o mesi, se decide di finalizzare l’assemblaggio. Il presidente è stato chiaro che non può accadere, e sono d’accordo».
Infine, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha avvertito che il suo Paese «eliminerà la minaccia del nucleare iraniano con o senza gli Usa».