All’Aja i capi di Stato e di governo della Nato hanno confermato l’impegno alla difesa collettiva sancito dall’articolo 5 del Trattato di Washington: “un attacco a uno, è un attacco a tutti”. Nel documento conclusivo del vertice, gli Alleati hanno convenuto di portare entro il 2035 la spesa militare al 5% del Pil, includendo anche i contributi diretti alla difesa dell’Ucraina.
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha salutato come “un grande successo” l’accordo sul bilancio: “La Nato sarà molto forte con noi, quando c’era Biden era tutto morto”. In un messaggio pubblicato su Truth, Trump ha inoltre minacciato sanzioni aggiuntive contro la Spagna, colpevole, a suo dire, di non onorare la propria quota: “E’ terribile quello che ha fatto Madrid, si rifiuta di pagare la sua quota, faremo pagare alla Spagna il doppio dell’accordo sui dazi”.
Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha sottolineato l’importanza del nuovo piano di investimenti: “E’ stato concordato un piano di investimenti che alimenterà un salto di qualità nella difesa collettiva. Gli alleati potenzieranno le nostre industrie della difesa, il che non solo aumenterà la nostra sicurezza, ma creerà anche posti di lavoro”. Rutte ha riconosciuto le difficoltà politiche nel reperire le risorse aggiuntive: “aggiungeremo migliaia di miliardi alle spese per la difesa ma ovviamente i Paesi devono trovare i fondi. Non è facile, sono decisioni politiche. […] data la minaccia russa e la situazione della sicurezza internazionale, non ci sia alternativa”.
In rappresentanza dell’Italia, il premier Giorgia Meloni ha definito le nuove spese “necessarie per rafforzare la nostra difesa e la nostra sicurezza” e ha assicurato: “Non toglieremo nemmeno un euro dalle priorità del governo e dei cittadini italiani”. Riguardo all’Ucraina, ha ribadito la volontà di proseguire “gli sforzi per garantire una pace duratura a Kiev” e ha confermato che l’Italia intende evitare l’uso della clausola di salvaguardia del Patto di Stabilità per il 2026.
Il primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, ha rivendicato il rigore di Madrid, che destina al 2,1% del Pil le spese militari: “Vincono la Nato e la Spagna”, ha detto, e “le Forze Armate” avrebbero garantito che il paese può “rispettare gli impegni con la Nato” pur mantenendo la spesa sotto il target del 5%.
Dal Regno Unito, il premier Keir Starmer ha elogiato la determinazione collettiva a intensificare la pressione su Mosca per un “cessate il fuoco senza condizioni” e ha ribadito la continuità del sostegno a Kiev, nonostante nel documento finale non figurasse una condanna esplicita dell’invasione russa.
Tra gli altri interventi, il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha definito il summit “storico” per la decisione di aumentare la quota di bilancio alla difesa, mentre il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha evidenziato la flessibilità sulle scadenze: “C’è l’obbligo di rispettare l’obiettivo, non le tappe temporali”. Il premier ungherese Viktor Orbán ha invece messo in dubbio il metodo di calcolo dei bilanci Ue e ha minimizzato la minaccia russa, sostenendo che “la Russia non è forte abbastanza per rappresentare una minaccia alla Nato”.
Il vertice dell’Aja consolida così il cosiddetto “patto implicito” tra gli alleati, basato sulla convinta adesione degli Stati Uniti all’articolo 5 e sulla crescita dei bilanci nazionali di difesa, a fronte delle sfide poste da Mosca e dal terrorismo.