Chef francesi di rilievo mettono in guardia: la cucina nazionale è a rischio

La Francia, Paese leader per numero di stelle Michelin, vive oggi un momento di preoccupazione per il futuro della propria tradizione gastronomica. Se durante le Olimpiadi di Parigi il mondo ha celebrato l’arte di vivere francese e i suoi raffinati banchetti, dietro le luci dei riflettori si nasconde il rischio di vedere numerosi ristoranti costretti […]

La Francia, Paese leader per numero di stelle Michelin, vive oggi un momento di preoccupazione per il futuro della propria tradizione gastronomica. Se durante le Olimpiadi di Parigi il mondo ha celebrato l’arte di vivere francese e i suoi raffinati banchetti, dietro le luci dei riflettori si nasconde il rischio di vedere numerosi ristoranti costretti a chiudere.

Un gruppo di cinquanta chef di primo piano, tra cui Alain Ducasse, Yannick Alléno, Hélène Darroze e Thierry Marx, ha rivolto un appello alle istituzioni. Nella loro richiesta, i cuochi denunciano un progressivo disinteresse politico verso un settore definito «eccezione culturale» al pari di musica e cinema. Rivendicano interventi mirati per attrarre nuovi talenti, rafforzare l’educazione alimentare nelle scuole e diffondere fin dall’infanzia una vera “cultura del gusto”.

Secondo i firmatari, la gastronomia non è un lusso ma un bene comune, riconosciuto patrimonio culturale immateriale dall’UNESCO nel 2010. Essa sostiene un intero ecosistema ­– produttori, allevatori, viticoltori, artigiani, cuochi, sommelier e operatori di sala – con un rapporto tra addetti e ospiti che spesso rasenta l’uno a uno. Nonostante i continui investimenti in innovazione, transizione ecologica e condizioni di lavoro, il comparto si trova schiacciato da norme complesse, oneri fiscali, tagli ai sussidi e dalla concorrenza del cibo industriale.

Gli chef puntano il dito su misure recenti che gravano ulteriormente sul settore: il tetto al “bonus Macron” destinato ai dipendenti, la riduzione dei sussidi per l’apprendistato e la nuova tassazione sulle mance. Chiedono di riaprire il dibattito sul “fatto in casa”, distinguere chiaramente le produzioni artigianali da quelle industriali e definire un quadro normativo capace di premiare qualità e impegno.

“Noi, appassionati rappresentanti della cucina d’autore, siamo un’eccezione. – si legge nella nota degli chef – Quale altro settore, se non la gastronomia, riunisce così tante competenze, quella di eccellenti produttori e allevatori, quella di viticoltori, artigiani della tavola e della decorazione, quella di cuochi, pasticceri, sommelier e personale di sala altamente qualificato? Quale altro settore impiega così tanti lavoratori per servire i propri ospiti, con un rapporto che spesso si avvicina a un dipendente per cliente? Quale altra professione produce una tale raffinatezza con margini così bassi?”

Con questo appello, i cuochi francesi esortano il governo a riconoscere il valore strategico della gastronomia per l’identità nazionale e per l’economia del Paese. Salvare la cucina francese, concludono, significa preservare un capitolo essenziale della cultura collettiva.