Dal 25 luglio al 10 agosto Milano ospita i playoff della Libyan Premier League, una fase finale giocata in tre partite ogni quattro giorni tra Arena Civica–Gianni Brera e alcuni impianti dei comuni limitrofi, tra cui Sesto San Giovanni. Gli incontri si svolgono a porte in larga parte chiuse, con la sola eccezione di una delegazione di venti tifosi per squadra giunta dalla Libia.
L’iniziativa rientra nel Piano Mattei e si basa su un accordo firmato il 7 maggio 2024, durante la visita a Tripoli del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, accompagnata dal ministro dello Sport Andrea Abodi. Grande sponsor della “Final Six” è la Tamoil, la compagnia petrolifera di Stato libica già apparsa sulle maglie di Atalanta e Juventus.
L’operazione punta anzitutto a rafforzare i legami economici e politici: la Libia, insieme all’Algeria, è tra i principali fornitori di petrolio per l’Italia, coprendo il 21,5% delle importazioni nazionali e avendo fornito 2.156.000 tonnellate nei primi due mesi del 2025. Eventi del genere mirano a prevenire tensioni simili a quelle dello scorso agosto, quando il generale Khalifa Haftar fermò la produzione nell’Est del Paese, causando un aumento dei prezzi e ripercussioni sul mercato italiano.
Questa non è la prima circostanza in cui il rapporto calcistico tra Italia e Libia assume valenza diplomatica. Nel 2002 la Supercoppa italiana fu disputata a Tripoli: di fronte a Parma e Juventus, decise una doppietta di Del Piero, mentre Saadi Gheddafi, figlio del colonnello e primo sponsor dell’iniziativa, festeggiò insieme a Nedved e Birindelli. A 23 anni di distanza, il rapporto si è ribaltato: oggi è la Libia a portare in Italia le fasi decisive del proprio campionato.
Anche le questioni legate alle presenze al seguito hanno influenzato la composizione delle squadre ammesse. L’Al Nasr di Bengasi, gestita dal figlio di Haftar e campione uscente, è stata estromessa all’ultimo turno, evitando il ripetersi degli imbarazzi dell’anno scorso: nel 2024 fu montato un podio allo Stadio dei Marmi di Roma alla presenza dei ministri Tajani e Abodi, ma la squadra di Haftar declinò la cerimonia, costringendo un magazziniere a consegnare il trofeo nel parcheggio.
Alla lista delle assenze si aggiunge quella di Abdel Ghani al Kikli, detto “Ghnewa”, capo di una delle più potenti milizie di Tripoli, vittima di un agguato mortale attribuito a uomini vicini all’ex premier Abdelhamid Dabaiba. Lo scorso anno era arrivato in Italia come patron dell’Al-Ahly Tripoli, nonostante fosse indagato per crimini contro l’umanità.
In Italia l’evento è gestito con prudenza. «Se non arriva il via libera, non si fa nulla. Ci sta lavorando il nostro consigliere diplomatico», ha detto Abodi al Foglio. «Non sappiamo nulla e comunque non siamo nemmeno noi gli organizzatori», ha replicato la FIGC, precisando di limitarsi a reperire gli arbitri e omologare i risultati. L’onere logistico è affidato alla Sport Global Management, società con sede a Ginevra guidata dall’ex procuratore di Paul Pogba Gaël Mahé.
Le difficoltà organizzative non sono una novità: nella stagione 2023-2024 la Federcalcio libica fu inizialmente illusa da promesse di finali all’Olimpico o al Viola Park, per poi accontentarsi di impianti minori come il Bonolis di Teramo. Alla fine il torneo si spostò tra Avellino, L’Aquila e Teramo, con reclami sulle strutture alberghiere. Oggi, invece, in Libia si parla di un evento «storico ed eccitante»: il piccolo Asswehly di Misurata ha festeggiato l’accesso ai playoff con un «Ciao Italia» sui social, corredato da un fotomontaggio dei giocatori in partenza per il Belpaese.