Martina Oppelli, 50enne triestina da oltre vent’anni malata di sclerosi multipla, è deceduta in Svizzera questa mattina dopo aver potuto accedere al suicidio medicalmente assistito. A darne notizia è l’associazione Luca Coscioni.
La donna aveva ricevuto per tre volte un diniego da parte dell’Azienda sanitaria universitaria giuliano-isonstina (Asugi) alla richiesta di verifica delle condizioni necessarie per il suicidio assistito. Il rifiuto dell’Asugi si basava sul fatto che Oppelli “non era sottoposta ad alcun trattamento di sostegno vitale, nonostante la completa dipendenza dall’assistenza continuativa dei caregiver e da presidi medici (farmaci, catetere e macchina della tosse)”. Il terzo no era arrivato il 4 giugno.
Il 19 giugno, assistita dal team legale coordinato da Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale della Luca Coscioni, Oppelli ha impugnato il diniego con un’opposizione formale, supportata da una diffida e messa in mora nei confronti dell’azienda sanitaria. In seguito alla diffida, la commissione medica ha avviato un’ulteriore valutazione. Tuttavia, “le sofferenze non erano in alcun modo tollerabili” e la paziente, secondo l’associazione, “ha deciso di andare in Svizzera per accedere all’aiuto alla morte volontaria perché era impossibile per lei attendere altro tempo per una risposta”. A sostenerla nel viaggio sono stati Claudio Stellari e Matteo D’Angelo, iscritti a Soccorso Civile, associazione per le disobbedienze civili sul fine vita di cui Marco Cappato è rappresentante legale. Altre 31 persone hanno fornito aiuto logistico ed economico, i cui nomi saranno resi noti dalla Luca Coscioni.
In un video registrato in Svizzera prima di morire, Oppelli ha rivolto un ultimo appello al legislatore italiano:
“Il mio appello per una legge in Italia è finito nel vuoto. Ogni dolore è assoluto e va rispettato, fate una legge sensata.”
Nel filmato la donna ha ricordato i tentativi di ottenere il suicidio assistito in Italia:
“Ormai due anni fa mi appellai alla sentenza Cappato per poter accedere al cosiddetto suicidio assistito presso l’azienda sanitaria della mia Regione. Per ben tre volte mi è stato negato, benché io ne avessi il diritto, ma chissà, forse non abbastanza. Io non ho tempo per aspettare un quarto diniego, ma anche se fosse un assenso io ero allo stremo delle mie forze. Sono in Svizzera, sì, forse una fuga direte voi, no, è un ultimo viaggio.”
Oppelli ha poi sottolineato la necessità di non costringere altri pazienti a procedure estenuanti all’estero:
“Perché dobbiamo andare all’estero, perché dobbiamo pagare, anche affrontare dei viaggi assurdi? […] Io non voglio che questo iter si ripeta per altre persone, non potete rimandarci sempre a settembre, perché ci sono urgenze più grandi. Ogni microcosmo ha un proprio dolore e ogni dolore è assoluto nel momento in cui viene vissuto e va rispettato.”
Infine, ha ribadito l’urgenza di una legge sul fine vita:
“Fate una legge che abbia un senso, una legge che tenga conto di ogni dolore possibile, che ci siano dei limiti, delle verifiche, ma non potete fare attendere due, tre anni prima di prendere una decisione. […] Io non sono una macchina, sono un essere umano. Adesso desidero morire dignitosamente. Mettiamo da parte le diatribe politiche, perché non esiste destra o sinistra o centro, siamo tutti esseri umani.”