Nel deserto del Karakum, a metà strada tra Ashgabat e Dashoguz, si apre dalla fine degli anni Settanta un cratere di 70 metri di diametro e 20 metri di profondità che ha ingoiato gas naturale e lo ha restituito in un continuo “sputo di fiamme”. Nato per errore nel 1971, quando geologi sovietici scavarono alla ricerca di petrolio e si imbatterono in un vasto giacimento gassoso, il fuoco acceso per evitare il propagarsi delle esalazioni non si è mai spento, dando vita a quello che oggi è noto come “Porta dell’inferno” o “bagliore di Karakum”.
Il nome deriva dal vicino villaggio di Derweze (“porta” in turkmeno), le cui comunità seminomadi Tekke scelsero l’appellativo dopo aver osservato le alte fiamme arancioni e avvertito l’odore nauseabondo della combustione. Col tempo il cratere è diventato l’unica grande attrazione turistica del Turkmenistan, richiamando fino a 10mila visitatori curiosi di assistere al bagliore notturno. Il governo ha provato a promuoverlo anche con il più amichevole marchio “bagliore del Karakum”, senza però cambiarne la fama macabra.
Sul sito i rapporti con la famiglia Berdymukhamedov sono sempre stati ambivalenti. L’ex presidente Gurbanguly tentò già nel 2010 di chiudere la voragine e sfruttò la Porta per coreografie di propaganda: celebre il video del 2019 in cui guidava una 4×4 nei pressi del cratere per smentire voci sulla propria morte. Nel 2022, alla sua successione da parte del figlio Serdar, permanevano invece solo poche dichiarazioni d’intenti.
Oggi però, dopo 54 anni di fiamme, l’incendio è ormai ridotto a una brace che non catalizza più l’attenzione come un tempo. Dal dicembre 2024 due nuovi pozzi hanno incrementato l’estrazione di gas naturale nella zona, sottraendo combustibile al cratere e diminuendo l’intensità delle fiamme di oltre tre volte rispetto al 2013. Mentre le torce un tempo visibili a decine di chilometri sono ora percepibili soltanto nei paraggi, il governo ha confermato la decisione di spegnere definitivamente il cratere.
Dietro la scelta si mescolano ragioni economiche e ambientali. Il Turkmenistan detiene il record mondiale per emissioni di metano, come ha confermato nel 2024 anche l’Agenzia Internazionale per l’Energia. Inoltre, come dichiarò Gurbanguly Berdymukhamedov nel 2022: “Si stanno perdendo materie prime preziose. La loro esportazione potrebbe generare profitti significativi e contribuire al benessere della nostra popolazione”. L’operazione di chiusura, tuttavia, presenta ostacoli tecnici: per uno specialista anonimo di Turkmengaz, “I giacimenti di idrocarburi del Karakum sono caratterizzati dalla presenza di un gran numero di strati sottili, intervallati da strati più densi contenenti acqua. La lunga combustione del cratere è spiegata dall’interazione di questi molteplici strati che rendono complicato controllarne il flusso”.
Con il progressivo esaurimento del gas, gli esperti prevedono comunque che l’incendio si estinguerà spontaneamente nel breve termine. Il Turkmenistan si prepara dunque a dire addio a uno dei suoi simboli più emblematici, sostituendo l’attrazione del cratere con un’offerta urbana basata sull’architettura monumentale. Ashgabat vanta già il maggior numero di fontane in uno spazio pubblico, compresa la celebre Fontana di Ashgabat con 27 giochi d’acqua sincronizzati, la ruota panoramica al coperto più grande del mondo alta quasi 50 metri e il più vasto edificio stellare in vetro, sede della televisione nazionale. Quel che resta della “Porta dell’inferno” rischia così di diventare un ricordo, mentre il governo punta a riempire il vuoto turistico con nuovi primati urbanistici.