A Tel Aviv un sacerdote veneziano di Pax Christi, don Ferdinando Capovilla, è stato trattenuto per sette ore dalle autorità israeliane con un “diniego di ingresso” motivato da presunti rischi per “la pubblica sicurezza o in considerazione dell’ordine pubblico”. Il religioso era diretto a Gerusalemme insieme a un gruppo di pellegrini per un viaggio di preghiera.
Al termine dell’attesa, le autorità hanno restituito a don Capovilla valigia e cellulare e lo hanno imbarcato su un volo in partenza per la Grecia, costringendolo così a lasciare il Paese. I compagni di viaggio, tra cui mons. Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi, hanno invece proseguito verso Gerusalemme.
Attraverso i suoi profili social, il sacerdote ha confermato di stare bene e ha condiviso alcuni commenti sulla sua esperienza:
“Sono libero! Mi hanno fatto uscire ora. Restituito cellulare e valigia. Tutto bene. Aspetto che se ne vadano le ultime mie due guardie per scrivervi queste righe. Volo per la Grecia stanotte”.
Nel medesimo post don Capovilla ha invitato a non dimenticare la condizione del popolo palestinese, aggiungendo:
“Basta una riga – prosegue il post di Capovilla – per dire che sto bene, mentre le altre vanno usate per chiedere sanzioni allo Stato che tra i suoi ‘errori’ bombarda moschee e chiese mentre i suoi orrori si continua a fingere che siano solo esagerazioni. Non autorizzo nessun giornalista a intervistarmi sulle mie sette ore di detenzione se non scrivono del popolo che da settant’anni è prigioniero sulla sua terra”.