Tre bambini statunitensi, di sette, cinque e due anni, sono stati deportati in Honduras insieme alle loro madri dalle autorità d’immigrazione Usa. Uno dei piccoli, Romeo, di cinque anni, è affetto da “forma rara e aggressiva di cancro al rene” in stadio avanzato: per lui negli Stati Uniti erano state già avviate “cure mediche critiche e salvavita”.
La vicenda è al centro di un’azione legale promossa dal National Immigration Project con il supporto di tre studi legali, che hanno denunciato l’amministrazione in carica per “deportazione illegale senza alcun giusto processo” e per aver interrotto le terapie salvavita del bambino malato. Secondo i documenti depositati in tribunale, ai genitori “non è mai stata data la possibilità di scegliere se i loro figli dovessero essere deportati con loro” e “è stato proibito di contattare gli avvocati e di avere contatti significativi con le famiglie per organizzare la cura dei bambini”.
Le madri, identificate con gli pseudonimi Rosario e Julia per tutelarne la sicurezza, avrebbero invece voluto lasciare i figli negli Stati Uniti. Ora chiedono di ottenere un processo, il riconoscimento dell’illegittimità del provvedimento e il risarcimento dei danni, oltre al rientro in patria dei bambini.
In risposta, le autorità Usa sostengono che siano state le madri a decidere di portare con sé i figli. L’avvocato Stephanie Alvarez-Jones, del National Immigration Project, ha definito il caso “emblematico di ciò che accade quando l’amministrazione si concentra esclusivamente sulle deportazioni: quando ciò che conta è il risultato finale, si finisce per avere deportazioni ingiuste e illegali”.