Al 683° giorno delle ostilità in Medio Oriente, il governo israeliano ha confermato l’approvazione definitiva del piano di insediamento “E1” in Cisgiordania. L’annuncio è stato formulato dal ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, che ha descritto la misura come “storica”. Secondo i suoi sostenitori, la realizzazione di E1 collegherebbe Gerusalemme orientale alle comunità di coloni, ma rischierebbe di dividere il territorio della Cisgiordania in due settori non contigui, precludendo la creazione di uno Stato palestinese unitario.
La reazione dell’Autorità Nazionale Palestinese è stata immediata e dura. “Il progetto frammenta l’unità del territorio trasformandolo in una vera e propria prigione”, ha dichiarato un portavoce dell’Anp, denunciando l’impatto sul futuro statuto della Palestina. Anche a livello europeo è montata la protesta: il presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, ha bollato come “inaccettabili i nuovi insediamenti in Cisgiordania”, invitando Israele a sospendere ogni iniziativa che possa compromettere il dialogo di pace.
Critiche sono giunte anche da Hamas, che in una nota ha affermato: “Israele disprezza la mediazione con il piano di conquista”. Il movimento ha descritto l’espansione dei territori occupati come parte di una strategia volta a indebolire le prospettive di un accordo negoziato.
Contemporaneamente, il ministro della Difesa israeliano ha dato il via libera alla strategia per la conquista di Gaza City, confermando l’intenzione di intensificare l’offensiva nella Striscia. Il presidente francese Emmanuel Macron ha ammonito che tale approccio “porterà a una guerra permanente”, esprimendo forte preoccupazione per le conseguenze regionali. Nel frattempo, l’esercito israeliano si prepara a mobilitare circa 60mila riservisti in vista delle operazioni pianificate nelle prossime settimane.