Perché i paesi africani chiedono una revisione delle mappe globali

Ognuno di noi porta nella mente una rappresentazione del pianeta, spesso influenzata da planisferi scolastici ingialliti che ancora nel 2004 mostravano la Cecoslovacchia o le vecchie suddivisioni regionali italiane. Qualunque proiezione cartografica, tuttavia, deve tradurre la superficie sferica della Terra in un piano, con inevitabili deformazioni di scala e forma. Su queste distorsioni ha acceso […]

Ognuno di noi porta nella mente una rappresentazione del pianeta, spesso influenzata da planisferi scolastici ingialliti che ancora nel 2004 mostravano la Cecoslovacchia o le vecchie suddivisioni regionali italiane. Qualunque proiezione cartografica, tuttavia, deve tradurre la superficie sferica della Terra in un piano, con inevitabili deformazioni di scala e forma.

Su queste distorsioni ha acceso i riflettori l’Unione africana, che in agosto ha scelto di sostenere “Correct The Map”, un’iniziativa promossa da Africa No Filter e Speak Up Africa. L’obiettivo è sostituire le versioni tradizionali – spesso basate sulla proiezione di Mercatore – con modelli come Equal Earth, studiati per rispettare le superfici reali dei continenti. Nel 2018, del resto, Google Maps ha introdotto la visualizzazione tridimensionale del globo nella versione desktop, mentre la Banca Mondiale adotta oggi proiezioni Equal Earth o Winkel-Tripel.

Selma Malika Haddadi, vicepresidente della Commissione dell’Ua, denuncia: “Può sembrare solo una mappa, ma in realtà non lo è. Questa proiezione ha dato l’illusione che l’Africa sia marginale”. Moky Makura, direttore esecutivo di Africa No Filter, definisce la sottostima delle dimensioni continentali una “campagna di disinformazione”, la più duratura della storia.

Il nodo storico risale al 1599, quando il cartografo fiammingo Gerardus Mercator ideò la sua omonima proiezione per agevolare la navigazione: sulle mappe le rotte a latitudine costante appaiono come linee rette, facilitando il calcolo degli itinerari in mare. Il prezzo da pagare è un’ingigantita rappresentazione delle aree poste lontano dall’equatore.

La realtà dei numeri è incontestabile: l’Africa occupa 30.309.495 km2, contro i 10.530.000 km2 dell’Europa e i 9.867.000 km2 degli Stati Uniti. Per secoli, però, la diffusione della visione mercatoriana – in parte motivata da interessi coloniali – ha consolidato un’immagine distorta del continente nero.

Nel corso dei millenni anche altre culture hanno modellato la carta secondo prospettive locali: l’Imago mundi babilonese, datata al II millennio a.C., poneva Sippar al centro; nel 2015 la Cina ha normato ufficialmente la rappresentazione mondiale in chiave “made in China”; i britannici, già nel 1886, commissionarono mappe dell’Impero volutamente centrate su Londra, così come nel 1914 John Bartholomew illustrò i tempi di viaggio dal cuore del Regno Unito alle altre parti del mondo.

Oggi che l’uso pratico delle mappe è in gran parte soppiantato dalle tecnologie digitali, l’Africa chiede di riappropriarsi delle proprie proporzioni reali. E, citando Norma Desmond in Viale del tramonto, ricorda: “Io sono sempre grande, è il cinema che è diventato piccolo!”