Il conflitto in Medioriente è entrato nel suo 694° giorno con l’avvio di una nuova offensiva a Gaza City. Le forze israeliane hanno dichiarato la città “zona di guerra” e intensificato le operazioni militari sull’area urbana.
Secondo l’esercito di Tel Aviv, dall’alba sono stati compiuti raid che hanno provocato almeno 63 vittime palestinesi: 35 persone sono rimaste uccise a Gaza City e altre 14 mentre si trovavano in attesa di aiuti umanitari.
In Israele cresce la pressione politica sul premier Benjamin Netanyahu. L’attivista Einav Zangauker, madre di Matan Zangauker – ostaggio nelle mani di Hamas – ha rivolto al capo del governo un duro monito: “lo riterrà personalmente responsabile se suo figlio verrà ucciso a Gaza e che cercherà di farlo accusare di omicidio”.
Nel frattempo, quasi un milione di palestinesi ha ricevuto l’ordine di trasferirsi verso il sud della Striscia, dove – secondo fonti di sicurezza citate dai media israeliani – sarebbero già operative la maggior parte delle strutture umanitarie destinate ad accogliere i profughi.
A livello diplomatico, l’amministrazione Trump ha disposto la revoca dei visti ai rappresentanti dell’Autorità nazionale palestinese, a pochi giorni dall’inizio della prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite.