Da sempre l’esercito israeliano attribuisce alle proprie operazioni nomi carichi di significato simbolico, spesso ispirati a episodi biblici o a metafore belliche. Secondo uno studio dell’Università Bar-Ilan, tra il 1948 e il 2007 quasi il 40% dei raid militari ha adottato appellativi di origine sacra. Gli altri si dividono tra termini che richiamano la forza armata, elementi naturali e concetti difensivi, come “Margine protettivo”, “Guardiano delle mura” e “Spade di ferro”.
Nel periodo successivo al 7 ottobre 2023, data dell’attacco di Hamas noto come Al-Aqsa Flood, Israele ha lanciato una serie di operazioni le cui denominazioni riflettono una precisa intenzionalità narrativa:
• 7 ottobre 2023 – “Spade di Ferro” (Mivtza Cherev HaBarzel): risposta all’incursione di Hamas nella Striscia di Gaza, il nome evoca forza e giustizia attraverso l’immagine delle spade di ferro.
• 30 ottobre 2023 – “Inizio della luce” (“Reshit ha’Or”): con l’obiettivo di liberare il soldato Ori Megidish, richiesta in un contesto segnato dalla tensione e dall’incertezza.
• 12 febbraio 2024 – “Golden Hand”: raid a Rafah volto al rilascio di due civili israeliani, conclusosi con successo ma accompagnato da bombardamenti che causarono decine di vittime palestinesi.
• Agosto 2024 – “Summer Camps”: la più estesa operazione in Cisgiordania dai tempi della Seconda Intifada, caratterizzata da arresti di massa a Jenin, Nablus, Tulkarm e Ramallah. Il nome, apparentemente innocuo, è inteso come ironico commento alla durezza delle incursioni.
• 27 novembre 2024 – “Freccia di Bashan” (Hets Bashan): offensiva lanciata in Siria dopo il collasso del regime di Bashar al-Assad. Ha comportato l’occupazione di una fascia di territorio meridionale adiacente alle Alture del Golan e un’intensa campagna aerea su oltre 350 obiettivi. La denominazione richiama il regno biblico di Bashan, storicamente associato a potenze ostili.
• 26 dicembre 2024 – “Tzelilei HaKerem” (“Suoni della vigna”): attacco contro obiettivi Houthi nello Yemen, incluso l’aeroporto di Sanaa e il porto di Hodeidah, in risposta al lancio di missili e droni verso Israele. La vigna, simbolo della comunità ebraica, funge da metafora della difesa del territorio.
Parallelamente, anche l’Autorità Palestinese ha impiegato nomi suggestivi nelle proprie operazioni:
• 5 dicembre 2024–21 gennaio 2025 – “Protect the Homeland”: offensiva a Jenin contro fazioni rivali, pensata per riaffermare il ruolo di garanzia della sicurezza interna, ma costata numerose vittime.
Le azioni israeliane successive hanno proseguito sulla stessa linea comunicativa:
• 21 gennaio 2025 – “Iron Wall”: attacchi nelle aree di Jenin e Tulkarm, dove il “muro di ferro” simboleggia un deterrente impenetrabile.
• 13–24 giugno 2025 – “Am KeLav” (“Il popolo si leva come un giovane leone”): bombardamenti in Iran su siti nucleari e basi militari, con un nome tratto dal Libro dei Numeri.
• 9 settembre 2025 – “Giorno del Giudizio” (Atzeret HaDin): raid a Doha contro dirigenti di Hamas, fra cui Khalil al-Hayya e Khaled Mashal. L’appellativo richiama il concetto di giudizio finale nella tradizione ebraica.
Dalle “ombre della vigna” al “leone che si solleva”, questi nomi rappresentano un linguaggio parallelo al teatro operativo, volto a incidere sulla memoria collettiva e a trasmettere un messaggio morale e politico oltre che militare.