Qualche giorno prima del suo assassinio alla Utah Valley University, Charlie Kirk aveva rilanciato uno studio del Network Contagion Research Institute (NCRI) secondo cui “38 americani su 100 giudicavano ‘giustificabile’ l’assassinio di Trump, 31 su 100 quello di Elon Musk”. Kirk definiva questi numeri la prova di una vera e propria “assassination culture” in crescita negli Stati Uniti.
Nei tre giorni precedenti alla morte di Kirk si sono registrate 175 sparatorie sul territorio nazionale, secondo i dati di Gun Violence Archives. Solo nella giornata dell’attentato dieci persone sono rimaste vittima di colpi di arma da fuoco, altre cinque hanno perso la vita durante scontri armati tra forze dell’ordine e criminali, e 23 sono rimaste ferite. Complessivamente, in quel periodo si è registrato quasi un decesso per arma da fuoco ogni ora, con 61 morti in 72 ore.
Il possesso di armi è tutelato dal Secondo Emendamento della Costituzione statunitense e riguarda circa 107 milioni di cittadini. Le armi da fuoco si trovano in quattro famiglie su dieci, con una penetrazione culturale che tra le lobby del settore e il dibattito politico continua a influenzare anche le elezioni.
Il fenomeno coinvolge soprattutto scuole e atenei. Nel Colorado uno studente dell’Evergreen High School ha ferito gravemente due compagni di classe prima di rivolgere l’arma contro se stesso, lasciando un bilancio di tre ragazzi in condizioni critiche. Nel Minnesota, all’istituto cattolico Annunciation di Minneapolis, due bambini di otto e dieci anni sono stati uccisi da un ventitréenne senza precedenti, che poi si è tolto la vita. Secondo il K-12 School Shooting Database, dall’inizio dell’anno si contano “più di 140 sparatorie” nelle scuole primarie e secondarie.
Dopo l’attentato di Minneapolis, il governatore democratico Tim Walz aveva condannato “l’ennesimo orribile atto di violenza”. Nel corso dello stesso anno, la vicepresidente della Camera del Minnesota Melissa Hortman è stata assassinata per motivi politici insieme al marito, mentre un altro esponente dello Stato e sua moglie sono rimasti feriti in un conflitto a fuoco.
La spirale di violenza tocca anche il cuore del dibattito pubblico: un sondaggio della Foundation for Individual Rights and Expression, citato dal New York Times, rileva che il 34% degli studenti universitari americani ritiene accettabile ricorrere alla violenza per impedire un discorso con cui non concorda, in aumento rispetto al 24% del 2021.
A livello nazionale, lo scorso anno più di cinque morti ogni mille decessi totali sono state causate da armi da fuoco. In Italia nel 2024 si sono registrati 101 decessi per cause simili, meno dei 168 minori di undici anni uccisi negli Stati Uniti nello stesso periodo. Nel Paese nordamericano non si è mai scesi sotto le 13.000 vittime annue: nell’ultimo anno sono state 16.725, l’equivalente della popolazione di un comune come Urbino.