Al settimo centodiciassettesimo giorno del conflitto in Medioriente, le Nazioni Unite hanno fatto da teatro a un annuncio storico. Il presidente francese Emmanuel Macron ha ufficializzato il riconoscimento dello Stato di Palestina, affermando: “Niente giustifica la guerra a Gaza, nel nome della pace riconosciamo lo Stato di Palestina”. Altre capitali occidentali – tra cui Regno Unito, Australia, Canada e Portogallo – si sono allineate alla decisione, che porta a oltre 150 il numero complessivo dei Paesi che già avevano intrapreso la stessa mossa.
Da Gerusalemme e Washington sono arrivate reazioni critiche. Israele ha bollato i riconoscimenti come “inutili e vuote”, mentre gli Stati Uniti li hanno definiti “puramente simbolico”, sottolineando che l’obiettivo di Washington resta “una diplomazia seria, non gesti di scena”.
Nel governo israeliano il premier Benjamin Netanyahu ha reagito con durezza: “Non ci sarà alcuno Stato palestinese, si mette in pericolo la stessa esistenza di Israele”. Ancora più drastici sono stati i commenti dei ministri dell’ultradestra Itamar Ben Gvir e Miki Zohar, che hanno proposto di occupare per rappresaglia l’intera Cisgiordania.
Sul fronte umanitario, papa Francesco ha rilanciato un appello per la “Gaza martoriata”, esortando a “porre fine alla violenza e all’esilio forzato”. Nel frattempo, si segnala un aumento dell’attività aerea intorno alla Global Sumud Flotilla, la missione umanitaria che cerca di consegnare aiuti alla Striscia di Gaza.
Secondo quanto riportato da Fox News, Hamas ha scritto al presidente statunitense Donald Trump chiedendo una tregua di 60 giorni a Gaza in cambio del rilascio di metà degli ostaggi detenuti nelle carceri israeliane.