A dieci anni dalla firma dell’accordo sul nucleare, fortemente sostenuto dall’amministrazione Obama e poi abbandonato dal predecessore Donald Trump, le sanzioni delle Nazioni Unite contro l’Iran sono tornate in vigore. I tentativi di trovare un’intesa durante i colloqui paralleli all’Assemblea generale dell’Onu non hanno prodotto risultati e il meccanismo di “snapback” ha automaticamente riattivato le restrizioni.
Kaja Kallas, Alta rappresentante dell’Unione europea per la politica estera, ha sottolineato che “il ripristino delle sanzioni non deve segnare la fine della diplomazia con l’Iran”. In una nota ha aggiunto che l’Onu “ha reintrodotto le sanzioni contro l’Iran a causa del suo programma nucleare” e che l’Ue “procederà senza indugio”, ma ha ribadito che “una soluzione sostenibile alla questione nucleare iraniana può essere raggiunta solo attraverso negoziati e diplomazia”.
In un comunicato congiunto i ministri degli Esteri di Francia, Regno Unito e Germania hanno anch’essi esortato Teheran a “evitare azioni di escalation” e hanno chiarito che “il ripristino delle sanzioni non significa la fine della diplomazia. Esortiamo l’Iran a evitare qualsiasi escalation e a tornare a rispettare gli obblighi di salvaguardia giuridicamente vincolanti”.
Teheran ha risposto con durezza: il ministero degli Esteri iraniano, citato dall’agenzia Mehr, ha definito “illegale e infondata” l’azione di Stati Uniti ed Europa nell’abuso del “snapback” e ha condannato come “giuridicamente infondata e ingiustificabile” la decisione di ripristinare le risoluzioni revocate. “Risponderemo ai tentativi di danneggiarci”, ha concluso la nota.
Nei giorni scorsi, sempre a margine dell’Assemblea generale, il presidente iraniano Masoud Pezeshkian aveva confermato che “non c’è nessun accordo” e aveva definito “inaccettabile” la richiesta – avanzata soprattutto dagli Stati Uniti – di consegnare tutto l’uranio arricchito e di rinunciare definitivamente al nucleare.
Il ritorno delle sanzioni rappresenta un forte arretramento rispetto al 2015. Da allora il quadro è cambiato: l’amministrazione Trump ha fatto decadere gli accordi, mentre i raid concordati da Stati Uniti e Israele nel giugno 2025 hanno colpito i principali siti nucleari iraniani. Nonostante i ripetuti sforzi di mediazione dei Paesi europei firmatari dell’intesa (Francia, Germania e Regno Unito), le violazioni riscontrate dagli ispettori dell’Aiea hanno determinato, lo scorso agosto, l’ultimatum: nuova intesa o ripristino immediato delle sanzioni.
Le misure ora in vigore comprendono l’embargo europeo sulle armi, il divieto di forniture utili allo sviluppo del programma nucleare civile iraniano e pesanti restrizioni economiche, bancarie e finanziarie. Queste sanzioni multilaterali si affiancano a quelle unilaterali già reintrodotte dall’amministrazione statunitense.