Il 28 settembre la Moldavia ha confermato la sua inclinazione verso l’Unione europea, pur senza consegnare a nessuna forza politica il controllo assoluto del Parlamento. Secondo i dati ufficiali della Commissione Elettorale Centrale, il Partito d’Azione e Solidarietà (PAS), guidato dalla presidente Maia Sandu, ha raccolto il 44,13 % dei voti, risultando primo nella graduatoria. Il Blocco Patriottico di Igor Dodon si è attestato al 28,25 %, mentre il Blocco Alternativo pro-europeo ha ottenuto il 9,22 %. Altri soggetti minori, Il Nostro Partito e Democrazia in Patria, hanno raggiunto rispettivamente il 6,35 % e il 5,72 %.
Pur in vantaggio, il PAS non ha raggiunto la soglia dei 51 seggi necessari su 101 per governare da solo. Da qui la necessità di intavolare alleanze con formazioni europeiste di dimensioni più ridotte. Parallelamente, il Blocco Patriottico potrebbe tentare un accordo con altri partiti filorussi, ma le differenze programmatiche rendono difficoltoso un’intesa coesa. Sul tavolo rimangono anche la possibilità di un governo tecnico o il ricorso a nuove elezioni, qualora le trattative si arenassero.
L’opposizione di Igor Dodon ha respinto i risultati ufficiali, sostenendo che l’insieme delle forze contrarie al governo avrebbe superato il 49,54 %: “Il PAS ha perso queste elezioni. L’opposizione nel suo complesso ha ottenuto il 49,54 % e deve formare il nuovo governo”, ha affermato per l’agenzia Tass. Dodon ha inoltre convocato una manifestazione pacifica davanti al Parlamento, chiedendo alla Commissione Elettorale di “evitare qualsiasi falsificazione”.
Il voto si è svolto in un clima di elevata tensione, con sospette interferenze esterne, attacchi informatici, campagne di disinformazione e falsi allarmi bomba. In alcune regioni, come Transnistria e Gagauzia, sono stati segnalati movimenti anomali di elettori e decine di arresti per presunti tentativi di manipolare il voto. Le autorità hanno inoltre escluso dalle liste il partito filo-russo Heart of Moldova, ravvisandone irregolarità legali.
Un’incognita di rilievo resta il voto della diaspora, pari a un quinto dell’elettorato, tradizionalmente favorevole ai partiti europeisti. Per la prima volta in alcuni Paesi è stato introdotto il voto per corrispondenza, meccanismo che potrebbe rafforzare ulteriormente il PAS. Nel complesso, l’esito elettorale ribadisce l’orientamento europeista di Chişinău, ma lascia aperto uno scenario politico interno fragile e sotto osservazione nel confronto tra Bruxelles e Mosca.