Prosegue fino al 1 dicembre il progetto Arca – Arte, Rigenerazioni, Comunità, Abitare, che coinvolge 13 artisti provenienti da diversi Paesi in 11 comuni del cratere sismico abruzzese. Ideata e diretta da Silvia Di Gregorio, l’iniziativa è sostenuta dalla Bcc con il patrocinio dell’Ufficio speciale per la ricostruzione del cratere (Usrc) e finanziata dal Programma Restart Priorità C. Tra i partner figurano Teatro Stabile d’Abruzzo, Munda, Maxxi L’Aquila, Università dell’Aquila, The Current – Center for Contemporary Art (Vermont), cooperativa AppStartOnlus e Comunità 24 Luglio.
A Fossa, nel MubAQ – museo dei bambini fondato da Lea Contestabile – si sono presentate Raquel Aversano e Yvonne Ekman. La ceramista argentina Aversano ha illustrato alla comunità l’idea di realizzare foglie in ceramica insieme agli alunni delle classi quarta e quinta, “fragili, leggere e che rappresentano il ciclo della vita”, da posizionare poi nel centro storico come “messaggio di speranza e fiducia nel futuro”. La plastica e musicista anglo-svedese Ekman, tornata dopo il laboratorio estivo, ha celebrato il potenziale creativo dell’argilla: “Il MubAQ è meraviglioso, dedicato ai bambini. Lea ha creato una cosa importante. E importante penso quello che qui a Fossa è accaduto con il progetto Arca, per la prima volta persone hanno conosciuto l’argilla, il suo potenziale creativo, che ha a che fare con il cervello e le mani, la creazione direttamente dalla terra, nulla di più elementare. Non resta che trovare una casa a quanto realizzato”. All’incontro, insieme alle artiste, hanno partecipato la storica dell’arte Barbara Drudi e l’assessora Annalisa Sergio.
A Poggio Picenze il batterista jazz Ben Bennet, noto per le sue performance sonore al confine tra musica e scultura sonora, guida un laboratorio di costruzione del putipù, tipico membranofono a frizione della tradizione meridionale. “Dopo un concerto a Fontecchio nei mesi scorsi durante una mia tournee – racconta Bennet – ho scoperto il putipù. Uno strumento antico, ma inaspettatamente contemporaneo, il laboratorio consisterà nel realizzare tanti putipù di diverse fogge forme colori e tonalità e poi ci sarà un concerto finale, all’esito di un percorso alla scoperta degli infiniti universi dei suoni”. Il sindaco Antonello Gialloreto sottolinea l’importanza di contaminazioni musicali non convenzionali e ricorda il successo del festival blues estivo.
Nel borgo di Fontecchio, ospite a Palazzo Galli, Brian Collier del Saint Michael’s College (Vermont) ha illustrato “La nostra natura personale: una storia naturale di Fontecchio”, progetto che approfondisce “storielle naturali nascoste e le connessioni tra gli esseri umani e gli altri animali e piante con cui viviamo”. Al centro del suo intervento, il “Sistema di classificazione Collier per oggetti molto piccoli”, nato “dalla mia ricerca sulle origini della tassonomia scientifica e sul fatto che la denominazione delle cose è usata dalla scienza per comprendere, organizzare e mantenere il controllo su ciò che incontriamo nel mondo naturale. Ho scoperto che in queste tassonomie c’è una sorprendente dose di soggettività, nonostante vengano presentate come il linguaggio della scienza oggettiva. Si tratta di cose che sono state vive o che non sono mai state vive”. La sindaca Sabrina Ciancone ha evidenziato come l’artista “ci invita a conoscere meglio il mondo che ci circonda, a riconciliarsi con esso, con quello che abbiamo intorno”.
A Barisciano Indira Urrutia ha concluso il suo percorso di “Impronte collettive”, che ha coinvolto 150 cittadini nell’ottenimento e nella stampa delle impronte digitali, trasformate in installazione sulla scalinata di piazza San Flaviano. Le stesse impronte sono ora raccolte in tre agende pronte per future sperimentazioni artistiche. Nella seconda fase del laboratorio, “Performance, interazione e memoria”, i partecipanti hanno impiegato bottiglie di plastica per creare nuove opere, mentre alla scuola primaria hanno realizzato un lenzuolo colorato con i tragitti casa-scuola. Prima di lasciare il paese, l’artista ha presentato una scultura di scarpette in filo di bronzo dedicata ai nativi d’America: “Le scarpe rappresentano le migrazioni. Io personalmente emigro da quando avevo 15 e continuo ad emigrare in vari paesi. Ed è un modo per arricchirsi, per nutrirsi di diverse culture e diversi popoli. In questo momento è importante relazionarsi con il tema dell’immigrazione perché con tutte le guerre e tutti i problemi che affliggono il mondo dobbiamo cercare comunque di interagire con chi cerca una vita migliore, come hanno fatto i nostri nonni, i nostri genitori, io stessa personalmente”. Il sindaco Fabrizio D’Alessandro ha definito l’esperienza “straordinaria” e ha annunciato l’intenzione di valorizzare le agende con le impronte “mettendo questo materiale in mostra”.