Il Nobel per la Pace ai dissidenti: da Nelson Mandela a Maria Corina Machado

Il conferimento del premio Nobel per la Pace all’attivista venezuelana Maria Corina Machado si inserisce in un filone che, soprattutto a partire dal Novecento, ha visto il riconoscimento attribuito con crescente frequenza a dissidenti e campioni dei diritti umani. Dal primo giornalista oppositore del nazismo all’odierna lotta per le libertà fondamentali in Iran, ecco come […]

Il conferimento del premio Nobel per la Pace all’attivista venezuelana Maria Corina Machado si inserisce in un filone che, soprattutto a partire dal Novecento, ha visto il riconoscimento attribuito con crescente frequenza a dissidenti e campioni dei diritti umani. Dal primo giornalista oppositore del nazismo all’odierna lotta per le libertà fondamentali in Iran, ecco come Oslo ha valorizzato voci spesso messe a tacere dai rispettivi regimi.

Nel 1935 il premio toccò a Carl von Ossietzky, giornalista pacifista rinchiuso dalla Gestapo; Adolf Hitler reagì vietando futuri riconoscimenti a cittadini tedeschi. Tra gli anni Sessanta e Settanta la giuria premiò Albert John Lutuli (1960) per la battaglia contro l’apartheid, Martin Luther King Jr. (1963) per la lotta non violenta contro la segregazione razziale e Andrej Sacharov (1975) per l’impegno a favore dei diritti umani nell’Urss.

Il decennio successivo vide riconoscimenti a Lech Wałęsa (1983) e Desmond Mpilo Tutu (1984), seguì il Dalai Lama (1989) e, nei primi anni Novanta, Aung San Suu Kyi (1991), Rigoberta Menchú (1992), Nelson Mandela insieme a Frederik de Klerk (1993).

Nel XXI secolo il trend si è rafforzato: tra i premiati figurano Shirin Ebadi (2003), Wangari Maathai (2004), Liu Xiaobo (2010), Tawakkul Karman con Ellen Johnson Sirleaf e Leymah Gbowee (2011), Malala Yousafzai con Kailash Satyarthi (2014), Nadia Murad con Denis Mukwege (2018), Maria Ressa e Dmitry Muratov (2021), Ales Bialiatski con due organizzazioni bielorusse (2022) e, nel 2023, la dissidente iraniana Narges Mohammadi.