L’Istituto Nobel di Oslo ha scelto di premiare per il 2025 l’attivista venezuelana María Corina Machado, riconoscendole “il suo instancabile lavoro nel promuovere i diritti democratici del popolo venezuelano e per la sua lotta per raggiungere una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia”. La cerimonia ufficiale si svolgerà il 10 dicembre a Oslo, ma l’annuncio ha già acceso un acceso dibattito internazionale e suscitato reazioni contrastanti tra le autorità di Caracas e le principali cancellerie mondiali.
Machado, ingegnere industriale di formazione e figura di spicco dell’opposizione al governo di Hugo Chávez prima e di Nicolás Maduro poi, ha accolto la notizia con entusiasmo e commozione. In un video diffuso dal suo staff ha dichiarato: “Sono sotto shock!”, aggiungendo che “questo è un premio per un intero movimento”. Poco dopo la proclamazione, ha sottolineato che il riconoscimento rappresenta “uno stimolo per portare a termine il nostro compito: raggiungere la democrazia”, ringraziando fra gli altri Donald Trump, “il popolo degli Stati Uniti, il popolo dell’America Latina e le nazioni democratiche del mondo” come suoi alleati principali.
A livello nazionale, María Corina Machado è nota fin dai primi anni Duemila per aver fondato Súmate, associazione impegnata nel monitoraggio elettorale. Eletta deputata per lo stato di Miranda nel 2011, si è distinta per l’opposizione ai poteri esecutivi fino a dar vita nel 2013 a Vente Venezuela, partito liberale e pro-democrazia. Nel 2023 aveva ottenuto l’investitura alle primarie dell’opposizione, ma è stata immediatamente interdetta per quindici anni dal ricoprire cariche pubbliche da un verdetto del Tribunale Supremo di Giustizia, confermato nel gennaio 2024. In seguito alle elezioni del 28 luglio 2024, giudicate “marcatamente non libere” da osservatori internazionali, Machado è scomparsa dalla scena pubblica e ha continuato la sua attività in clandestinità, preoccupata per la propria incolumità. Un episodio particolarmente emblematico si è verificato il 9 gennaio 2025 durante una manifestazione a Chacao, quando le forze di sicurezza l’avrebbero prelevata e rilasciata soltanto dopo averla costretta a filmare un messaggio di libertà: un caso definito “rapimento lampo” da diverse ONG, pur negato dal governo venezuelano.
Nel comunicato ufficiale il Comitato norvegese del Nobel ha elogiato Machado come “una donna che mantiene accesa la fiamma della democrazia in mezzo a un’oscurità crescente” e “una coraggiosa e impegnata paladina della pace”. Il riconoscimento si inserisce in un momento storico segnato da un arretramento dei sistemi democratici e intende celebrare chi “ha il coraggio di alzare la voce anche a rischio della propria vita”.
Tra i commenti internazionali, il vicepremier italiano Antonio Tajani ha affermato: “Machado è una donna coraggiosa che si è battuta per la libertà e la democrazia in Venezuela, quindi credo sia giusto averle concesso il premio Nobel per la pace”. Diverse analisi, tuttavia, mettono in guardia sul rischio che il premio rafforzi la chiusura del regime di Maduro o fatichi a trasformarsi in reale protagonismo politico, dato lo stato di clandestinità e la inabilità legale di Machado. Intanto, dalla Casa Bianca Steven Cheung, direttore delle comunicazioni, ha attaccato il Nobel sostenendo: “Non ci sarà mai nessuno come Trump in grado di spostare le montagne con la sola forza della sua volontà. Il Comitato per il Nobel ha dimostrato di anteporre la politica alla pace”.