Dopo 738 giorni di detenzione nella Striscia di Gaza, i fratelli gemelli Ziv e Gali Berman sono stati restituiti alle autorità israeliane il 13 ottobre 2025, nell’ambito del cessate il fuoco mediato a livello internazionale tra Israele e Hamas. L’immagine del loro abbraccio, condivisa dalle Forze di Difesa israeliane, è divenuta il simbolo della conclusione di un incubo iniziato la mattina del 7 ottobre 2023, quando militanti di Hamas irruppero nel kibbutz Kfar Aza e portarono via i due ventiseienni.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti israeliani, Gali fu prelevato mentre cercava rifugio presso un’amica e Ziv costretto ad allontanarsi dal proprio nascondiglio a causa di un incendio appiccato dai miliziani. Da quel momento i fratelli furono trasferiti separatamente all’interno della Striscia di Gaza e persero ogni contatto, senza che le autorità israeliane potessero ottenere conferme circa il loro stato di salute.
Nel corso dei ventiquattro mesi di prigionia, le famiglie organizzarono iniziative di solidarietà e celebrazioni simboliche in attesa di notizie. Il fratello maggiore, Liran Berman, divenuto portavoce del nucleo familiare, ricordava come l’ultima informazione certa sui due risalisse a febbraio e non aveva mai nascosto la propria fiducia: “Sono sopravvissuti. Non ho dubbi che torneranno”. Li ha inoltre definiti “sopravvissuti” che non hanno mai smesso di combattere.
L’accordo di scambio ha previsto il rilascio iniziale di sette ostaggi israeliani, tra cui i gemelli Berman, subito presi in carico dalla Croce Rossa Internazionale per le operazioni di trasferimento in sicurezza. Nei giorni seguenti altre tredici persone sono state liberate, in cambio della scarcerazione di centinaia di detenuti palestinesi, secondo le modalità concordate tra le parti.
Al momento del ricongiungimento, la zia Mackevit Meyer ha confessato: “Ero sul punto di svenire per l’emozione. Quanto desidero che siano nelle mani della loro mamma, Tali, e che escano finalmente da questo inferno”. La loro liberazione rappresenta uno snodo cruciale nella gestione della crisi innescata dal conflitto del 2023 e segna l’avvio di complessi negoziati futuri.