Dietro l’intesa di pace che ha portato alla liberazione degli ultimi ostaggi israeliani in mano a Hamas emerge il nome di Miriam Adelson, definita da Donald Trump “la miliardaria con sessanta miliardi in banca”. Durante il suo intervento alla Knesset, il presidente americano ha ringraziato l’ottantenne filantropa israelo‐americana per il suo contributo, suscitando una standing ovation nei banchi del Parlamento israeliano.
Figura chiave nel finanziamento delle campagne di Trump, Adelson ha versato oltre 100 milioni di dollari nel solo ottobre 2024 tramite la sua Super PAC «Preserve America» e, complessivamente, 106 milioni per l’elezione del 2024, guadagnandosi anche la Presidential Medal of Freedom nel 2018. Con un patrimonio personale stimato tra 35 e 40 miliardi di dollari, è proprietaria di Las Vegas Sands e del quotidiano gratuito Israel Hayom.
Nata a Tel Aviv nel 1945 e cresciuta a Haifa, Adelson ha stretto legami stretti con l’amministrazione Trump sin dal 2016. I coniugi Adelson visitavano spesso lo Studio Ovale, chiedendo misure filo‐israeliane come lo spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme e il riconoscimento della sovranità israeliana sulle Alture del Golan.
Secondo diverse famiglie di ostaggi, la miliardaria si sarebbe fatta intermediaria tra loro e il presidente Usa, spingendo per fare della loro liberazione «un cardine per il piano di pace per il Medioriente». Questo impegno personale, unito al suo avvertimento pubblico – “se l’Iran ottiene armi nucleari e Israele viene annientato, la colpa sarà mia perché non sto difendendo abbastanza Bibi” – ha contribuito a porre la questione ostaggi in cima all’agenda governativa americana.
Le posizioni di Adelson si sono però dimostrate controverse: ha sostenuto la repressione delle proteste universitarie pro‐Palestina negli Stati Uniti, liquidandole come “raccapriccianti raduni di musulmani radicali e attivisti del movimento Black Lives Matter, ultra-progressisti e agitatori di carriera, niente di meno che feste di strada”. E persino il suo rapporto con Netanyahu è stato messo alla prova quando si è sentita tradita da accordi tra il premier e un altro editore israeliano.
Oggi il suo ruolo nell’intermediazione per il rilascio degli ostaggi ha contribuito a modificare la percezione pubblica: da finanziatrice occulta della destra a figura riservata, la cui influenza silenziosa ha spalancato le porte al ritorno in patria dei prigionieri.