Dopo l’intesa tra Israele e Hamas relativa alla “prima fase” del piano di pace promosso dagli Stati Uniti, centinaia di palestinesi hanno fatto ritorno alle loro abitazioni a Gaza City, spinti dalla speranza di una tregua duratura e dal desiderio di ricostruire una vita normale nonostante i gravi danni subiti.
Il programma “È sempre Cartabianca” ha documentato questo spostamento in senso inverso: una marcia silenziosa ma determinata che procede da sud verso nord lungo le stesse strade percorse in precedenza da chi fuggiva dai bombardamenti. La maggior parte dei profughi avanza a piedi, trascinando sacchi, coperte e pochi oggetti salvati dalle macerie, gli unici resti di un’esistenza segnata dal conflitto.
“Sono stato sfollato circa venti volte”, confessa un uomo di mezza età, con la voce segnata dalla stanchezza. Nonostante la decisione di rientrare, ammette di vivere ancora nella paura: “Speriamo che la guerra si fermi davvero. Abbiamo il terrore che ricominci: non abbiamo più forza né soldi”.
Tra i ritorni, c’è anche una giovane donna poco più che trentenne, che ha ripreso il cammino non appena ha saputo del ritiro delle truppe israeliane. “Sono partita la mattina presto, volevo trovare la mia casa”, racconta appena arrivata. “Sto camminando per strada, ma non so dove andare. È tutto distrutto”.
Ora i rientranti si trovano ad affrontare un paesaggio di macerie e incertezze, in attesa che l’accordo sulla tregua si consolidi e apra la strada a un ripristino delle condizioni di vita fondamentali.